I sette vizi capitali. Film ad episodi.
Primo episodio: Medea – La Gola.
Soggetto e sceneggiatura di Luana Rondinelli.
Regia di Giovanni Maria Currò.
Con Laura Giordani e la partecipazione di Mauro Failla.
Organizzazione: Giusy Arimatea.
Fonico di ripresa: Carmelo Galletta
Nella bellissima cornice del sagrato della millenaria Badia SS. Pietro e Paolo di Itala (ME), all’interno della manifestazione “Corto di sera”, è stato proiettato il primo episodio del film ideato da Giovanni Maria Currò che, nel corso di qualche anno, sviscererà gli odierni sette vizi capitali, vizi che, forse, non riconosciamo più come tali, scambiandoli con le virtù. Ma per la gola, ed i suoi effetti di sovrappeso, una nuova morale si è formata, quella che inchioda con un inappellabile “body shaming” chi supera (in chilogrammi) i parametri correnti della bellezza.
Medea è una quarantenne dedita all’abuso del cibo e della TV. Il suo peso le scatena sensi di colpa al punto che si scinde, oltre sé, creando un suo alter ego che le rimprovera il suo vizio capitale. La sua coscienza diviene quella del “mainstream” della società odierna che, fingendo apertura e tolleranza, emargina i diversi, soprattutto se non corrispondono ai parametri biofisici correnti. Ma il vizio della gola per Medea non è arginabile. Giasone prende a pretesto l’aspetto fisico della madre dei suoi figli e, tramite rete, comunica a Medea la sua comoda scelta per la nuova e bella giovane moglie, figlia di un prodigo politicante, una ragazza che già “vuole bene ai figli” nati dalla ormai finita unione. Medea reagisce preparando una misteriosa pozione che sappiamo gli effetti che darà.
Riuscitissima l’impresa di concentrare in pochi minuti tutto un insieme di significati e significanti che letteralmente esplodono partendo dalla geniale miscela di Medea ed il vizio della gola. La Rondinelli prepara e Currò dipinge un mobile affresco/caleidoscopio di contrastanti sentimenti e conseguenti azioni sceniche. Un’opera artistica odierna e senza tempo, che ci avvicina ai miti classici, filtrati e rivisitati con l’odierna finta morale.
Un lavoro che è stato lungo e certosino, come un affresco leonardesco, che ha usato alla perfezione lo “strumento” Laura Giordani, attrice poderosa e scenicamente “vera”, una Medea che – con una recitazione che riecheggia la Gloria Swanson di “Sunset Boulevard” – sembra uscire dallo schermo per portarci nei meandri della psiche umana, che dall’età classica ci rapisce con la vera arte, per portarci di fronte a noi stessi.
Il pubblico, rapito, non voleva che la proiezione finisse. Il bello è sempre “corto”.