“Non c’entra ma c’entra”, come direbbe Nanni Moretti. Ci riferiamo a Viktor Orbán e alle sue frasi invereconde in merito alla possibile sostituzione etnica che starebbe avvenendo in Europa.
Sono concetti intollerabili, degni de “La difesa della razza” di Telesio Interlandi, specie se si prende in considerazione la gravità del concetto di “mescolanza razziale” verso cui il nostro prova orrore. Siamo al cospetto di un personaggio che non può e non deve rimanere nel contesto dell’Unione Europea un minuto di più.
E non basta indignarsi nei suoi confronti quando esprime posizioni smaccatamente filo-putiniane, non basta prendersela con lui per i veti che pone su sanzioni e quant’altro; se l’Europa esistesse davvero, se non fosse una mera espressione geografica, oltre che un concetto ipocrita e buono solo per inventarsi vincoli insulsi, avrebbe già discusso e approvato l’espulsione di una nazione, l’Ungheria, che non rispetta alcun parametro etico del nostro vivere civile. Parliamo di un Paese che si ostina a erigere muri, a bloccare l’ingresso dei migranti, a dispiegare chilometri e chilometri di filo spinato, a opporsi a ogni idea di ripartizione delle quote di accoglienza e che sui diritti civili è ancor più arretrato della vicina Polonia, stato che oggi ci è improvvisamente simpaticissimo perché, all’opposto, vorrebbe scatenare la Terza guerra mondiale pur di rimuovere Putin dal Cremlino.
Siamo seri: fino a quando non avremo risolto questi problemi esistenziali, fino a quando non ci saremo interrogati sulla nostra natura, fino a quando non ci saremo davvero opposti a ogni forma di barbarie, fino a quando accetteremo, al nostro interno, paesi che non sono in linea con qualsivoglia forma di principio dello Stato di diritto e fino a quando non avremo il coraggio di contrastare fascismo, razzismo, xenofobia, violenza e barbarie a ogni latitudine, avranno vinto loro. E se abbiamo citato la famigerata rivista-simbolo del Ventennio è per denunciare il fatto che le forze politiche che rischiano di vincere le prossime elezioni non sono proprio le più distanti da Orbán e soci, al contrario invitati in Italia con tutti gli onori, ricevuti come graditi ospiti alle proprie feste di partito e portati come esempi di ciò che dovrebbe essere l’Unione Europea.
Una piccola domanda vorremmo porla, invece, alla sedicente sinistra: ha davvero senso dividersi di fronte a tutto questo? E ancora: è legittimo, ma pensate che sia anche intelligente trattare da appestata una compagine che potrebbe garantirvi, quanto meno, di arginare elettoralmente la marea montante di una destra che ha in Orbán uno dei suoi fari? Capiamo che siate andati tutti giulivi, ahinoi Conte compreso, alla stessa festa cui l’anno prima la star era stata proprio il Premier ungherese, ma un minimo di buonsenso non guasterebbe. Cominciamo a temere, purtroppo, che a furia di non avere le preferenze, vivere arroccati nei palazzi e non avere alcuna frequentazione del mondo reale, abbiate perso di vista ogni rapporto con la società. Non vi rendete conto, infatti, che, dopo aver governato per oltre un decennio con tutti coloro che oggi additate come pericoli per la democrazia, dopo aver partecipato alle kermesse di una che vorrebbe abolire il reato di tortura, introdotto in Italia in seguito alla sentenza di Strasburgo del 2015, relativa alla mattanza della scuola Diaz, e dopo esservi detti favorevoli all’ingresso in coalizione di una personalità come la Gelmini, donna notoriamente di sinistra, secondo cui, oltretutto, la notte della Diaz non fu tortura, non avete più un brandello di identità e, si conseguenza, di credibilità. Non siete di destra perché vi manca il coraggio di dichiararvi tali, non siete di sinistra perché proprio non ce l’avete nel DNA e, per dirla con Gramsci, sospesi in questo limbo fra il non più e il non ancora, nascono i mostri.
Del resto, siamo nel ’22, ottobre è vicino e Budapest, ahinoi, è a meno di due ore d’aereo da qui.