In un paesino in provincia di Lecce, Leverano, restanza e radici diventano crocevia di saperi e balsamo per l’integrazione e la crescita della comunità. Al centro di tutto c’è la terra, fonte di ricchezza ed economia da sempre. Qui dalla terra non si fugge ma si ritorna, ringraziandola con un lavoro quotidiano, umile, fatto di scambi di saperi e feste minute. Tutto accade tra via Emilia e via Machiavelli, dove si estende Patula Cupa, una volta rigogliosa e fonda palude, poi passata attraverso le forche caudine del tempo che come porta cura, talvolta porta anche abbandono e dimenticanza. Oggi qui sorgono 32 orti urbani, circondati da 100 alberi da frutto, forniti di capanni per gli attrezzi, dove si incontrano le storie minime di tante persone, contadini anziani di lungo corso, giovani che vogliono apprendere l’arte antica della terra, madri con i loro figli, immigrati integrati alla perfezione e nel tessuto sociale locale. In questo luogo magico e reale ogni sera al tramonto, gli affidatari degli orti siedono insieme, scambiano semi e raccolti, sbocconcellano frise e pane al pomodoro, ringraziano Pacha Mama e sono felici.
Una terapia dell’animo che parte da buone prassi e da un’idea di rigenerazione urbana concreata, costruita con lungimiranza e passione.
Un milione e 500mila euro l’importo totale del finanziamento, il primo statale per le infrastrutture verdi, il secondo regionale per la rigenerazione urbana, che ha cambiato la storia di Patula Cupa adeguandola ai tempi senza snaturarla, attraverso un progetto studiato da un nutrito staff di esperti nel rispetto delle caratteristiche idrogeologiche dell’area.
Ci sono memoria, visione e comunità corale, in questa storia.
Quelle padule-paludi sono memoria storica di un territorio tutto, umido, melmoso e pieno di vita.
Girini, ranocchie e frescura hanno visto generazioni di bambini con le ginocchia sbucciate girarci attorno e generazioni di padri faticare a guadagnarsi da vivere in quelle aree paludose.
Eppure pregne di vita e musica.
Rievocano quei tempi antichi, oggi, i Ranocchiulàri, soprannome e ancor più radice con cui gli abitanti di Leverano sono legati alle loro origini fisiche e geografiche. D’orgoglio e di storia.
“Non immaginavamo un tale successo – racconta il sindaco di Leverano, Marcello Rolli -. Abbiamo affidato la gestione degli orti alla cooperativa di comunità per evitare lungaggini burocratiche agli affidatari e, nel giro di soli due giorni, i 32 appezzamenti con relativi capanni erano già stati richiesti e dati. Ci sono gli anziani ma anche ragazzi giovanissimi, ventenni, che all’alba vanno ad irrigare gli orti e scambiano semi e pratiche. Ci sono gli immigrati della cooperativa La Rinascita, mamme con i loro bambini, un viavai straordinario che profuma di vita. Non abbiamo ancora ottenuto l’autorizzazione per realizzare un pozzo per cui riempiamo d’acqua una cisterna ogni giorno ma in tanti portano l’acqua da sé con le taniche. Basta affacciarsi a Patula Cupa per respirare bellezza e rigenerazione vera”.
Al punto che quella festa della terra i neo contadini vogliono celebrarla come si comanda ed hanno pertanto realizzato un anfiteatro in loco con 100 balle di fieno. S’incontrano qui, con organetti, fisarmoniche, chitarre e strumenti strimpellati da ragazzi. Il teatro è stato realizzato e lì resta. A servizio della comunità. Semplice, puro. E si cena insieme, appena cala il sole, portando da casa ciò che la dispensa regala.