Il processo è aggiornato al 3 agosto, ma dopo la prima udienza, il 13 luglio, i giornali del piccolo sindacato russo indipendente JMWU (Journalists and media worker’s union) , affiliato alla Ifj e alla Efj sanno qual è il capo di imputazione, che porterà verosimilmente alla chiusura e definitiva liquidazione dell’organizzazione: in particolare il sindacato è accusato di “gettare discredito sull’esercito russo” e di avere sottoscritto la dichiarazione di Perugia sull’Ucraina comparsa anche sul suo sito web. La dichiarazione di Perugia è scaturita dal Festival internazionale del giornalismo della città umbra e dai partner del Global Forum for Media Development: chiede maggiore sostegno ai media indipendenti e ai giornalisti dell’Ucraina e dichiara solidarietà ai cronisti indipendenti ucraini e in generale a tutti i giornalisti che si trovano nel teatro della guerra, esortando gli eserciti a garantirne l’incolumità e a rilasciarli subito ove catturati.
Per avere condiviso tutto questo, la JMWU rischia la chiusura definitiva. Intanto, alcuni esponenti del vertice del sindacato, come la co-presidente Sofia Rusova, hanno dovuto espatriare e ora stanno pensando di riaprire l’organizzazione fuori dalla Russia, come hanno già fatto i Bielorussi.
Gli esponenti di JMWU erano presenti al congresso generale della Federazione europea dei giornalisti a Izmir, dove avevano proprio denunciato, tra l’altro, che le accuse ai giornalisti e attivisti di essere “agenti stranieri” hanno subito un’impennata nei primi mesi di quest’anno, arrivando a 166, di cui 14 iscritti alla JMWU. Nella lista nera anche l’avvocata capo del Russian Media Defence Center, Galina Arapova.
Oggi, hanno spiegato i sindacalisti a Izmir, le accuse ai giornalisti russi si basano soprattutto sull’articolo 207, comma 2 della legge varata in fretta e furia nel marzo scorso: pubblica diffusione deliberata di false informazioni sulle forze armate della Federazione Russa.
Credits foto JMWU