Morti sul lavoro, si riaccendano i riflettori

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C’è un priorità in questo Paese, di cui pochi parlano, per cui ci si indigna troppo poco, che è quella tante, troppe morti sul lavoro.
Quelle che da più parti vengono definite con un termine che a me fa rabbrividire, che è “morti bianche”.
Cosa c’è di bianco in una morte sul lavoro non si è proprio capito.
Ma in tanti, continuano a chiamarle con questo termine assurdo ed ipocrita.
Ci vuole rispetto quando si parla di morti sul lavoro e anche le parole hanno il suo peso.
Perché è anche partendo dal linguaggio che si combatte una battaglia per una maggiore sicurezza sul lavoro.
Troppe le famiglie che piangono perché il loro caro non fa più ritorno a casa, e tanti di questi sono giovani…tanti i nostri cari costretti ancora a lavorare senza la certezza e la sicurezza di cambiarsi a fine turno e tornare a casa…


Sono mariti, padri, madri, figli, che varcano l’uscio per lavorare, per assicurare un presente e un futuro dignitoso a se e alla propria famiglia, contribuendo allo sviluppo del nostro Paese, un Paese che non fa abbastanza per proteggerli.
Da tanti anni combatto una battaglia di civiltà, perché si riducano drasticamente le morti sul lavoro, cercando di sensibilizzare, con articoli, lettere, appelli.
Da anni raccolgo le storie delle vittime sul lavoro, perché queste persone non sia dimenticate.
Lo dico sempre, sono persone e non numeri, anche se spesso, quando ne sento parlare, vengono fuori solo le fredde statistiche.
Quando ci riesco, mi metto in contatto con i familiari delle vittime del lavoro, per cercare di aiutarli.
Ma la mia battaglia non si ferma qui, voglio ricordare le 2 procedure d’infrazione che ho fatto aprire dalla Commissione Europea contro l’Italia, nel 2011 e nel 2014, per violazione delle direttive europee per la salute e sicurezza sul lavoro.
Lancio un appello perché si “riaccendano i riflettori” su queste tragedie sul lavoro, troppo spesso dimenticate.

Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

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