BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Maja Sever, la prima donna alla guida della EFJ

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Risolvere in fretta la questione economica relativa ai giornalisti, spingere più a fondo sulle SLAPP, le querele bavaglio, usare gli strumenti dello stato di diritto per migliorare le condizioni dei media. Sono queste le parole chiave di Maja Sever, la prima donna a guidare la Federazione europea dei giornalisti (EFJ)

Impegnata, laboriosa, solare, Maja Sever (classe 1971) è uno dei visi più noti del giornalismo croato e, da metà giugno, è anche la nuova presidente della Federazione europea dei giornalisti  (EFJ). Con quasi tre decenni di esperienza alle spalle, Sever ha costruito la sua carriera all’interno della televisione pubblica HRT, dove ha condotto per 13 anni il programma «Hrvatska uživo» (interrotto nel 2017 per motivi politici  ) e dove lavora oggi al talk show « Nedjeljom u 2» con Aleksandar Stanković. Sever è però nota soprattutto per il suo impegno civico. Che si tratti di libertà di espressione, diritti LBGTQ, tutela dei rifugiati, o ancora dell’aiuto agli abitanti delle zone più depresse della Croazia, Maja Sever è sempre in prima fila e non è raro trovarla nei cortei che regolarmente animano la capitale croata. Dal 2019, guida il Sindacato dei giornalisti croati (SNH) e negli ultimi anni ha ricevuto numerosi premi: “giornalista dell’anno  ” nel 2018, “orgoglio della Croazia  ” nel 2019 per il suo impegno umanitario, “donna coraggiosa  ” nel 2021 per il suo contributo alla parità di genere e alla giustizia sociale. Non da ultimo, Maja Sever ha l’abitudine di dare il buongiorno al paese, twittando ogni giorno tra le 6 e le 7, ma a volte anche un po’ prima, “dobro jutro”. Insomma, è una forza della natura. La incontriamo in una domenica di giugno, alle 8:30 di mattina.

Maja, prima ancora di chiederti del tuo nuovo incarico all’EFJ, una domanda che non posso non farti: ma dove trovi il tempo per fare tutte queste cose?

(Ride) Guarda, per risponderti un po’ dal punto di vista personale: le mie figlie sono ormai cresciute (Vlasta, Josipa e Zora hanno tra i 15 e i 25 anni, nda.), sono delle magnifiche giovani donne e io ho un po’ più di tempo libero dagli impegni famigliari. L’energia e la forza non mi sono mai mancate e ho questo approccio idealistico alla vita, per cui penso che si possano cambiare le cose. Dopodiché, la legge croata prevede che chi ha un impegno sindacale possa lavorare part-time. Io non ne ho mai usufruito finora, ma ho un’ottima collaborazione con Stanković, ne abbiamo parlato a lungo, anche con la mia caporedattrice, e penso che ora farò appello a questo strumento per adempiere al mio nuovo ruolo in seno all’EFJ e per continuare con l’attività sindacale. La funzione di presidente dell’EFJ è peraltro su base volontaria, c’è un team dietro che fa un ottimo lavoro.

Veniamo al tuo nuovo incarico, sei la prima donna e prima rappresentante dei Balcani a guidare la Federazione europea dei giornalisti. Come ti senti?

Sono contentissima, onorata. L’EFJ è un’organizzazione grande, forte, a cui fanno capo 320mila colleghi. Sono attivi, visibili, si battono per i diritti dei giornalisti. E il fatto che sia io ora a ricoprire il ruolo di presidente è un segnale forte per questa – diciamo – “altra Europa”, per i Balcani. Io capisco i problemi di questa regione, sono qui, a tre ore di distanza da tutti, e in questo modo l’EFJ potrà ora essere più presente nell’area. Potremo coinvolgere su una base di parità i colleghi dei Balcani, dove i problemi del giornalismo sono più gravi che altrove in Europa. È un piccolo passo, ma mostra che sì, facciamo tutti parte della stessa famiglia europea. Altra storia, molto importante, è il fatto che sono la prima donna a guidare l’EFJ. L’uguaglianza di genere è una battaglia a cui tengo molto, anche all’interno del sindacato in Croazia. Non parlo solo di stipendi, ma anche della rappresentazione della donna nei media e del ruolo delle giornaliste nei media.

Veniamo alla situazione del giornalismo in Croazia. Di recente, ho parlato con l’avvocatessa Vanja Jurić, che difende molti colleghi in tribunale contro SLAPP e altre cause per diffamazione. Mi diceva che secondo lei, il problema ultimo – per quanto riguarda la libertà di espressione in questo paese – è che la società, e in particolare chi ha una posizione di potere, non ha ancora capito l’importanza del giornalismo per la democrazia. Che ne pensi?

Sì, la consapevolezza di sapere a cosa serve davvero il giornalismo manca. Soprattutto in questi nuovi tempi digitali, in cui l’informazione arriva continuamente da diverse fonti. Non tutti hanno gli strumenti per capire, per verificare le informazioni. Ma quella consapevolezza inizia dal vertice. Penso al lessico usato in Europa, quando ascolto la presentazione di una direttiva, di un regolamento o una conferenza stampa, che si tratti delle linee guida per i freelancer, del Digital Act, dei diritti d’autore… ogni volta si sottolinea l’importanza del pluralismo dei media, dell’indipendenza del giornalismo, del giornalismo come servizio pubblico. Questo lo devono capire i nostri politici, che invece nel loro comportamento quotidiano hanno adottato l’approccio populista di dare la colpa ai giornalisti per ogni domanda scomoda, attaccandoli. Ecco, se questo lo fa qualcuno che è al vertice, è chiaro che poi i cittadini comuni si sentono legittimati, online o offline, a fare la stessa cosa. Questa è una responsabilità della classe politica. Noi non abbiamo bisogno del loro aiuto, non devono “salvare” i giornalisti, devono semplicemente rispettare le regole del gioco. Come lo abbiamo detto in una delle nostre campagne: “Rispondete alle domande e basta”. Il nostro compito è quello di porre le domande che pensiamo interessino al pubblico o ad una parte del pubblico. Il loro è quello di rispondere.

C’è qualche cambiamento in Croazia, negli ultimi anni, per quanto riguarda questo atteggiamento dei politici nei confronti dei giornalisti?

Io non lo vedo. C’è questa eredità dell’era Trump per cui invece di rispondere alle domande si attacca, si invocano le fake news. Eppure, diversi studi hanno dimostrato che durante la pandemia la gente si è riavvicinata ai media come fonte di informazioni verificate. Questo è il ruolo del giornalismo come servizio pubblico. Il cambiamento in Croazia, io non lo vedo. Ma sta a noi ricordare la direzione verso cui bisogna andare. C’è spazio per la polemica, c’è spazio per le critiche ai giornalisti, ma bisogna mettere dei paletti: gli insulti e le minacce vanno eliminati. Così come non possiamo accettare una società in cui è normale che ci siano cause legali di massa contro i giornalisti. Una società in cui chi ha una posizione di potere in un partito o in parlamento può avviare 50 cause contro i giornalisti, sapendo benissimo che le perderà, anzi non contando nemmeno su una vittoria in tribunale, ma volendo solo far pressione, mettere a tacere.

Fai riferimento alla cause temerarie, o SLAPP in inglese. La Croazia presenta una situazione a prima vista contraddittoria in questo senso. Da un lato, ci sono quasi mille cause per diffamazione attualmente in corso contro media e giornalisti – spesso intentate da politici al potere. Dall’altro lato, il governo sembra intenzionato a voler davvero cambiare la situazione. Come lo spieghi?

Innanzitutto, penso che la pressione che stiamo facendo sulle autorità è molto forte. Vanja Jurić è ad esempio membra del gruppo europeo per le SLAPP, ci sono poi i rapporti annuali dell’HND che tengono conto del numero di cause e della situazione del giornalismo in Croazia si parla molto, attraverso la rete CASE, al parlamento europeo… Insomma, usando gli strumenti dello stato di diritto, riusciamo a portare l’attenzione su quello che succede qui. Questo, abbiamo scoperto, è un metodo molto efficace per realizzare i nostri obiettivi. Il ministero della Cultura, ad esempio, ci ha fatto sapere che vuole lavorare attivamente per risolvere i problemi del giornalismo in Croazia. Io devo ammettere che i seminari sulle SLAPP organizzati in collaborazione col ministero e in cui sono coinvolti l’Unione dei giornalisti croati (HND) e il Sindacato dei giornalisti (SNH) sono un passo avanti, perché aprono il dibattito su questi temi. Importantissimo è anche il fatto che in quei seminari cominciano ad essere coinvolti anche i giudici. Informare e istruire i giudici sulle SLAPP è un elemento chiave, come indicato anche dalla direttiva della Commissione europea al riguardo. Alcuni giudici, rendiamoci conto, non sanno nemmeno cos’è una SLAPP. Ecco, dall’altro lato, tutto questo è bello da vedere, ma per il momento non ha effetti concreti nella vita quotidiana dei giornalisti. Lo si vede nei numeri dell’HND che conta le cause in corso nel paese: queste non sono diminuite.

Cosa bisognerebbe fare, oltre ad avviare un dialogo tra le varie parti interessate?

Innanzitutto, bisogna creare una base di dati sulle SLAPP, facendo la differenza tra queste e le altre cause per diffamazione. Raccogliere dati è il primo passo per ogni lotta. Abbiamo poi una richiesta per depenalizzare la diffamazione, togliendola dal codice penale. Questo sarebbe un vero segno di volontà politica per risolvere il problema delle cause temerarie e rilasserebbe la pressione sui media. Dopodiché, vediamo che il sistema dei media councils – composti da giornalisti, editori ed esperti del settore – può aiutare a risolvere alcuni problemi della professione, agendo come organo regolatore indipendente, senza arrivare al tribunale. Questi media councils funzionano bene in quei paesi in cui le istituzioni sono forti e l’autoregolamentazione funziona. In Croazia, per il momento, non c’è neanche un organo indipendente, che non sia controllato dalla maggioranza in parlamento. È una catastrofe.

Un’ultima domanda sulle condizioni economiche in cui versano i giornalisti croati. La situazione è migliorata dopo la crisi del 2008?

Purtroppo, no. E l’economia è un aspetto fondamentale. La sicurezza esistenziale è la base del lavoro del giornalista: è davvero libero solo chi può pagare il suo mutuo. Altrimenti, se la tua situazione finanziaria personale è delicata, è difficile essere coraggioso. Io lavoro come sindacalista e purtroppo vedo che dal 2008 in poi, non è ancora stato risolto il problema della precarietà economica dei giornalisti in Croazia. Alla televisione pubblica croata HRT ci sono tante persone che lavorano da vent’anni per meno di 5mila kune al mese (670 euro circa, nda.). Come fai in una condizione del genere a confrontarti con i potenti o con le autorità locali? La questione economica va risolta in fretta.

Fonte: BalcaniCaucaso


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