Comunque vada a finire, questa crisi un esito lo ha già: la fine della sinistra parlamentare. Il discorso per essere capito deve partire da un fatto certo: in ogni democrazia un malessere sociale c’è e deve essere rappresentato in Parlamento. È quello che ha fatto, a destra, Giorgia Meloni. Chi lo ha fatto a sinistra? Per me sarebbe stato il compito di Leu, che avrebbe così parlamentarizzato il malessere sociale da sinistra. Non è andata così. Questo ha impedito alla forza di maggioranza relativa, i 5 Stelle, di trovare una propria identità nel governo. E nessun governo di unità e salvezza nazionale era possibile senza di loro. Così facendo Leu ha creato un vuoto che ha portato a derive rossobrune che condizionano un M5S privo di identità nuova e quindi attratto dal ritorno populista. Questo impedirà la formazione di quel campo largo che si sogna senza una vera sinistra di governo è una vera sinistra di opposizione. Il funerale perciò è tutto a sinistra. Questa mancata iniziativa radicata nella cultura del movimento operaio espone al rischio di un ritorno al mito moscovita, eterna capitale di una sinistra primitiva che non è mai guarita dal sogno di vedere nel Cremlino la capitale di un impero del bene contro un impero del male americano. Questa mitologia può tornare solo con uno sradicamento dalla storia del movimento operaio vero, quello di Di Vittorio, Lama, Berlinguer, Nenni, Lombardi, Saragat, Pertini. Volti diversi di una storia mai manichea o succube di antimericanismo ideologico che oggi emerge in un estremismo senza storia per via del nuovo conflitto. Lo sgretolamento del M5S lascia il Pd in una terra di nessuno desertificate dalla rinuncia della sinistra-sinistra a svolgere il suo ruolo, indispensabile anche alla sinistra di governo e alla democrazia.
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