Il puzzle di un’inchiesta. Diario delle finaliste della undicesima edizione del Premio Morrione

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Quel giorno in cui, strette in una smart, ci siamo guardate in faccia per la prima volta come Finaliste del Premio Morrione pare lontanissimo. Alla fine, sì, ne abbiamo fatta di strada!

L’inchiesta ci ha portato fisicamente da Roma a Milano, passando per Firenze e Prato e altre località meno conosciute, ci ha incollato anche tante ore davanti ai nostri pc, tra interviste, ricerche e richieste FOIA andate a buon fine e non. I tanti fili che avevamo di fronte si sono piano piano dipanati e abbiamo iniziato ad approfondire le piste, creando delle connessioni.

Videocamera e microfoni in spalla, cambiando una metro dopo l’altra, abbiamo raccolto il materiale che ci serviva e che adesso stiamo meticolosamente mettendo insieme. Con la nostra lista di domande sempre più precise ci siamo presentate in tanti uffici, non sempre accolte a braccia aperte, per usare un eufemismo. Ora la complessità del tema si unisce alla complessità di mettere insieme quattro mesi di intenso lavoro.

Si fa fatica a tirare le somme mentre il lavoro ancora prosegue, ma possiamo dire di aver imparato una cosa o due: a maneggiare (più o meno discretamente) l’attrezzatura, a fare sempre tre backup prima di cancellare un file, e che il confine tra chi ha ragione e chi ha torto, o meglio tra le diverse ragioni, è intricato e continua a cambiare man mano che i pezzi del puzzle si mettono insieme.

Ci siamo sentite ripetere tante volte che dare giudizi morali è facile da fuori, mentre quando si guarda all’interno le cose diventano più ingarbugliate e gli attori in gioco sono sempre più di quelli che si pensava. Abbiamo anche capito che fare un’inchiesta è anche un impegno fisico; alle ricerche online si aggiungono continui spostamenti, macchine noleggiate che non si aprono, domande scritte al bar, pasti improvvisati, e batterie che si scaricano e vanno ricaricate al McDonald’s. Ma ancora di più è un impegno mentale ed emotivo, per restare professionali mentre si arriva ai momenti più scomodi, e soprattutto quando l’intervistato scappa, letteralmente, dalle tue domande.

In questi mesi di lavoro ci siamo conosciute anche un po’ meglio come giornaliste e come persone. Ci siamo confrontate con altri professionisti, che ci hanno insegnato molto, abbiamo aggiunto alla squadra la talentuosissima Chiara Bettega, la nostra grafica. Adesso siamo quasi pronte a presentare il lavoro di gruppo più lungo della nostra vita, che fino a qualche tempo fa ci sembrava impossibile. E pensare che non abbiamo neanche mai litigato!
(Dal diario di Margherita Capacci, Ludovica Meacci, Sofia Turati su sito https://www.premiorobertomorrione.it/)

(Nella foto le finaliste con il tutor Francesco Piccinini)


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