Sono tornati alla casella di partenza Salvini e Conte, i populisti al governo nel 2018, ed è tornato alla casella di partenza il vecchio satrapo Berlusconi che del neo populismo italiano è stato il fondatore. Un gioco dell’oca che si consuma sulla carne viva dei cittadini italiani, ai quali vengono rinviati aiuti economici fondamentali, ma anche su quella dei cittadini europei, impegnati a contenere un dittatore come Putin che, non casualmente, è punto di riferimento dei tre che hanno affondato il governo Draghi.
Non era il governo dei migliori e non ha fatto solo azioni condivisibili, ma era un governo forte, con un presidente riconosciuto nel mondo come forse mai accaduto prima nella nostra storia, e stava portando a termine un percorso che ci vede purtroppo ancora a metà del guado, fra una crisi economica incalzante, una guerra in Europa che non finisce, una pandemia che non accenna a esaurirsi.
Nella congiuntura mondiale senza precedenti dal 1945, l’Italia sceglie il caos a otto mesi dalle previste elezioni politiche che potevano svolgersi in modo normale. Normale, il termine che la politica italiana non conosce e spesso detesta. E che forse detesta anche la maggior parte degli italiani. Così come non conosce la parola vergogna, di cui la giornata del 20 luglio 2022 resterà come la rappresentazione finora più significativa.
E adesso da decine di ore si discute di chi ha sbagliato di più e di chi meno, ma non ci si occupa dell’unica attività che da oggi occorre mettere in campo se si crede nella democrazia, nella costituzione e nella libertà: contrastare chiunque, da qualsiasi parte politica, non garantisca il rispetto di questi principi e i diritti da essi conseguenti.
Siamo già al toto premier senza che si sappia neppure quali schieramenti politici andremo a votare. Credo che l’invito all’attenzione sia doveroso: o si riesce a mettere in campo come cittadini, come società che un tempo si chiamava civile, un’azione forte di coinvolgimento del maggior numero di persone in difesa dei principi democratici, di eguaglianza, di solidarietà, di difesa del lavoro, oppure davanti a noi ci sono anni estremamente pericolosi. Ciascuno di noi come singola persona ha una sua responsabilità e può fare in qualche modo la sua parte.
Siamo nel 2022, a cento anni da quel 1922 della marcia su Roma. Smentiamo che i corsi e i ricorsi siano una condanna della storia.
(Nella foto Matteo Salvini e Giuseppe Conte)