Bisogna arrivare all’ultima riga per capire veramente di che pasta è fatto il dottor Bargelon. Simenon ci tiene sulla corda fino all’ultimo anche in questo romanzo uscito nel 1941 col titolo di “Bargelon” e ripubblicato recentemente da Adelphi col titolo di “Il dottor Bargelon”, 2022. Siamo nella provincia francese, a Bugle, una piccola città sulla Loira, dove Bargelon svolge la sua attività di modesto medico di quartiere, come già suo padre, prima che finisse alcolizzato. Ama la sua cittadina che conosce palmo a palmo come conosce gli abitanti, di cui molti sono suoi pazienti. Conduce una vita tranquilla e per molti versi soddisfatta con la sua famiglia: i due figli adolescenti Emile e Anne e la moglie Germaine, con la quale aveva iniziato ad amoreggiare a sedici anni e che aveva presto sposato, dopo che aveva finito gli studi. Una routine in cui Bargelon “Non era infelice. Non era questo il punto!
Del resto, lui non poteva essere infelice perché sapeva sempre crearsi piccole gioie personali”. Germaine tutta dedita “con le sue piccole taccagnerie” al buon andamento del menage familiare, a lui, a i figli, ma con quel suo essere eccessivamente apprensiva, che la faceva apparire sempre presaga di sventure. Una coppia che ricorda per certi versi la coppia dei genitori dell’autore come li descrive nel romanzo autobiografico Pedigree: il padre inscalfibile nella sua personale gioia di vivere, solidamente radicata nelle sue abitudini quotidiane e la madre opprimente nella sua ansia di governare la famiglia e alimentare lo scarso reddito. Chissà perché, non lo sa bene nemmeno lui, un giorno Bargelon si lascia attrarre nel mondo di Mandalin, un medico rampante che ha aperto una pretenziosa clinica privata e che ha bisogno di clienti: se Bargelon indirizzerà alla clinica alcuni suoi pazienti per qualche intervento la prima parcella sarà sua e le seguenti a metà. La prima vittima di questo sciagurato accordo è un giovane bancario, Cosson, che vuole far di tutto per garantire alla moglie le condizioni migliori per il suo primo parto.
Una sera Mandalin organizza a casa sua una grande cena a cui invita la famigli Bargelon: è l’occasione per entrare nella società che conta della città. Germaine intimidita si muove goffamente, Bargelon in imbarazzo si lascia trascinare dal confidenziale Mandalin, beve qualche bicchiere di troppo e fuma il sigaro che non ha mai fumato in vita sua. Numerose telefonate allarmate dalla clinica per l’imminente parto vengono ignorate da Mandalin e quando i due arrivano in clinica è tardi. Mandalin opera in stato di ubriachezza: la madre e il bambino muoiono. Cosson non si dà pace, mette i due di fronte alle loro responsabilità, fa minacce e Mandalin , preoccupato, cerca il modo di far insabbiare il caso. Bargelon non è tanto turbato dalla morte delle madre e del bambino, archivia presto in se stesso il caso come un incidente , anzi è seccato perché coloro che si muovevano intorno a questa situazione “Gli avevano guastato il suo cielo, il suo sole, le sue piccole gioie che sembravano inafferrabili e che lui cercava invano di riacciuffare”.
E’ invece ossessionato dalla figura di Cosson, dalla sua disperazione che lo porta ad accusarlo, a minacciarlo di morte; ma Bargelon non ha paura e anzi si dissocia dai tentativi di Mandalin di insabbiare il caso e di costruire delle false accuse contro Cosson: sembra quasi preso da un desiderio di espiazione. Bargelon e Cosson cominciano a spiarsi ossessivamente, si osservano a distanza, Cosson manda altri messaggi di minaccia, si cercano e infine si incontrano. Cosson, tra i fumi dell’alcol, gli racconta la sua difficile storia di figlio di un poliziotto, che solo grazie ai sacrifici della madre che lavorava facendo i servizi presso famiglie lontano dalla paese, per non farlo sapere, riesce a diventare impiegato di banca. Gli racconta tutti i suoi sforzi di bravo bambino, di uomo ingenuo, credulone, obbediente per cercare di costruirsi una famiglia benestante e cerca di spiegare cosa significava per lui poter garantire a sua moglie la nascita del figlio in una situazione di agio e di buona assistenza: “Lei non lo capisce questo , vero?…
E ancor meno lo capisce il suo Mandalin!… Ma non ce l’ho con lui … Non è la stessa cosa … Mentre lei, lei è del quartiere …”. Bargelon, anche lui alterato dall’alcol, ammette le sue responsabilità, ma cerca in qualche modo di giustificarsi spiegandogli come le loro storie siano simili: anche per lui, figlio di un alcolizzato non è stato facile crescere e affermarsi e cerca di rassicurarlo di non partecipare ai tentativi di Mandalin di denunciarlo a sua volta alla polizia. Le minacce di Cosson di uccidere prima o poi Bergelon continuano finché il medico, spinto da Germaine e da Cecile, la stessa compagna di Cosson, decide di partire per Riva Bella , anticipando la vacanza. Inizia la seconda parte della storia e cambia completamente l’atmosfera, gli ambienti, entrano in scena nuovi personaggi. Nella località di villeggiatura Bargelon si abbandona alle sue fantasie e comincia a rimuginare l’idea di cambiare pelle, cambiare vita “Il difficile era sapere che pelle scegliere! C’era in lui una sorta di trepidazione, di ansia, una speranza, un’attesa, la voglia di fare un gesto – ma quale? – di aprire, non una porta, ma una strada, un mondo, una prospettiva nuova, di slanciarsi…”.
La cosa su cui più si interroga è quale ruolo avesse avuto in questo suo desiderio la faccenda di Cosson: “Se non ci fosse stata quella notte, l’infame notte del parto, lui sarebbe andato ugualmente in crisi? Avrebbe provato lo stesso lancinante bisogno di cambiamento?”. Ma è l’imprevisto arrivo di Germaine a Riva Bella che lo fa risolvere a prendere una rapida decisione e a scappare di soppiatto, senza farsi trovare dalla moglie. Inizia il suo improvvisato viaggio su treni, pullman presi al volo, a volte a caso e che lo portano a Honfleur, Le Havre, Boulogne, Anversa. Qui il fortuito incontro con un vecchio compagno di scuola, Clarius, diventato capitano di una petroliera, gli apre addirittura la prospettiva di riprendere la sua attività di medico addirittura a Trebisonda. Scoprirà il lettore la scelta finale di vita di Bargelon. Intanto Simenon ancora una volta ci coinvolge nelle atmosfere della provincia francese, con le sue descrizioni brevi, efficaci e evocative e ci consegna, con perfetti meccanismi narrativi, personaggi indimenticabili attraversati da debolezze e contraddizioni. La risoluzione della vicenda arriverà solo nelle ultime righe, non dopo che l’autore abbia riannodato tutti i fili della trama. L’immagine di copertina “Il doppio” di Jean Moral (1927) è certamente un’allusione alla personalità di Bargelon.