Il 21 giugno 2022 l’udienza è stata rinviata, come accade ormai da un anno dall’inizio del processo, lo studente egiziano Patrick Zaki dovrà attendere il 27 settembre per difendersi dall’accusa di diffusione di false notizie in Egitto e all’estero.
“Inizio a sentirmi non libero” è stato il suo commento conosciuto l’esito dell’udienza. Durano pochi minuti di solito le udienze, il tempo di fornire le generalità poi tutto rimandato a data da destinarsi, tengono fra le mani il destino di un giovane uomo simbolo suo malgrado dei tanti che come lui hanno sfidato il potere con la sola forza della cultura, delle parole. Li chiamiamo prigionieri di coscienza, sono persone normali, spesso giovani che hanno solo esercitato il diritto a non seguire la narrazione del potere, abbiamo il dovere di dare loro un volto e una voce perché sono la speranza di un futuro di collaborazione fra le nostre culture.
Il 7 dicembre, a sorpresa, Patrick è stato scarcerato in attesa della sentenza definitiva. Non è libero a differenza di quello che pensano in molti, di rinvio in rinvio attende una sentenza che potrebbe portarlo ad una condanna fino a 5 anni. Sentenza che secondo la legge di emergenza (ancora vigente per i processi in corso) sarà inappellabile, solo al Presidente al-Sisi spetta la parola definitiva. Non può lasciare il paese fino alla fine del processo. Non può continuare gli studi in presenza, non può tornare a Bologna fino a che non sarà tolta questa spada di Damocle che incombe sul suo futuro, il suo e quello della sua famiglia, un esempio per noi che ci rammarichiamo delle performance della democrazia, un esempio per i giovani egiziani che studiano all’estero.
Come Station To Station, nel Gennaio 2021, lanciammo la petizione per la richiesta di concessione della cittadinanza Italiana per Patrick sulla piattaforma Change.org perché crediamo nel valore del rispetto dei diritti umani come base della vita democratica e come postulato nei rapporti internazionali, anche economici. Grazie a questa mobilitazione dal basso, che riscosse da subito decine di migliaia di firme, nacque una mozione alla Camera a prima firma degli Onorevoli Lia Quartapelle e Filippo Sensi che vide coinvolti una cinquantina di deputati di vari schieramenti. Decidemmo quindi di consegnare nelle loro mani in appoggio alla mozione le 160mila firme raggiunte fino ad allora. Poi ci fu la mozione al Senato a prima firma di Liliana Segre che volle partecipare in aula al momento del voto e ci sentimmo sulla strada giusta, di avere colto nel segno, chiedendo qualcosa di concreto al nostro Paese. Non abbiamo chiesto all’Egitto di liberarlo, è sottinteso, abbiamo chiesto alle Istutuzioni italiane di adoperarsi perché accada. Ma quando Patrick all’udienza dichiarò “dite a tutti che sono qui perché sono un difensore dei diritti umani” fu chiaro che i valori che difendeva con coraggio e determinazione erano completamente compresi nella nostra costituzione e nella carta dei diritti della comunità europea, decidemmo allora col supporto di Change.org di estendere la platea di destinatari a tutta l’Unione Europea.
Poi consegnammo le firme giunte a 270mila nelle mani del Presidente Sassoli che ci accolse a Strasburgo, durante la prima plenaria in presenza, con un’intensità e partecipazione sia umana che istituzionale che ancora ci emoziona. Era il 7 Luglio 2021, un anno fa, la mattina stessa alla Camera fu approvata la mozione Sensi Quartapelle, il documento impegnava il governo “ad avviare tempestivamente, mediante le competenti istituzioni, le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana “ È passato un anno e come in un romanzo di Kafka nessun segno giunge dal palazzo. Ci hanno più volte suggerito di non alzare la voce, che mettevamo in pericolo la vita di Patrick, che il generale era vendicativo, che che che. Il ministro degli esteri affermò quasi stizzito di fare lavorare la diplomazia, ma ci siamo amaramente resi conto che i tempi della diplomazia non sono compatibili con la vita di un giovane uomo.
Per quanto ci riguarda abbiamo messo tutte le nostre energie, il nostro tempo, la nostra creatività per mantenere la vita e la storia di Patrick Zaki all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica, siamo una manciata di cittadini, non siamo un’associazione ma amici, non siamo di Bologna come spesso detto, ma grazie alla pandemia, ci siamo conosciuti online e abbiamo creduto che la sfida sui diritti sul rispetto dei diritti umani fosse la cifra dell’Europa per un futuro sostenibile anche socialmente.
Abbiamo portato in piazza ONG, Sindacati, associazioni per la tutela dei diritti umani, tutti uniti per non spegnere l’attenzione. Abbiamo camminato sulle gambe per quasi mille chilometri da Brescia a Roma, poi la scarcerazione di Patrick, siamo stati finalisti del premio “cittadino europeo dell’anno 2022”, dopo la scarcerazione a sorpresa il 7 dicembre ci è stato suggerito di nuovo di tenere un profilo basso e lo abbiamo fatto, sperando servisse a qualcosa.
Il 7 luglio scorso, siamo stati invitati in diretta al TGR Emilia/Romagna per ricordare la consegna al parlamento Europeo delle allora 270mila firme, che nel frattempo sono diventate 311mila.
Che cosa chiediamo? Chiediamo risposte, chiediamo un segno alle nostre istituzioni, non importa se sia il Ministro degli Esteri, il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica, 311mila persone hanno firmato, i due rami del Parlamento hanno votato, quindi anche tutto il popolo Italiano attraverso i suoi rappresentanti ha chiesto, crediamo nella democrazia e nei valori della nostra costituzione, crediamo che ci sia dovuta una risposta: a che punto è l’iter la concessione della cittadinanza a Patrick Zaki? A che punto sono le trattative?
Una ultima cosa vorremmo fosse bene chiara, la cittadinanza che abbiamo proposto nella nostra petizione è per “eccezionale interesse dello stato”, la cittadinanza italiana non è un premio è una cittadinanza che fa bene a noi, riafferma i diritti espressi nella nostra Costituzione: quando uno Stato non difende il diritto alla verità per Patrick Zaki, quando uno Stato baratta i diritti umani con l’energia, la sicurezza interna, i migranti alle frontiere siamo tutti più fragili. Lo saremo anche in casa nostra, perché abbiamo visto come sia facile cancellare i diritti anche in democrazie che credevamo liberali. Lo saremo quando viaggiamo o studiamo all’estero come faceva Giulio Regeni, ma lo saremo anche quando andremo in missione umanitaria per conto dell’Onu come Mario Paciolla o in rappresentanza diplomatica come Luca Attanasio. Quando si calpestano i diritti in nome della Real politik siamo tutti indifesi. Per questo la Cittadinanza a Patrick Zaki è responsabilità dell’Italia e dell’Europa se crede davvero nei valori che ama scrivere sulle carte.
Station to Station non abbandonerà Patrick fino alla soluzione positiva della sua situazione, vogliamo credere che le nostre istituzioni siano al nostro fianco.
#patrickcittadinoitaliano