Scrivo, in accordo con gli amici di Articolo 21, della “Pastasciutta Antifascista” il giorno dopo la ricorrenza della caduta del fascismo, perché quel momento andrebbe ricordato ogni giorno. Il 25 luglio ’43 segnò la presa di coscienza della maggioranza del governo fascista che, dopo vent’anni, grazie ad un voto di sfiducia, obbligò il re all’arresto del Duce. Purtroppo la fine del fascismo durò il tempo di soffio di vento. L’8 settembre ’43 segnò la fine delle ostilità tra Italia, Inghilterra e Stati Uniti, mentre Mussolini a Salò fondò la Repubblica Sociale Italiana cementando ancora di più il rapporto con Hitler. Italiani in camicia nera contro italiani che avevano creduto nel ritorno ad una vita nomale, fatta di lavoro e sacrifici ma senza l’oppressione nazifascista. La prima a crederci fu la famiglia Cervi di Gattatico (Reggio Emilia) che festeggiò il giorno della caduta del fascismo distribuendo “Pastasciutta” a tutti i concittadini. L’idea fu di Alcide Cervi il padre dei sette fratelli: Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore, che dopo la nascita della Repubblica di Salò capirono che il fascismo non era finito, bisognava resistere, combattere, lottare per conquistare la libertà. Arrestati dalle camice nere, torturati, il 28 dicembre ’43 vennero fucilati presso il poligono di tiro di Reggio Emilia. Erano trascorsi solo cinque mesi dalla festa della “Pastasciutta” e la famiglia che l’aveva voluta fu la prima a pagare l’Antifascismo con la vita di sette fratelli. A due mesi dal voto, invece, leggiamo che sarebbe un errore parlare di fascismo in campagna elettorale, si farebbe il gioco di Fratelli d’Italia, di Giorgia Meloni che ha portato il partito, almeno dai sondaggi, ad essere il primo. Il sindaco di Bologna Matteo Lepore ha denunciato, nel giorno della “Pastasciutta Antifascista” che “il fascismo è alle nostre porte”. “Errore strategico”. “Frase inopportuna”. “Non se ne può più di sentire associare la destra di oggi al fascismo”. Politologi, politici, massmediologi, chi più ne ha più ne metta. Lepore ha sollevato tanti malumori dentro e fuori il Partito democratico. Questo dimostra che la memoria è corta, troppo corta! Ci siamo dimenticati che i governi di centro-destra, quelli di Berlusconi, hanno tentato di riscrivere la storia armandosi di revisionismo per negare la Resistenza, la guerra di liberazione fatta dai partigiani con l’appoggio di tanti cittadini, i suoi elogi a Mussolini, nel “Giorno della Memoria” dell’Olocausto, hanno fatto il giro del mondo. Chi c’è alla destra di Giorgia Meloni in Fratelli d’Italia? Ignazio La Russa che l’8 settembre 2008, quando era ministro della Difesa, a Porta San Paolo, durante i ricordo della Resistenza, alla presenza del presidente della Repubblica Napolitano, chiese, per non fare un torto alla sua coscienza, di onorare i martiri della Repubblica Sociale, quelli che andarono a Salò al pari sia dei partigiani caduti per Libertà dal nazifascismo che dei tanti soldati italiani che per non aver aderito alla Repubblica di Salò furono deportati nei campi di concentramento tedeschi e lì persero la vita. Vale ancora oggi quello che Napolitano gli rispose pubblicamente: “La Resistenza fu volontà di riscatto ed eroico fu chi si rifiutò di aderire alla RSI”. Non parlare di fascismo significa voler dimenticare ciò che accadde tra la primavera e l’autunno ’44: le stragi e gli eccidi di Monchio, Ronchidoso, Birchinia, Sant’Anna di Stazzema, Fosse Ardeatine, Marzabotto e purtroppo tante altre, dove vennero uccisi bambini, donne, vecchi, corpi violentati, straziati. Insieme ai nazisti a compiere quelle stragi, quegli eccidi c’erano le camice nere di Salò e italiani che, per non farsi riconoscere, erano travestiti da soldati tedeschi. Gli anni del berlusconismo furono bui anche per l’informazione, Sua Emittenza con la presidenza del Consiglio aveva conquistato la Rai oltre ad essere padrone della Fininvest, va ricordato come quell’8 settembre venne raccontato dai telegiornali, si salvò solo il Tg3, alcuni riuscirono a non nominare la parola Resistenza. Non me ne voglia il senatore La Russa, ho citato lui come avrei potuto citare altri camerati del suo partito che in questi ultimi anni si sono resi famosi per apologia e odio raziale come raccontano le inchieste dei pm milanesi, ad esempio. Mi è difficile comprendere perché non si dovrebbe parlare di fascismo. Perché non si dovrebbe temere che con la destra al comando organizzazioni come Forza Nuova e CasaPoud, che non sono mai state messe al bando da Fratelli d’Italia, come le inchieste di Report hanno dimostrato, torneranno ad alzare la testa. Che ne sarà dell’Articolo 21 della Costituzione dopo i precedenti della destra al governo? Quando Giorgia Meloni è entrata nel Fronte della Gioventù, l’organizzazione del MSI, aveva quindici anni, un errore di gioventù? Vorrei regalarle un libro che sto leggendo dal titolo: “Io, sopravvissuto di Marzabotto – Storia di un uomo, storia di una strage”, straordinariamente scritto da Margherita Lollini, credo che sull’argomento l’onorevole abbia qualche lacuna e sul racconto di Ferruccio Laffi confrontarmi con chi oggi dice che non bisogna parlare di fascismo. Sono tanti i temi da affrontare in questa campagna elettorale, per favore non escludiamo la giustizia sociale che vuol dire antirazzismo, voler far applicare la legge sull’apologia, diritti e anche doveri, eliminiamo per una volta, come direbbe Liliana Segre, l’Indifferenza sul fascismo.
Buona “Pastasciutta Antifascista” anche il 26 luglio e i giorni a seguire.