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Turchia, nuova retata di giornalisti: 23 finiscono in carcere a Diyarbakir. Cihan: non puniscono le persone che commettono crimini, ma coloro che li rivelano

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Un blitz in Turchia all’alba dell’8 giugno, che ha coinvolto decine di uomini della polizia, ha portato in carcere 23 tra giornalisti e operatori dei media nella provincia sud-orientale di Diyarbakır.
Si è trattato di una delle più grandi repressioni degli ultimi mesi che nei confronti dei media indipendenti turchi rimasti non si sono mai allentate.
Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nelle case dei colleghi turchi e nelle sedi degli organi di informazione coinvolti nell’inchiesta del procuratore capo di Diyarbakır.
Almeno sette le testate e le organizzazioni coinvolte nel blitz, tra cui le agenzie di stampa Mezopotamya Agency e Jin News, il quotidiano in lingua curda Xwebûn e le società di produzione Piya, Ari e Pel.
Oltre agli arresti, la polizia ha confiscato le attrezzature, i telefoni cellulari e i computer dei giornalisti che restano tutt’ora in detenzione.
Tra i 23 colleghi finiti in carcere il co-presidente della Dicle Fırat Journalists’ Association (DFG) Serdar Altan, il direttore di Jin News Safiye Alağaş, il redattore di Jin News Gülşen Koçuk, il redattore di Mezopotamya Aziz Oruç, l’ex editore di Mezopotamya Ömer Çelik e il caporedattore di Xwebûn Newspaper Mehmet Ali Ertaş, che è stato tenuto in manette per 10 ore durante la perquisizione a casa sua.
Tra i giornalisti detenuti anche Suat Doğuhan, Ramazan Geciken, Berivan Karatorak, Esmer Tunç, Neşe Toprak, Zeynel Abidin Bulut, Mazlum Doğan Güler, Mehmet Şahin, Elif Üngür, İbrahim Koyuncu, Remziye Temel, Kindramen Akdenman Öncü, Feynaz Koçuk e Mazlum D. Guler.
L’operazione dell’8 giugno è solo l’ultima di una lunga serie di attacchi alla libertà di stampa in Turchia.
Come racconta Metin Cihan, giornalista investigativo indipendente che rischia dai tre ai sei anni di carcere per le sue inchieste che hanno rivelato i legami tra la Fondazione per i giovani turchi, TUGVA –  una ONG politica islamista – il governo e la famiglia del presidente Recep Tayyip Erdogan.

“Il mio caso non ha sorpreso nessuno. Ci siamo abituati, non puniscono le persone che commettono crimini, ma coloro che li rivelano” ha affermato Cihan esiliato in Germania da quiando la procura di Istanbul ha  emesso un ordine di cattura per lui e Ramazan Aydoglu, un ex membro di TUGVA accusato di essere la sua fonte.
La Procura afferma che Aydogdu ha avuto accesso ai file della fondazione,  acquisiti illecitamente dai computer della Ong “senza consenso o diritto a farlo”, per poi inviarli a Cihan “manipolati e modificati”.
Nei suoi articoli Cihan, che attualmente risiede in una cittadina tedesca con status di rifugiato politico, ha descritto come TUGVA, che annovera membri della famiglia del presidente Erdogan nel suo consiglio, abbia usato la sua influenza per favorire nomine di suoi membri a incarichi nello Stato, nella polizia e nell’esercito.
E il Sultano non glielo ha perdonato.


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