Sembra che i più preoccupati delle conseguenze della strage della chiesa di San Francesco in Nigeria, siano i vescovi che da tempo si sforzano di ribadire che non si tratta di una guerra tra musulmani e cattolici, anche se nei fatti questi ultimi restano nel mirino.
C’è il fondato timore che un conflitto del genere possa accendersi seriamente in una nazione dove la metà della popolazione (100 milioni di persone) vive con meno di due dollari al giorno, dove la povertà sta facendo crescere i tassi di criminalità a livelli vertiginosi. Ormai i sequestri ad horas stanno diventando una normalità con cui convivere: sequestrati (magari per mezza giornata) e liberati dietro il versamento anche di poche centinaia di euro.
Chi dovrebbe invece occuparsi di questi problemi (anche per mandato istituzionale) gira la testa dalla parte opposta facendo finta di niente. Le elezioni legislative e presidenziali del prossimo anno sono motivo sufficiente a concentrarsi su candidature e creazione di rinnovate mappe di potere.
A due giorni dall’eccidio non si conosce il numero esatto delle vittime. Le autorità assicurano: 22 morti e 50 feriti. Di altro avviso le organizzazioni cattoliche che parlano di almeno 80 caduti.
Un paradosso che non deve turbare il lettore. Da quando i terroristi islamisti di Boko Haram hanno nei fatti preso il controllo della Nigeria nord orientale, tutti i presidenti che si sono succeduti hanno assicurato il loro impegno per estirpare il cancro della violenza. Poi si scopre che l’esercito governativo non è motivato nel contrastare gli islamisti. Ma anche che le paghe dei soldati sono trattenute da generali corrotti (con complicità adeguate alla ricca sottrazione), che le armi più sofisticate attraverso misteriose strade sono state destinate ai militanti di Boko Haram piuttosto che ai militari di Abuja. Ed anche il paradosso che cibo ed attrezzature siano finite (senza colpo ferire) nella disponibilità dei terroristi, lasciando affamati e senza scarpe chi era deputato a combatterli.
Insomma il mondo capovolto.
Le elezioni del 2023 non saneranno questa situazione. Ed il mondo è troppo occupato da altre emergenze. Senza dimenticare il petrolio nigeriano, oggi più che mai ambìto con la guerra russo-ucraina, che lascerà ciechi-muti-sordi tutti i paesi democratici.
Insomma la Nigeria può attendere e le stragi (ricordiamo che sono proprio i musulmani a pagare il prezzo più alto) continueranno ad essere solo un titolo di giornale. Ma il giorno dopo sparirà dall’informazione mainstream.