Guardando alla Nigeria Papa Francesco ancora una volta ricorda che la terza guerra mondiale a pezzi si sta combattendo nella colpevole indifferenza di governi che invece di spegnere i fuochi dei conflitti li alimentano e li sostengono aumentando le spese militari.
Il Santo padre nel condannare l’attacco alla chiesa nel meridione del Paese, definendolo un “atto di indicibile violenza” e assicurando “vicinanza spirituale” a quanti sono stati colpiti, ha esortato “quanti sono accecati da odio e violenza a convertirsi scegliendo la strada della pace e della giustizia”.
Un auspicio che, nel massimo rispetto del Pontefice, rappresenta più un’illusione.
L’assalto armato di domenica contro i fedeli della chiesa a Owo, nello Stato di Ondo, nel sud-ovest della Nigeria, in cui sono stati uccisi decine di fedeli inermi, ha segnato un nuovo picco di violenze. Senza precedenti.
Gli attacchi da parte di gruppi jihadisti non statali stanno diventando ricorrenti in varie parti del Paese e la violenza insensata si è ora estesa allo Stato di Ondo, finora pacifico.
Una dura condanna è stata espressa dall’Unione Europea, che si è detta “sconvolta e solidale con la popolazione dello Stato di Ondo e in particolare con le famiglie che hanno perso i loro cari”.
Il servizio diplomatico dell’Ue, l’EEAS. ha anche esortato le autorità locali a individuare i responsabili affinché siano consegnati rapidamente alla giustizia.
L’UE, almeno a parole, rimane impegnata a collaborare con le autorità nigeriane per fermare la spirale di violenza e trovare una “soluzione duratura” sostenendo la Nigeria “nei suoi sforzi per costruire una pace sostenibile, approfondire la democrazia e garantire la tutela dei diritti umani fondamentali di tutto il suo popolo, compresi il diritto di culto e la libertà di religione o di credo”.
Intanto a Ondo si continuano a contare i morti, il bilancio ormai è salito a 80 vittime e non può che peggiorare.
“Siamo devastati” ha dichiarato monsignor Jude Arongudade, vescovo della diocesi dove si è compiuto il massacro contro i fedeli che celebravano la Pentecoste nella chiesa cattolica di San Francesco Saverio a Owo.
Il vescovo ha ricordato che “nel Sud-Ovest del Paese non ci sono mai stati attacchi del genere e ha spiegato che “ci sono gruppi di criminali che vengono da altre parti dell’Africa occidentale, dalla Libia, dal Niger, dal Mali e banditi di Boko Haram arrivati dal Ciad fino. Hanno appoggi che garantiscono loro le forniture degli strumenti per portare avanti questo tipo di atti”.
Secondo l’associazione islamica Muslim Rights Concern, “l’attacco alla chiesa di San Francesco è una prova indubbia dell’esistenza di Boko Haram nel sud-ovest dopo la loro penetrazione negli Stati del Niger e di Kogi”.
A confermare la tesi di Murc il modus operandi dell’assalto, tipico di Boko Haram.
L’allarme che altre chiese, ma anche moschee possano essere obiettivi di nuovi attacchi è un rischio concreto “perché è così che sono iniziati gli attacchi al Nord” sostiene l’associazione islamica che opera per la pacifica convivenza tra le diverse fedi in Nigeria e che esorta lo Stato a garantire“protezione per tutte le chiese e le moschee della regione e l’arresto immediato e il perseguimento degli aggressori”. Anche la Conferenza episcopale cattolica della Nigeria ha chiesto al governo di “intensificare gli sforzi per dare la caccia agli aggressori della chiesa di San Francesco Saverio” sottolineando che “in caso contrario si accelererà la caduta del Paese nell’anarchia”. Dall’Italia oltre al messaggio di Papà Francesco è arrivata la vicinanza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha manifestato “profonda tristezza per la notizia del vile attacco contro la chiesa di San Francesco a Owo” e confermato che la Nigeria “potrà sempre contare sul sostegno dell’Italia nella lotta contro ogni forma di violenza”.
Sul fronte delle indagini non ci sono al momento passi avantiX Non c’è ancora una rivendicazione ma gli occhi sono puntati sui pastori Fulani e su Boko Haram.
La strage perpetrata ieri a Owo non è soltanto un attacco ai cristiani ma contro lo Stato e le sue già debolissime e corrotte reti.
Il timore, in prospettiva, è che ci si possa trovare dinanzi ad una saldatura fra le componenti più estremiste della comunità fulana e le organizzazioni terroristiche operanti nel nord, innanzitutto Boko Haram.
Un quadro drammatico, devastante, che l’Occidente non può continuare ad ignorare.
Nella comunità cristiana il clima è di grande preoccupazione:
“Dobbiamo sempre sapere che i Fulani ci circondano nella foresta e possono attaccarci da un momento all’altro. Siamo terrorizzati ma dobbiamo perseverare. Abbiamo tutti paura perché in realtà non c’è supporto di protezione da parte del governo – dice a Vatican News suor Agnes Adeluyi, una religiosa infermiera che si sta prendendo cura dei feriti -. La gente ha paura ora anche di andare in chiesa”.
Oltre al dolore per le vittime dell’attacco di Owo c’è grande preoccupazione per padre Christopher Onotu, parroco a Obangede, rapito nell’area del governo locale di Okehi, nello stato di Kogi, e di alcuni fedeli sopravvissuti trascinati via dal gruppo armato.
Sebbene non vi sia ancora una rivendicazione ufficiale sono in molti a ritenere che l’attacco sia da attribuire ai pastori fulani, etnia nomade che vive in vaste aree dell’Africa occidentale e dedita alla pastorizia e al commercio.
Secondo Afenifere, organizzazione socio-culturale espressione del popolo nigeriano di etnia yoruba, l’attacco era diretto proprio alla popolazione yoruba, e in particolare al governatore Akeredolu Rotimi Akeredolu “per il suo incrollabile sostegno alla sicurezza nella terra yoruba garantendo la presenza di reggimenti di Amatekun (organizzazione di sicurezza regionale istituita nel 2020 da sei governi statali della Nigeria occidentale) per proteggere le vite e le proprietà della popolazione locale dagli attacchi dei fulani.
Misura che, evidentemente, non è bastata a impedire il compimento dell’attacco di domenica scorsa che alimenta ed estende la confusione, il terrore e la guerra in una terra martoriata e bagnata dal sangue di migliaia di innocenti.
Credits photo Associated Press