Si continua a morire di lavoro. Ché il più delle volte l’alternativa è morire di fame.
I fascicoli di indagine per morti bianche a Lecce e provincia continuano ad affastellarsi gli uni sugli altri e si allunga la lista di chi tira le cuoia.
L’ultimo in ordine di tempo è Donato Marti, aveva 72 anni, era di Avetrana in provincia di Taranto e ieri mattina ha perso la vita dopo un volo di circa 5 metri da uno stabile di via Parini a Lecce dove erano in corso lavori edili.
Dinamica simile a quella di molti altri casi analoghi raccontati dalle cronache negli ultimi mesi.
Un piede messo in fallo, un capogiro, o un malore o chissà cosa. Sta di fatto che quell’uomo mentre insieme ad altri sistemava un montacarichi di quell’appartamento dove pare fosse in corso di realizzazione un bed and breakfast, è caduto. Rovinosamente.
Come un fantoccio, a terra dopo un volo.
Le urla virgola la disperazione, i soccorsi, il 118, la corsa in ospedale.
Tutto come altre volte, tutto come deve.
Il 72enne è deceduto al Vito Fazzi. Troppo gravi le ferite e i traumi riportati a causa dell’impatto con il suolo.
Nelle indagini della polizia e nelle verifiche dello Spesal, sotto il coordinamento della procura, prenderanno sostanza i dettagli della vicenda.
Resta di base un corto circuito evidente, che va oltre se oltre si può, l’indignazione a fronte dell’ennesimo morto sul lavoro.
Occorre chiedersi perché un uomo di 72 anni, così come tanti altri anziani prima di lui, decida di svolgere alla sua età un lavoro delicato, pericoloso e usurante. Perché godersi la pensione sia retaggio di un passato ormai troppo distante in un momento storico in cui il costo della vita è così elevato, e la quotidianità, conti in tasca, così incerta, da portare la gente a lavorare.
A benedire quasi un qualsivoglia incarico, poco importa se sia o meno in nero, e arrotondare per sbarcare il lunario. Portare a casa la “giornata”.
Poteva starsene a casa, ieri quell’uomo. E come lui altri. Opinione ricorrente.
Ma se anziché andare a guardarlo da lontano un cantiere, con le mani in tasca come i pensionati da luogo comune, ci è andato a lavorare, un motivo c’è.
Ed è e sarà, la ragione e il motivo di molti, prima e dopo di lui.
È realtà che pesa. E va guardata dritta in faccia.
Piangere la morte di un pensionato sul luogo di lavoro deve far riflettere sulla condizione degli anziani che raggiungono l’età per ottenere l’assegno previdenziale.» Lo afferma Valentina Fragassi segretaria generale Cgil Lecce – Si pone una questione di vera e propria sopravvivenza per chi arriva alla pensione dopo 40 anni di duro lavoro e di colpo si ritrova a fare i conti con lo stato di bisogno .Questa è una condizione che purtroppo riguarda molti cittadini della provincia di Lecce.» Si tratta della terza vittima in provincia nel giro di 50 giorni. Al momento ufficialmente sono 1.745 gli infortuni sul luogo di lavoro registrati in provincia di Lecce dall’inizio dell’anno. Fa riflettere – spiega Cgil – il dato regionale sull’età delle vittime: oltre il 20 per cento del totale degli infortuni vede coinvolti lavoratori che hanno più di 55 anni.
Da L Gazzetta del Mezzogiorno del 22 giugno 2022