Omicidio-suicidio. Un binomio sempre più ricorrente tra le colonne in cronaca, dettagli che mutano di caso in caso e canovaccio pressoché identico. Ogni volta.
Come una liturgia del male. Come l’epifania deleteria del buio che agita le menti e arma le mani.
L’ultima tappa, in ordine di tempo, del rovinoso precipizio in cui si specchia una società civile troppo distratta e sempre più Dorian Gray, viene da Novoli, piccolo comune del leccese.
Prima il femminicidio, poi il suicidio.
Così è stata scritta la parola fine al matrimonio tra Matteo Verdesca, corriere di 38 anni originario di Veglie (Le), e Donatella Miccoli, coetanea sposata 9 anni fa, madre dei suoi due figli di 7 e 2 anni, originaria di Mesagne (Br).
L’uomo sabato notte ha accoltellato la moglie nella camera da letto mentre i bambini, un maschietto e una femminuccia, dormivano.
I vicini hanno sentito rumori, nessuno poteva immaginare che in quella casa sulla via che da Novoli conduce a Veglie, si stesse consumando un delitto.
L’assassino ha osservato la scena ultima, figlia della sua furia.
I piccoli no, per fortuna pare che ai loro occhi quell’immagine sia stata risparmiata.
Matteo ha preso il telefono, ha chiamato i genitori a Veglie: “venite a prendere i bambini, ho fatto un casino”, poi ha chiamato il suocero, il padre della vittima, facendo la stessa richiesta.
E via.
Ha preso le chiavi dell’utilitaria di Donatella, una Renault Twingo bianca, ed è fuggito.
Quando i genitori della coppia e il padre della donna sono giunti in quella abitazione, all’alba, hanno trovato la giovane mamma morta. Hanno chiamato i carabinieri, il 118, poi tutto si è compiuto come da prassi.
Mentre i militari si mettevano sulle tracce dell’assassino, con l’ausilio di diverse pattuglie per terra ed un elicottero per le ricerche aeree, il trentottenne compiva l’ultimo atto della tragedia.
Gli unici che potrebbero raccontare cosa sia veramente accaduto non hanno più voce per farlo.
Nella definizione di una verità quanto più vicina possibile a quella reale, Matteo Verdesca potrebbe aver riempito una tanica di carburante ad un distributore di benzina. Poi ha raggiunto una campagna, tra Novoli e Campi Salentina, ha cosparso se stesso e l’auto di liquido infiammabile e si è dato fuoco mettendo fine alla sua follia e alla degenerazione del suo legame con Donatella.
L’auto bruciata con all’interno il corpo carbonizzato dell’assassino è stata rinvenuta in tarda mattinata.
I resti sottoposti a sequestro, così come l’abitazione dei coniugi Verdesca e l’arma del delitto. Le salme invece sono state condotte alla camera mortuaria dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce a disposizione del magistrato di turno. Si procederà all’autopsia.
Tutt’intorno alla vicenda che finisce con allungare l’elenco listato a lutto dei femminicidi in Italia, una serie di interrogativi, la maggior parte dei quali rimarrà senza risposta.
La coppia era affiatata, Matteo aveva un figlio maggiorenne da una relazione precedente, Donatella lavorava come commessa in un negozio di intimo e calze presso il centro commerciale di Surbo.
Qualche giorno fa la coppia aveva contattato il fotografo che aveva curato il servizio per il battesimo del piccolo di casa, a Veglie. Passato il periodo della pandemia che aveva dilatato i tempi, non vedevano loro di entrare in possesso dei fotogrammi di quei momenti felici.
Sabato sera un giro in paese, a Novoli, in occasione della festa di San Luigi insieme ai bambini, un giro per loro alle giostre e poi il rientro tra le 22 e le 23.
Cosa sia accaduto in quella abitazione nell’arco temporale che va da poco prima della mezzanotte alle 3 circa, quando il trentottenne si è reso conto di ciò che aveva fatto, rimarrà negli occhi e nei pensieri di Matteo e Donatella, sarà sepolto insieme a loro, avvolto di dubbi e reso più vicino possibile alla realtà dal lavoro degli investigatori.
La giovane mamma è stata uccisa con un coltello da cucina, rinvenuto nel lavabo del tinello ancora sporco di sangue.
Non un delitto premeditato. Ma comunque un delitto. Dei peggiori.
(Foto e testo da La Gazzetta del Mezzogiorno)