Scissione del M5S, nasce “Insieme per il futuro”. Luigi Di Maio fa tutto insieme, leggendo una dichiarazione ai giornalisti nell’Hotel Bernini Bristol in una afosa notte romana di giugno: lascia i cinquestelle e annuncia l’arrivo di un suo partito.
Beppe Grillo aveva intuito la mossa scissionista. Davanti allo scontro all’arma bianca tra Giuseppe Conte, presidente pentastellato, e Di Maio, ex capo dei grillini, aveva ammonito inascoltato: «Così ci biodegradiamo in tempi record».
La scissione del M5S ha le sue radici nello scontro durato mesi sui nuovi invii di armi all’Ucraina decisi da Mario Draghi: Di Maio ministro degli Esteri è a favore, Conte contrario. Poi alla fine sia i contiani sia i dimaiani il 21 e 22 giugno hanno votato sì al Senato e alla Camera.
Tuttavia l’ex capo grillino ha operato lo stesso lo “strappo”. La spiegazione? Di Maio non vuole commettere i “vecchi errori”. Da un anno e mezzo ha imboccato una strada nuova: non è più grillino ma draghiano. Un bel salto acrobatico. Ha cambiato programmi e identità politica.
Ha buttato a mare le antiche posizioni sovraniste, anti Nato e anti europee del comico genovese e abbracciato quelle atlantiste ed europeiste del presidente del Consiglio. Si è detto convintamente aderente della «famiglia euro-atlantica» e ha buttato a mare «odio, populismo, sovranismo ed estremismi» (strumenti contundenti ampiamente usati dal garante pentastellato).
Ha detto basta al giacobinismo anti élite, anti tecnocrati e anti sistema sul quale Grillo fondò l’enorme successo del Movimento. Ha detto basta con l’opposizione antagonista e ha fatto rotta verso il riformismo di Draghi. Ha rottamato l’antico motto di «uno vale uno» invocando la valorizzazione delle «migliori capacità e talenti perché uno non vale l’altro».
Ha apprezzato e lodato il presidente del Consiglio impegnato nel sostenere l’Ucraina vittima dell’aggressione di Putin ma con l’obiettivo prioritario di arrivare alla pace e di garantire la ripresa economica dell’Italia traumatizzata dalle conseguenze della guerra e dal Covid. Ha bocciato la rifondazione del Movimento attuata da Conte. Ha accusato l’ex presidente del Consiglio di irresponsabilità: pensa di «picconare la stabilità del governo solo per ragioni legate alla crisi» di consenso elettorale.
Si è mosso per fondare “Insieme per il futuro”: già avrebbe in tasca il sì di oltre 60 parlamentari pentastellati, tra deputati e senatori. In questo caso, forse, inciderebbe anche il secco no di Grillo ad autorizzare un terzo mandato parlamentare (molti cinquestelle, come lo stesso Di Maio, già hanno raggiunto il limite di due legislature).
Costruirà “Insieme per il futuro” partendo «dagli amministratori locali». E qui il pensiero corre in primo luogo a Beppe Sala, proprio il sindaco di Milano artefice della rinascita del capoluogo lombardo e indicato in pista per creare un nuovo partito draghiano, centrista, riformista. Un progetto che coinvolgerebbe anche Calenda, Renzi, Emma Bonino. Probabilmente potrebbe allargarsi anche ad Enrico Letta, a settori di Forza Italia e della Lega in rotta con Salvini. C’è tutto un mondo centrista, liberaldemocratico e liberalsocialista, in fibrillazione. Bobo Craxi ha annunciato: «Il Partito Socialista è pronto ad ospitare Di Maio».
Di Maio dovrà fare i conti con molti nemici dentro e fuori il M5S. Alessandro Di Battista, suo vecchio amico, l’altro giovane delfino di Grillo di un tempo, ha lasciato i cinquestelle contestando la scelta di entrare nel governo Draghi. Ha attaccato continuamente l’esecutivo di unità nazionale guidato dal tecnico Draghi: è «un ignobile tradimento» l’aver accettato di governare «con tutti» solo per «portare a casa comode poltrone». I militanti grillini sono scatenati su Internet. In tanti lanciano l’accusa di “traditore” a Di Maio.
Sarà un caso ma la scissione del M5S scatta a meno di un anno dalle prossime elezioni politiche del 2023. Certo il nome “Insieme per il futuro” ha una qualche assonanza con “Futuro e libertà”, il partito fondato da Gianfranco Fini nel 2010 dopo la scissione del Pdl guidato da Silvio Berlusconi. Non fu una impresa di successo. “Futuro e libertà” subì un flop pauroso nelle elezioni politiche del 2013.