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Berlinguer e Craxi, due sinistre dissonanti

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Il 2022 coglie due anniversari: i centotrenta anni dalla fondazione del Psi (14 agosto 1892) e i cento anni dalla nascita di Berlinguer (25 maggio 1922). Le due ricorrenze spingono a diverse riflessioni, anche se quella sui 130 anni del Partito socialista non ha ottenuto finora particolare attenzione da parte dei giornali e degli studiosi.

La storia del Pci e Psi è fatta di materiale incandescente, da maneggiare con cura. I due partiti, tra durissime lotte, hanno contribuito a migliorare e democratizzare l’Italia. Però raramente hanno operato d’intesa. Berlinguer e Craxi, in qualche modo, riassumono la vicenda storica degli scontri tra i due partiti fratelli. I due leader furono su fronti opposti come furono strategicamente su posizioni contrapposte il Psi e il Pci: il primo fu fondato a Genova per cambiare il sistema capitalista con una politica rivoluzionaria-riformista basata sulla libertà e l’uguaglianza sociale; il secondo nacque nel 1921 a Livorno, da una scissione contro il riformista Filippo Turati, per realizzare la rivoluzione bolscevica d’Ottobre; per assorbire il “partito fratello” della sinistra.

Enrico Berlinguer aveva un temperamento deciso e chiuso. Bettino Craxi aveva un carattere determinato e irruento. Il segretario comunista ereditò da Togliatti una forza politica molto importante: il più grande Partito comunista dell’Occidente, la seconda forza politica italiana dopo la Dc. Il segretario socialista ricevette da Nenni un Partito socialista debole, quasi in fase di estinzione.

Erano uniti sulla difesa dei più deboli ma divisi sul come realizzare questo obiettivo. Ebbero un solo momento di possibile “contatto politico”: l’incontro nel 1983 alle Frattocchie, la scuola quadri del Pci alle porte di Roma. Andò male. Alla fine arrivò la rottura definitiva proprio sul piano dell’identità politica. Berlinguer ruppe con l’Unione Sovietica ma restò fedele all’”ideale” della sua giovinezza. Considerava «valida la lezione che Lenin ci ha dato». Così formulò il progetto dell’eurocomunismo. Craxi spinse sul pedale dell’autonomia socialista, del riformismo cercando di rappresentare anche i ceti sociali più innovativi, intercettando la domanda di modernizzazione. Anticipò di dieci anni le scelte fatte poi dai socialdemocratici tedeschi e dai laburisti inglesi. E poi in parte nel 2007 con la costruzione del Pd.

Sul piano delle alleanze indicò due possibili strade: «O vera alternativa o vero centrosinistra». Alla fine confermò la scelta dell’intesa con la Dc lasciando cadere l’alternativa di sinistra. Berlinguer non si scaldò più di tanto perché, dopo il fallimento del compromesso storico con la Dc, pensò sempre a un rapporto privilegiato con il partito cattolico. Confezionò la “questione morale” come un surrogato al crack della politica di unità nazionale, un disegno di larghe alleanze di stampo togliattiano.

In definitiva sia Berlinguer sia Craxi consegnarono l’Italia alla antica centralità democristiana. Allo scontro intestino ressero solo le giunte di sinistra nelle città italiane. Il segretario comunista, battendo la strada di una intransigente opposizione di stampo conservatrice, segnò la sua disfatta. La sconfitta nel referendum sul patto anti inflazione fu micidiale come l’incitamento degli operai ai cancelli di Mirafiori ad occupare la Fiat. Il segretario socialista raccolse grandi successi economici ed internazionali come presidente del Consiglio, ma riuscì solo a scalfire l’egemonia della Dc sul governo e quella del Pci sull’opposizione.

Berlinguer ebbe un malore e morì drammaticamente nel 1984 in un comizio elettorale a Padova. Craxi morì tragicamente nel 2000 ad Hammamet in Tunisia, braccato dalla giustizia italiana, dopo una delicata operazione per un tumore. Due morti drammatiche anche se di diverso segno. Berlinguer è sempre stato esaltato per il suo rigore morale, Craxi è stato insultato per i finanziamenti illegali al Psi. Il segretario socialista non nascose la realtà. Nel 1992, in un celebre discorso alla Camera, si assunse la responsabilità politica di quei fondi illegali e invitò i segretari di tutti gli altri partiti, compreso il Pds erede del Pci, a fare altrettanto o a contestarlo. Nessuno fiatò.

La storia è nota. Tangentopoli, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, causò la morte della Prima Repubblica. Da allora cominciò una infinita e confusa transizione politica. Negli ultimi trent’anni è avanzato un tumultuoso degrado politico, economico, sociale e morale dell’Italia. Con l’arrivo di Mario Draghi, il tecnico nominato presidente del Consiglio per la debolezza dei partiti ad affrontare il Covid e la crisi economica, per qualcuno siamo arrivati addirittura alla Quarta Repubblica.

Il duello a sinistra, come ha scritto Paolo Franchi in un suo libro, “Il tramonto dell’avvenire”, si è concluso con la comune rovina dei contendenti. La sinistra nelle sue svariate declinazioni di partiti e partitini si è ridotta all’irrilevanza, a cifre elettorali da prefisso telefonico. Il Pd, la maggiore forza di centro-sinistra, ha ottenuto appena il 19% dei voti alle elezioni politiche e il 22% alle europee. Vanno a gonfie vele, invece, i partiti populisti di destra e rosso-neri. Avanza un possibile partito di Draghi.


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