È iniziata l’ottava edizione del “Festival del Giornalismo”, a Ronchi dei Legionari, organizzata dall’associazione culturale Leali delle Notizie. Quest’anno tra le tante location previste per la manifestazione ci sarà il “palcoscenico” del palatenda allestito accanto all’Auditorium Comunale.
Proprio al palatenda si svolgerà l’ultimo dibattito della giornata del 15 giugno alle ore 21.45, dal titolo “Qatar 2022: un calcio ai diritti umani?” al quale prenderanno parte Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, che porterà un suo saluto, Gianluca Mazzini, vicedirettore Tgcom24 Mediaset, Nicholas McGeehan, direttore FairSquare Research and Projects, Riccardo Noury, Paolo Pobbiati, già presidente di Amnesty International e scrittore e la sottoscritta. Il dibattito sarà introdotto e moderato da Stefano Corradino, direttore Articolo 21.
Mancano solo pochi mesi all’inizio dei Mondiali di calcio del Qatar2022, eppure continuano le denunce per le violazioni dei diritti umani dei lavoratori migranti impegnati nella realizzazione delle strutture che ospiteranno il torneo.
I migranti in Qatar, rappresentano il 70% della popolazione e costituiscono il 95% della forza lavoro. Sono in particolare uomini e donne provenienti principalmente da India, Nepal, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka, costretti spesso a lavorare a temperature che possono sforare i 50 gradi e a condizioni disumane, con paghe molto basse o addirittura inesistenti.
Nell’emirato vige ancora il sistema della kafala, spesso definita come una forma ‘moderna di schiavitù’.
Il sistema kafala (scritto anche “sistema kefala”) è un sistema utilizzato per monitorare i lavoratori migranti, che lavorano principalmente nei settori edilizio e domestico nel Consiglio di cooperazione del Golfo Stati membri e alcuni paesi vicini, vale a dire Bahrain, Kuwait, Libano, Qatar, Oman, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Il sistema richiede che tutti i lavoratori migranti abbiano uno sponsor interno, di solito il loro datore di lavoro, che sia responsabile del loro visto e dello status legale. Questa pratica è stata criticata dalle organizzazioni per i diritti umani per aver creato facili opportunità di sfruttamento dei lavoratori, poiché molti datori di lavoro, sottraggono passaporti e abusano dei loro lavoratori con poche possibilità di ripercussioni legali.
La kafala inoltre, contiene una fusione di gerarchia razziale, etnica e di classe. Sebbene tutti gli stranieri siano sponsorizzati, il termine “lavoratore migrante” è per lo più riservato ai lavoratori neri e asiatici a basso reddito. I lavoratori stranieri a reddito più elevato, spesso definiti “espatriati”, hanno potere di negoziazione sui loro contratti di lavoro, vivono in alloggi confortevoli e possono lasciare il paese con relativa facilità.
Le costruzioni iniziali per la Coppa del Mondo 2022 hanno beneficiato direttamente della manodopera a basso costo del sistema kafala. Quando il Qatar vinse la gara per la Coppa del Mondo nel 2010, durante quei primi anni non vi fu alcuna implementazione di standard di lavoro progressivi. È solo quando organizzazioni come Amnesty International hanno esposto le condizioni di lavoro nei siti della Coppa del Mondo che l’attenzione internazionale si è intensificata. Il lavoro è diventato rapidamente un duplice problema per il Qatar: in primo luogo, molti appaltatori stavano violando le linee guida legali quando si trattava di trattamento dei lavoratori e, in secondo luogo, le linee guida stesse non fornivano ai lavoratori salari e tutele adeguati.
La stessa associazione per i diritti umani Amnesty International ha chiesto alla Fifa la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche, di mettere a disposizione almeno 440 milioni di dollari per risarcire centinaia di migliaia di lavoratori migranti vittime di sfruttamento a partire dal 2010. La somma di 440 milioni di dollari che dovrebbe essere usata per risarcire i lavoratori migranti equivale a quella versata dalla Fifa per l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2022 in Qatar.
A partire dal 2010, centinaia di migliaia di lavoratori migranti hanno subito violazioni dei diritti umani mentre stavano costruendo stadi, alberghi, sistemi di trasporto e altre infrastrutture necessarie per ospitare i mondiali di calcio del 2022 in Qatar.
La stragrande maggioranza di loro ha, per esempio, versato in media 1300 dollari ad agenzie di collocamento illegali. Fino al 2020, nessuno di loro ha potuto liberamente cambiare lavoro o lasciare il paese.
“Dati i precedenti del Qatar per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, la Fifa sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che affidando a questo stato i mondiali di calcio, i lavoratori avrebbero corso dei rischi. Ciò nonostante, quando venne esaminata la candidatura del Qatar, non ci fu alcun riferimento a ciò e non vennero poste condizioni circa la protezione dei lavoratori. Da allora, la Fifa ha fatto ben poco per prevenire o mitigare tali rischi”, ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.
“Chiudendo un occhio di fronte a violazioni dei diritti umani del tutto prevedibili e non contrastandole, la Fifa ha indubbiamente contribuito al massiccio sfruttamento dei lavoratori migranti impiegati nei progetti relativi ai mondiali di calcio, non solo agli stadi e agli alberghi ufficiali”, ha aggiunto Callamard.
Dal 2018, le autorità del Qatar hanno dato vita a una serie di importanti riforme per migliorare la situazione dei diritti umani dei lavoratori, ma la loro mancanza di attuazione ha fatto sì che le violazioni proseguissero.
Le autorità del Qatar ad esempio hanno in primo luogo abolito la clausola detta “No Objection Certificate” (Noc) – che costringeva i dipendenti a ottenere il consenso dei loro datori di lavoro per cambiare occupazione – e introdotto in secondo luogo un salario minimo per tutti i tipi di lavoratori, indipendentemente dal settore di attività e dalla nazionalità. Inoltre, non solo i nuovi emendamenti rappresentano un’innovazione sostanziale nell’architettura del lavoro del Qatar, ma costituiscono anche un significativo successo a livello regionale. Infatti, da un lato il Qatar è il primo paese del Golfo ad aver rimosso la clausola Noc e, dall’altro, è il secondo paese – dopo il Kuwait – a stabilire un salario minimo per i lavoratori migranti.
Secondo le autorità l’emirato del Qatar, ha fatto più di qualsiasi altro paese della regione. Eppure queste riforme non sono sufficienti a garantire un reale miglioramento delle condizioni dei lavoratori migranti.
Riforme che sono arrivate troppo tardi e che non hanno evitato i numerosi decessi registrati nel corso di questo ultimo decennio.
I luoghi da sogno, lo stadio, le strade, gli hotel e tutte le altre meravigliose infrastrutture che si presenteranno agli occhi dei calciatori e dei tifosi in Qatar, sarà bene non dimenticarlo, sono stati realizzati anche attraverso la morte di un numero considerevole di lavoratori migranti.