Se ancora qualcuno dubitava del fatto che stiamo vivendo un brutale ritorno indietro della storia e una regressione socioculturale dell’umanità spero che ora non abbia più dubbi. La sentenza sulla cancellazione della legge sull’aborto negli Stai Uniti è la pietra tombale posta sopra i diritti che i cittadini soprattutto del mondo occidentale, donne, uomini, associazioni, istituzioni, avevano faticosamente conquistato fra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70.
Sappiamo da quasi due decenni di vivere in una fase di decrescita della civiltà in contrapposizione alla crescita tecnologica e scientifica e tutto ciò continua ad apparirci paradossale per la difficoltà di comprendere come all’evoluzione da una parte faccia da contraltare l’indebolimento della società, della classe media, dell’istruzione, dei valori fondanti delle democrazie.
I diritti acquisiti dalla società ci sono sembrati ormai inattacabili, soprattutto alle generazioni nate dopo la seconda guerra mondiale: i diritti della parità femminile, i diritti come il divorzio e l’aborto, sui quali l’Italia si è pronunciata con importantissimi referendum, il diritto alla cura della salute per tutti, il diritto all’istruzione per tutti, il diritto alla libertà di informare e di essere informati.
La definizione di “diritti acquisiti” l’abbiamo creata noi. Dimentichi del più grande insegnamento di cui dispone l’umanità, la storia. Dovevamo capirlo all’inizio degli anni 2000, dovevamo rileggere Machiavelli e Vico. Machiavelli teorizzava un tipo particolare di ciclicità: quello che va dalla rovina alla grandezza, all’ozio, alla debolezza, per poi tornare di nuovo alla rovina; quello che va dall’ordine al disordine per poi tornare all’ordine, dal bene al male e dal male al bene. E la storia, come ben sappiamo, in una celebre formulazione di Vico, è una sequenza di corsi e ricorsi, di periodi “alti” e periodi “bassi”.
Trovarsi ora di fronte al fatto che probabilmente 40 milioni di donne americane dovranno girare stato per stato per riuscire ad abortire, compiere qualcosa di incredibilmente doloroso per ciascuna di loro ma che esse ritengono necessario per la loro sopravvivenza, è come tornare indietro di oltre un secolo, di decenni, rivedere immagini in bianco e nero, risentir parlare di “mammane”, come le chiamiamo da noi, certamente non scomparse, ma almeno molto molto ridotte in numero e quindi in danni per la salute delle donne.
Lo stato della legge confermata dal referendum del 1981 non è affatto buona in Italia, ma è una legge e per cambiarla ci vorrà comunque un’altra legge.
E qui non dobbiamo commettere l’ennesimo errore: non illudiamoci, se la destra governerà cambierà queste leggi a colpi di maggioranza. Siamo incredibilmente tiepidi, ben educati, quasi timidi nei confronti di esempi eclatanti e dichiarati: il discorso della Meloni a Vox in Andalusia non è una fake, le battaglie di Pillon sono cose di tutti i giorni, liquidati con sarcasmo e ironia per evitare polemiche. Non è così. Noi dovremo combattere, ma non dopo, prima. Ora. Stamattina. Se non capiamo adesso il rischio che il paese corre con possibili personaggi al governo vuol dire che siamo incoscienti o consenzienti. Un nuovo fascismo, con tutte le caratteristiche diverse, è forte fra noi: da cosa deriva la sentenza anti aborto se non dalle scelte di Trump sulla corte suprema? E quanto abbiamo sbeffeggiato Trump sicuri che non sarebbe diventato presidente, così come abbiamo voluto non ascoltare Putin che ci diceva, lo diceva chiaramente, che voleva ricostruire l’impero russo? Così non andremo da nessuna parte. Ma ora possiamo sperare in una carta vincente: la rivolta delle donne! Noi donne dobbiamo organizzarci e farci sentire ogni giorno in ogni parte del mondo. Quando muoiono i diritti muoiono prima le donne, non dimentichiamocelo.