Su Rai Play e Rai 5 lo spettacolo di Malosti penalizzato dalla pandemia
Il perfetto “misantropo” –pensiamo-non deve necessariamente essere un individuo scontroso, scostante: figurarsi lo standard “2 punto 0” del terzo millennio. Al quale basta e avanza l’avversione (autocratica) , il piacere di schifare chiunque non sia disposto a “dirgli sempre di si” (come ben sapeva Eduardo).
Al dunque: quale “offesa ancestrale” deve riscattare l’Alceste di Malosti? Quale indicibile mortificazione del passato? Non è dato sapere cosa e perché il suo sentimento di ‘moralità’ si sia fatto così integralista, irritante, popolato da “opportunisti svenduti all’ipocrisia”. Serve una folata di aggettivi (pure troppi) per rendere l’idea di questo “Misantropo” concepito come se fosse Stoppard e non Molère. Fremente, insofferente, furibondo, presuntuoso. E soprattutto congestionato, nevroticissimo: in modo ossessivo, sdegnato ‘per atteggiamento’, terrorizzato dal tradimento di amante ed amici. Con posture, cadenze, esausti vittimismi ‘bramosamente pop’. In rigorosi abiti contemporanei e al centro di una pedana da ‘folle’ balera in cui si avvicendano ‘acchittati’ personaggi da ring televisivo, da visibilio per le rubriche di Maria De Filippi o Barbara D’ Urso.
Nessuna concessione al trash- tuttavia- in questa bizzarra e destrutturata versione, su cui il regista imprime ed intarsia tutti i vezzi e malvezzi dell’eterno incompreso, del moralista\egoista\narcisista esibito a vessillo di vita: onde rendere impossibile, sostanzialmente infelice, la propria e quella degli altri.
La perniciosità (patologica) del (sado)masochismo, elevato ad integralismo, a paradigma di vita è quindi la disarmante chiave una lettura molièriana fuori-ordinanza- ma non arbitraria: qui concepita quale antefatto di una “dannazione dell’anima” la quale, e con giusta intuizione, avrà per epilogo una sorta di dialogo post mortem fra il Don Giovanni (di Molière, ovviamente) e la sua bella Elvira, musa sacrificale e bistrattata.
Assecondando il copione originario, ma comprimendolo per essenzialità e basilari dinamiche, lo spettacolo si concentra sul rapporto fra Alceste e Cèlimene, ad erotica “summa” di una rivalità uomo-donna che, mediante Strindberg, giungerà ad essere teorizzata quale paradigma di incompatibilità non reversibili. Atteggiamento di sprezzo e disprezzo riservato anche all’amico Filinte, quando – sul filo dell’odiato ‘buon senso’- oserà consigliare ad Alceste meno pedanteria ed un minimo di tolleranza verso le umane ‘debolezze’.
Nodi scorsoi che non vi avranno scioglimento, conferendo alla messinscena un andamento da balletto meccanico indiavolato e surriscaldato (contenuto però nella durata di ’90 minuti).
Sappiamo già che al Molosti regista piace procedere per spiazzamenti e minime vertigini (dello spettatore), per virate e slittamenti repentini, da cui a tratti sfugge il baricentro. Quindi sul filo di un rasoio che, specie nell’edizione televisiva (a risarcimento di una interrotta tournée), basato sulla prevalenza dei primi piani e della cine-camera ‘a spalla’ (lezione di Von Trier?), riesce a farsi cifra espressiva perentoria ma, tutto sommato, vivacemente ritmata, divertente, irriverente.
Alla quale non viene poi sottratto lo spazio della sopraggiunta serietà, del “farsi pensosa” proprio quando il turbinio (un po’ burattinesco) di protagonisti e comprimari (con Anna Della Rosa, Sara Bertelà, Edoardo Ribatto in ottima performance) tende ad esibirsi quale ripetitivo meccanismo ad orologeria.
Anse e digressioni di malinconia, solitudine,’ misogamia’ sofferente donde Malosti ha modo di emergere anche come interprete bizzoso, frenetico, di condivisa contemporaneità.
Un solo difetto: ritenere ironico, umoristico quell’incipit (e conclusione) indossando la carnevalesca “maschera della scimmia” antigas estrapolata da una stramba fiction di Samantha Lang del 1999. Vorrebbe essere un “attenti alla regressione”, ma scade nel goliardismo.
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“Molière\Il Misantropo”
versione italiana e adattamento Fabrizio Sinisi e Valter Malosti
uno spettacolo di Valter Malosti. Emissione Ra5 e Rai Play
con Valter Malosti, Anna Della Rosa, Sara Bertelà, Edoardo Ribatto, Paolo Giangrasso,Roberta Lanave, Matteo Baiardi, Marcello Spinetta
costumi Grazia Materia scene Gregorio Zurla luci Francesco Dell’Elba cura del movimento Alessio Maria Romano
Produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Carcano Centro D’Arte Contemporanea, LuganoInScena,