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Se vogliamo un mondo libero dobbiamo liberare Julian Assange!

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Gli uomini capaci e generosi non creano vittime, si prendono cura di loro”. Con questa frase, tratta da un TEDx del 2010, ho conosciuto Julian Assange, a cui ho dedicato Anything to say?, una scultura itinerante che ha sostato nelle piazze delle principali capitali europee, iniziando il suo viaggio il 1° Maggio 2015 da Berlino. E’ un inno alla libertà d’informazione e in sostegno di chi ha avuto il coraggio di rivelare al mondo verità scomode, scardinando le regole del sistema di controllo che governa le vite di tutti. L’opera è un invito ad alzarsi in piedi dove la massa si siede.

Nel 2014 ho incontrato Assange a Londra nell’ambasciata dell’Ecuador e lì ho compreso la frase che ho citato all’inizio.

Assange è un visionario e per questo è odiato.
Ha immaginato un mondo diverso da come ci è stato presentato.
Ha immaginato un mondo in cui i cittadini potessero essere informati sull’operato dei governi con trasparenza.
Ha immaginato e creato, attraverso WikiLeaks, un modo diverso di fare giornalismo.

Qualcuno ha detto che se il giornalismo si misura con gli effetti prodotti dalle indagini, rivelazioni, non c’è alcun dubbio che Julian Assange sia il più grande giornalista di tutti i tempi.

Siamo agli sgoccioli e un’ondata di persone da tutto il mondo si è accorta improvvisamente che la storia di Julian Assange riguarda tutti noi e che non possiamo rimanere neutrali.

Manifestazioni, petizioni, simboli e slogan in suo favore appaiono nelle città reali e quelle virtuali dei social, perché, dal 18 maggio 2022, la ministra degli interni britannica Priti Patel potrà firmare l’estradizione per gli Stati Uniti del giornalista australiano in qualsiasi momento.

E anche a Roma, qualche giorno fa, centinaia di persone si sono riunite di fianco allAmbasciata inglese per manifestare il loro sostegno ad Assange.

L’evento è stato organizzato da Amnesty International Italia insieme ad Articolo21 e giornalisti come Beppe Giulietti, Vincenzo Vita e Stefania Maurizi, che segue dall’inizio questa incredibile storia. Molti gli interventi tra parlamentari, attivisti e rappresentati della libera informazione. Purtroppo, in questi anni, tutti coloro che hanno provato a far crescere il senso critico nell’opinione pubblica hanno fallito, ma è necessario continuare a sostenere Julian trovando un modo differente per arrivare a coinvolgere le persone, perché questa storia si è ormai rivelata per quello che è: una persecuzione politica delle più atroci.

Dobbiamo fare e dire cose che siano come ponti, che uniscano i confini dell’animo umano e non cadere nella trappola del far finta di niente. Dobbiamo prendere posizione, essere informati sempre, perché la storia di Assange è la nostra storia.

Le pratiche artistiche in questo senso possono aiutarci a farlo, poiché hanno la capacità di darci una lettura differente della nostra contemporaneità e di guardare il mondo con occhi nuovi. L’Arte misura la temperatura della civiltà cosi come il giornalismo è il termometro della democrazia. Ma l’Arte, a differenza dell’informazione, è davvero l’ultimo territorio per la riflessione, l’espressione individuale e la libertà.

Se vogliamo un mondo libero dobbiamo liberare Julian Assange!

Davide Dormino

Artista visivo insegna scultura e disegno ala Rome University of Fine Arts.

Ha realizzato opere ambientali permanenti in Italia e all’estero, come “a Breath” (2011) ad un anno dalla catastrofe del terremoto di Haiti per incarico delle Nazione Unite che è istallata permanente nel North Lawn of the United Nations a New York.

Per Anything to say? ha ricevuto dall’organizzazione francese AntiCor il Prix éthique 2016.


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