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L’uomo col cappotto cammello e la cartolina macchiata delle dune di Sabaudia

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Sostava con il cappotto cammello e il largo collo di astrakan davanti al bar nella centrale piazza del Comune, a destra  della torre e degli uffici. A Sabaudia era riuscito a mettere in lista e poi a fare eleggere in consiglio, con Maurizio Lucci sindaco, sua figlia Rosa. Una brunetta scelta da centinaia di persone per rappresentare gli interessi della famosa “città delle dune”. La località pontina, patria della bonifica e della architettura razionalista resa famosa da Pasolini, Moravia e  Maraini ma – circa duemila anni prima- dall’Imperatore Domiziano che ha lasciato sepolta, con una estensione di circa 30 ettari,  la sua dimora. Un patrimonio da cartolina si direbbe e lo sarebbe se non ci fosse la storia parallela. Quella che vede circa dieci anni fa Salvatore Di Maio, un ex carabiniere diventare centrale nella vita politica e amministrativa di Sabaudia: l’uomo con il cappotto cammello in piedi sempre davanti al bar. Un uomo noto non solo per essere entrato nel cuore della amministrazione con sua figlia ma per essere il titolare di decine di immobili e attività produttive gestite sia come proprietario che come affittuario di beni regionali. Compreso un ristorante con divanetti panterati collocato alla sommità di un edificio proprio in faccia al Comune: il salotto buono della politica e della imprenditoria locale. Poi accade qualcosa: la cartolina bella si  schizza del fango di macchine incendiate sul lungomare, sequestri nel lago di Paola per migliaia di barche ormeggiate abusivamente, una distesa di cornacchie morte collocate al passaggio dell’auto di Roberto Saviano. Lui è sempre lì, davanti al bar fino a quando con un maxi sequestro di beni, circa dieci anni fa, Sabaudia assurge a seconda città del Lazio per beni sequestrati alle mafie. Case e terreni in larga parte posseduti dall’ex appartenente alle Forze dell’Ordine arrivato a Sabaudia da Castello di Cisterna e accusato nel tempo di una serie infinita di reati  con un legame neanche tanto nascosto con il clan Cava di Quindici in provincia di Avellino. Poi silenzio e ritorna la cartolina. Coppa del Mondo di canottaggio, denaro per piste ciclabili e molte  altre promesse fino a quando due mesi fa salta tutto per l’indagine Dune sulle concessioni balneari e gli appalti per le gare.  Sabaudia mostra nuovamente il suo volto. Quello per cui noi giornalisti veniamo messi all’indice per  la nostra “insana” volontà di allontanare i turisti con le “brutte notizie”. Salvatore di Maio sparisce. In questi anni dicono che è ormai andato verso Terracina e a Sabaudia il 12 giugno si vota. La storia vecchia e la brutta cartolina  sono nel cassetto, fino a poche ore fa quando la Polizia di Stato arresta il signore col cappotto di cammello per turbativa degli incanti e intestazione fittizia dei beni. Gli si contesta di aver avanzato pretese economiche per lasciare un immobile occupato abusivamente che era stato aggiudicato ad una commerciante nell’asta indetta da Invimit, la società incaricata dalla Regione di dismissioni patrimoniali. La squadra mobile di Latina ha lavorato per due anni al caso e ora la svolta. Che rassicura sull’intervento della giustizia ma che riporta indietro le lancette dell’orologio di quasi dieci anni. La città delle dune raccontata sui giornali di tutto il mondo per il suo mare e la montagna di Circe nasconde dietro  quella immagine da cartolina un inferno fatto non solo di braccianti sfruttati ma di un abusivismo edilizio dilagante, di una lobby di   balneari che in almeno un caso ha ottenuto concessioni con atti falsi, con scarichi fognari incontrollati, voglia di megaprogetti per porti turistici in aree protette. Sabaudia non è la sola città che, come Giano bifronte, ha due volti, uno pulito, ecologico, accogliente, l’altro indicibile. E guai a chi vorrebbe svelarlo. L’abusivismo edilizio, come il riciclaggio di denaro e il crescente interesse per le aste fallimentari fanno di quel territorio un luogo molto pericoloso e ben diverso da ciò che si accredita sui depliant turistici, anzi sono proprio questi risvolti carichi di violenza economica che uccidono il turismo, forse per sempre.  Mentre Salvatore Di Maio veniva arrestato dalla polizia, a pochi chilometri di distanza, a Terracina, veniva sequestrato un complesso di due palazzine del valore di 16 milioni di euro, per violazione delle norme edilizie realizzato da una srl con capitale sociale di 30mila euro. Sappiamo che a Sperlonga, appena un po’ più giù, un’intera porzione di città è stata realizzata con un piano integrato per il quale si contesta la lottizzazione abusiva e che ora rischia la prescrizione. Chi vuole davvero salvare la costa pontina? E chi la vuole distruggere? Vince la cartolina. Nonostante le inchieste, le denunce, le sparatorie: il silenzio fa bene alle mafie e ancora meglio se ci sono  fake news. I giornalisti  pochi, le voci libere pochissime. La memoria di quella eloquente relazione del 1991 della Commissione Antimafia- una sorta di manuale di come eradicare la criminalità organizzata- sbiadita. Ma le ultime operazioni della Questura di Latina fanno sperare che il verminaio pontino venga finalmente ” bonificato”. Un territorio sanato dalla malaria non può morire di mafia. Della mafia dei colletti bianchi.


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