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Il 5G e i suoi effetti collaterali. Il caso di Telejato

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La roboante tecnologia del 5G, vale a dire la generazione della telefonia in grado di trasportare la banda ultralarga (si dice), sta occupando le frequenze storicamente utilizzate dalle emittenti locali. Queste ultime, in verità, sono uno dei tratti peculiari della storia dei media italiani. Nacquero grazie alla sentenza della Corte costituzionale del luglio del 1976, che liberalizzò l’etere -ancora monopolizzato dalla Rai- proprio in ambito locale. Nacquero molteplici esperienze, divenute spesso luoghi di aggregazione e non solo stazioni di diffusione del segnale. Purtroppo, dopo l’enfasi iniziale, sul sistema cadde a cavallo tra gli anni settanta e ottanta la spada berlusconiana con la sua periferia subalterna.

Tuttavia, lo spirito locale, in un paese del resto costituito da comuni e borghi, riuscì a resistere tra alti e bassi.

La svolta cruciale arrivò con le disposizioni contenute nella legge 205 del 2017, in cui si prevede la dismissione di una significativa quota dello spettro per cedere il passo alle nuove tecniche della telefonia di generazione avanzata. La nostra rubrica ha già affrontato tale vicenda, descrivendone gli effetti negativi potenziali.

Eccoci. Numerosi soggetti stanno abbandonando il settore e tra di loro vi sono anche casi carichi di storia e di simboli.

Un esempio è quello di Telejato, televisione storica di Partinico in Sicilia. Nata nel 1989, fu rilavata nel 1999 da Pino Maniaci con l’associazione culturale Marconi. Proprio lo scorso 3 maggio è stata annunciata la chiusura delle trasmissioni via etere, con la mera continuazione attraverso il Web( non è la stessa cosa). Il nome della stazione è risuonato tantissime volte, soprattutto nelle lotte e nei movimenti antimafia. Anzi, direTelejato (ne parlava con stima il compianto Emanuele Macaluso) è sempre significato evocare le iniziative coraggiose contro la criminalità organizzata.

Telegiornali non stop, quasi a sfidare le dirette di Enrico Mentana, hanno sempre segnato un’azione editoriale economicamente poverissima -esperienza onlus e appartenente alla categoria comunitaria- ma ricchissima di idee e di relazioni. A conduzione semi-familiare (la giovane figlia Maniaci ha vinto diversi premi), da lì passavano collaboratori significativi e intrecci con varie testate nazionali. Per fare una citazione: Salvo Vitale, già conduttore di Radio Aut. Proprio lo scorso 9 maggio, giornata dedicata alle vittime del terrorismo a cominciare da Aldo Moro, veniva ucciso dalla mafia Peppino Impastato, fondatore di quella straordinaria avventura.

Sulla storia di Pino Maniaci ci si può documentare, volendo, guardando una specifica serie di Netflix (Vendetta, guerra nell’antimafia).

Insomma, la bella parabola dell’emittenza locale lascia il passo alla telefonia invadente e forse perigliosa del 5G, sul cui altare si vorrebbero pesino sacrificare i limiti imposti dalla disciplina sull’inquinamento elettromagnetico. Agguati sempre sotto le ceneri, mai accantonati dal partito unico della telefonia.

A rimetterci è l’album prelibato delle radio e delle televisioni, popolato da protagonisti talvolta travolti dalla loro stessa utopia. E la burocrazia amministrativa non sopporta sogni ed idealismi. Tradotto: Telejato, se intendesse riprendere a trasmettere sulle frequenze, dovrebbe pagare un cospicuo canone annuale alla struttura più grande della Sicilia in grado di ospitarla perché detentrice delle risorse tecniche riassegnate sulla scorta della citata legge.

Ci sono pochissimi giorni per un ripensamento da parte del ministero dello sviluppo e dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La transizione sta per finire.

Le emittenti locali prive di finalità di lucro e connotate dalla qualità dell’informazione meriterebbero di essere salvaguardate. Come sappiamo, il diritto non è uguale per tutti: tra le grandi e una piccola tenace espressione glocalc’è di mezzo l’oceano.

A battersi contro la mafia si rischia la vita, com’è noto. Chiudere la porta a chi è ogni giorno sul campo in nome di opinabili regole stabilite a tavolino è come violare la legalità sostanziale.


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