ROMA – Al MAXXI, nell’affollata conferenza stampa dell’anteprima della mostra “Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere”, il 92enne maestro della fotografia mette le mani avanti, afferma che lui sa fotografare ma meno parlare, eppure quando una giornalista gli chiede cosa pensa del digitale dice la sua con voce squillante: “Una volta nella pubblicità di una macchina fotografica ho letto queste parole: ‘Scatta non pensare’. Io credo sia il contrario di quello che un buon fotografo dovrebbe fare, ovvero prima pensare e poi scattare. Il digitale purtroppo ha cambiato questa mentalità. Un vantaggio del digitale è sicuramente la velocità, ma per fotografare bene bisogna applicarsi. Non parliamo del photoshop che cambia la realtà, quelle photoshoppate sono immagini, non fotografie. Il mio Dio è la pellicola – conclude Berengo Gardin – qualora rinascessi fotografo in una seconda vita, comunque userei il digitale”.
“Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere” è la mostra che si può vedere al MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, dal 4 maggio al 18 settembre 2022. Il titolo riprende quello del celebre libro del 1970 curato da Cesare Colombo, “L’occhio come mestiere”, antologia fotografica che testimoniava l’importanza dello sguardo, del metodo e delle capacità di narrare il suo tempo di Berengo Gardin, che di Cesare Colombo, scomparso nel 2016, era anche molto amico. La mostra, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, è prodotta dal MAXXI in collaborazione con Contrasto.
Nato nel 1930 a Santa Margherita Ligure, ma innamorato di Venezia, sua città d’elezione e luogo in cui si forma come fotografo, Gianni Berengo Gardin ci accoglie con scatti su Venezia che attraggono per la loro profondità: narrano storie di vita oltre il momento fissato per l’eternità. Dalle prime fotografie negli anni Cinquanta di una Venezia poetica, si passa alla contestazione della Biennale del 1968 fino al celebre progetto dedicato alle Grandi Navi del 2013. Da Venezia alla Milano industriale, delle lotte operaie e degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas, Dario Fo), all’attraversamento dell’Italia fino alla Sicilia, colta nelle trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi. Poi i reportage dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto Olivetti, dove Berengo Gardin si crea una coscienza sociale che riesce a trasmettere nel suo lavoro.
E ancora le foto degli ospedali psichiatrici pubblicati nel 1968 nel volume Morire di classe, realizzato insieme a Carla Cerati: immagini di denuncia che documentavano per la prima volta le condizioni all’interno di diversi istituti in tutta Italia. Curato da Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia, il libro ha contribuito in modo determinante alla costituzione del movimento d’opinione che ha condotto nel 1978 all’approvazione della legge 180 per la chiusura dei manicomi.
Poi i popoli e la cultura Rom, di cui Berengo Gardin ha fotografato i momenti intimi e quelli corali come le feste e le cerimonie; L’Aquila colpita dal terremoto; i cantieri, tra cui anche quello del MAXXI, che Berengo Gardin ha fotografato nel 2007; i ritratti di figure chiave della cultura contemporanea Dino Buzzati, Peggy Guggenheim, Luigi Nono, Mario Soldati. Completano il percorso una parete dedicata al suo studio di Milano e un’altra dedicata ai libri, destinazione principale e prediletta del suo lavoro, una sorta di gigantesca libreria che ripercorre le oltre 250 pubblicazioni realizzate nel corso della sua lunga carriera.
VADEMECUM
MAXXI Museo nazionale delle Arti del XXI secolo – ROMA
dal 4 maggio al 18 settembre 2022
“L’occhio come mestiere” personale di Gianni Berengo Gardin
Orari Museo
lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
sabato e domenica 10 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo