Oltre alle armi c’è di tutto. C’è una durissima guerra ibrida in Ucraina dall’invasione russa del 24 febbraio. Ci sono i missili, le cannonate, i carri armati, le raffiche di mitra. Ci sono le bombe sugli obiettivi militari ma anche sulle città: Mariupol e Kharkiv sono ridotte in macerie.
C’è la guerra ibrida del grano. L’Ucraina, una delle maggiori esportatrici di cereali del mondo, non può più far partire le navi cariche di grano per il blocco realizzato dall’esercito russo nel Mar Nero. Annalena Baerbock accusa Mosca: «La Russia ha intenzionalmente scatenato una guerra del grano». La ministra degli Esteri tedesca sottolinea: «Le consegne non sono possibili e i prezzi stanno salendo, con il rischio di carestia». Kiev e Washington, inoltre, hanno accusato Mosca di essersi impossessata di 400.000 tonnellate di cereali nelle zone ucraine occupate dal suo esercito.
Germania, Francia, Italia la pensano nello stesso modo. Non a caso il cancelliere tedesco Scholz, il presidente francese Macron e il presidente del Consiglio Draghi hanno chiesto a Putin di permettere le esportazioni di grano ucraino. Un cessate il fuoco, chiesto dai tre leader europei, dovrebbe consentire gli approvvigionamenti soprattutto ai paesi più poveri e far calare i prezzi schizzati in alto. Non solo. Il dialogo sul pane potrebbe aprire la strada a un generale cessate il fuoco e a delle trattative per arrivare alla pace. Il vice ministro degli Esteri russo Andrey Rudenko apre al dialogo: Mosca è disponibile a “un corridoio umanitario” per le navi che trasportano prodotti alimentari fuori dall’Ucraina.
Kiev cerca di esportare i cereali via treno, arrivando nei porti baltici della Lituania. Ma l’operazione è difficile. La commissaria europea Ursula von der Leyen è allarmata: l’esercito russo confisca i cereali ucraini nelle zone occupate o bombarda «i depositi di grano in tutta l’Ucraina deliberatamente».
La guerra ibrida è scoppiata anche sul gas e il petrolio, rincarati a livelli vertiginosi dopo l’invasione dell’Ucraina. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, tra le sanzioni decise contro Putin hanno messo anche l’embargo del gas e del petrolio russo. L’Unione europea, tra non poche difficoltà e contrasti interni (molti paesi sono fortemente dipendenti dal metano e dal greggio di Mosca) potrebbero seguire la stessa strada. Il Cremlino ha replicato bloccando le consegne di gas a Polonia e Bulgaria e tagliando la vendita di elettricità alla Finlandia.
La guerra ibrida si è allargata anche all’informatica. Gli hacker pro russi hanno attaccato importanti siti Internet di istituzioni e di aziende italiane e occidentali, altri pirati informatici pro ucraini hanno invece colpito piattaforme digitali di Mosca. In questi casi le conseguenze possono essere micidiali se vengono paralizzati i siti degli ospedali o dei ministeri, in testa quelli della Difesa.
Poi c’è la guerra ibrida della propaganda. La disinformazione è un’arma potente. Sui giornali, sulle televisioni e su Internet vengono veicolate, dall’una e dall’altra parte, notizie parzialmente o del tutto false. Informazioni verosimili, distorte, stravolte sono catapultate sia nel fronte interno (i propri cittadini) sia nel fronte esterno (gli abitanti dei paesi nemici). Ma questo è un fenomeno antico, già tristemente sperimentato nella Seconda guerra mondiale. Allora, però, gli strumenti per la propaganda erano minori e meno pervasivi: c’erano solo i giornali e la radio.