I missili russi continuano a bersagliare le truppe e le città ucraine ma un cessate il fuoco potrebbe spuntare improvvisamente. Macron e Scholz sostengono la necessità di combattere l’aggressione di Mosca, di fornire armi a Kiev ma usano un linguaggio dialogante verso Putin al contrario di Biden.
Il presidente della Repubblica francese insiste sulla necessità di una ripresa dei negoziati di pace tra Russia e Ucraina. Il 9 maggio, il giorno della Festa dell’Europa, chiosa: «La pace non si costruirà sull’umiliazione della Russia». Emmanuel Macron telefona a Xi Jinping, grande alleato di Putin. Commenta: con il presidente della Repubblica Popolare Cinese c’è convergenza «sull’urgenza di arrivare a un cessate il fuoco». Convergono anche sull’esigenza di rispettare l’integrità e la sovranità dell’Ucraina.
Olaf Scholz ha deciso il riarmo tedesco prevedendo ben 100 miliardi di euro per la difesa, ma spinge per il dialogo. Lo fa ricordando l’8 maggio, l’anniversario della sconfitta del nazismo nel 1945. Il cancelliere tedesco in un discorso televisivo alla nazione assicura: «Non prenderemo alcune decisione che porti la Nato in guerra». Sostiene: mai una guerra nucleare.
Macron e Scholz sembrano muoversi in sintonia. I due maggiori paesi dell’Unione Europea cercano di riattivare le trattative. È un linguaggio diverso da quello oltranzista di Joe Biden e di Boris Johnson. L’amministrazione statunitense punta a una Grande Nato, a «una Russia indebolita», crede che «l’Ucraina possa vincere se avrà l’equipaggiamento giusto».
Putin il 9 maggio, ricordando la vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista, non ha risparmiato critiche agli Stati Uniti e alla Nato. Il presidente russo, però, è prudente. Non ha adombrato un conflitto atomico come in passato, non ha deciso la guerra totale come ipotizzato da qualche giornale. Non ha alzato i toni dello scontro: «L’orrore di una guerra globale non si deve ripetere». Forse peseranno anche le pesanti perdite subite dall’esercito russo, la coraggiosa resistenza delle truppe e del popolo ucraino, ma lo “zar” non ha compiuto un altro passo verso l’abisso.
Qualcosa sembra muoversi sottotraccia per un cessate il fuoco. Del resto lo stesso Zelensky ha insistito sulla necessità di un negoziato. Il presidente ucraino qualche giorno fa ha commentato: Kiev sarebbe disposta ad accettare un compromesso di pace con Mosca se le truppe russe si ritirassero «sulle posizioni del 23 febbraio», cioè il giorno precedente all’invasione del Cremlino scattata il 24 febbraio. E prima del 24 febbraio Putin controllava dal 2014 la Crimea mentre due repubbliche secessioniste filo russe amministravano sempre da 8 anni una parte del Donbass.
Mario Draghi invece rafforza l’alleanza con gli Stati Uniti: «Putin ha pensato di poterci dividere», ma ha «fallito». Il presidente del Consiglio nell’incontro alla Casa Bianca con Joe Biden sostiene la necessità di far finire «questa macelleria» in Ucraina e arrivare alla pace con «negoziati credibili». Secondo il presidente americano «la cooperazione dell’Italia è fondamentale».
La guerra però, intanto continua. Le bombe russe piovono su Odessa, la più importante città portuale dell’Ucraina non espugnata da Putin.