Carlo Smuraglia se n’è andato decorosamente, proprio come aveva vissuto. Un decoro che significa forza, fedeltà ai valori democratici, serietà. Merce rara di questi tempi.
Di Smuraglia si ricorda spesso l’ultimo periodo della sua vita, la presidenza dell’ANPI, i suoi discorsi in cui srotolava sapientemente il filo rosso che lega la Resistenza alla Costituzione, la lotta per la libertà e le battaglie che ancora servono per affermare i diritti scritti su quella Carta ma non ancora raggiunti. Certo si ricorda anche la critica – rivolta con schiettezza e onestà – alla posizione ufficiale dell’ANPI sulla guerra in Ucraina: lui le armi agli ucraini le avrebbe mandate, eccome…
Ma Carlo Smuraglia è stato molto di più. E’ stato un avvocato di altissimo valore, sempre dalla parte dei lavoratori e delle vittime dell’ingiustizia, in questo affiancato sempre dalla moglie, Enrica Domeneghetti, anche lei avvocata. E’ Smuraglia, ad esempio, a rappresentare Licia, la vedova di Pino Pinelli, nel processo contro il commissario Calabresi e i funzionari presenti nella stanza della Questura di Milano da cui volò giù – come raccontava con tragica ironia Dario Fo – il ferroviere anarchico accusato ingiustamente della strage di Piazza Fontana.
Il nome di Carlo Smuraglia è tra i 10 del Consiglio Superiore della Magistratura che il 19 gennaio 1988 vota a favore di Giovanni Falcone come sostituto di Antonino Caponnetto a capo della Procura di Palermo. Ma quelli che vogliono la fine del pool antimafia sono di più, in 14 votano per Antonino Meli.
C’è una legge che porta il nome di Smuraglia: prevede sgravi fiscali per le imprese che assumono detenuti.
E potremo continuare a lungo a citare piccole e grandi conquiste, piccole e grandi battaglie in cui il nome di Carlo Smuraglia era sempre dalla parte giusta. Resta il tempo solo per un ricordo personale. Non so quanti sanno che a Milano il 14 luglio del 1945 si tenne una sfilata musicale lungo tutta la città (oggi lo definiremmo un rave) per festeggiare la vittoria sul nazi-fascismo. L’idea venne a due personaggi del calibro di Giorgio Strehler e Paolo Grassi che si procurarono bande musicali, dromedari e attori. Ricordo la telefonata a Carlo Smuraglia: «che ne dici se l’ANPI lanciasse l’idea di festeggiare il Settantesimo della Liberazione ballando?». Silenzio. Dopo qualche secondo un freddo: «devo porre la questione alla Presidenza». Il giorno della conferenza stampa di questa iniziativa (“25 aprile: liberi anche di ballare”) Carlo Smuraglia disse: «quando me l’hanno proposto pensavo fosse dissacrante, ma poi mi sono ricordato di come ho vissuto quei giorni: la Resistenza è stata anche gioia».