Cara Ilaria questo 24 maggio, il tuo 61esimo compleanno è per la quarta volta senza Luciana e senza Giorgio. E anche senza giustizia. Ma abbiamo costruito quasi tutti i puzzle che condurranno a tutta la verità di quanto è successo quel tragico 20 marzo 1994 a Mogadiscio, prima e anche dopo in questi 28 anni.
Mentre scriviamo la tua Somalia non è ancora in pace: è pervasa anche dal terrorismo islamico e, come sapevi raccontare tu, è sempre la popolazione civile, in particolare donne e bambini, a pagarne le conseguenze: fame malattie violenze morte. Altre guerre ci sono state in questi anni senza di te: non te le possiamo raccontare tutte né farti l’elenco dei giornalisti e giornaliste che sono morti, spesso uccisi come è accaduto a te. Dal 24 febbraio scorso la guerra è arrivata in Europa con la brutale aggressione di Putin e l’invasione dell’Ucraina che condanniamo; siamo dalla parte del popolo ucraino che resiste con l’aiuto di tutto l’occidente.
Cara Ilaria ricorderai che abbiamo conosciuto il bravo fotoreporter Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio 2014 a Sloviansk nel Dombass in Ucraina. Una serie ripetuta di colpi di mortaio, sparati dall’esercito e dalla guardia nazionale ucraina lo colpisce a morte. Insieme a lui muore il suo amico giornalista russo Andrej Mironov mentre il fotoreporter William Roguelon è ferito gravemente. La notizia arriva mentre stiamo preparando il 20° premio a te dedicato: una mostra con le fotografie di Andrea sarà allestita durante i giorni del premio, presente la sua famiglia. I genitori di Andrea Elisa e Rino hanno dichiarato recentemente: “La paura e lo sgomento negli occhi dei bambini, delle donne e dei civili che le Tv ci mostrano in questi giorni sono gli stessi immortalati da nostro figlio …Quanto sta accadendo conferma l’intuizione di Andrea che quella zona fosse cruciale per il futuro del continente intero”. La Magistratura italiana ha assolto in appello e Cassazione per vizio di forma Vitalj Markiv accusato di concorso in omicidio plurimo; ma in tutti e tre i gradi di giudizio ha cristallizzato che si è trattato di un crimine di guerra commesso dall’esercito ucraino e che l’Ucraina è il Paese che ancora detiene i segreti dell’esecuzione dei giornalisti. La rinnovata amicizia fra Italia ed Ucraina, agìta concretamente con aiuti a chi resiste e a chi lascia il paese induce a pensare che, appena sarà possibile, fra i due stati la vicenda sarà chiarita perché giustizia sia fatta … Perché è gravissimo che due giornalisti siano stati uccisi e molti altri continuino a morire, come è successo a te e a Miran e sta succedendo anche in questi giorni. Mentre svolgono il loro lavoro prezioso”.
Cara Ilaria, il tuo papà Giorgio diceva spesso con amarezza: “C’è un filo che lega l’uccisione di Ilaria e Miran con le stragi italiane fin da Portella della Ginestra e rifletto sulla continuità di certi meccanismi di potere che impediscono di assicurare alla giustizia i responsabili di questi crimini … se gli esecutori sono somali chi ha ordinato di uccidere e ha rubato i block notes e le cassette non lo è …”.
Ieri è stato il trentennale della strage di Capaci (seguita da quella di Via D’Amelio dopo due mesi). “Menti raffinatissime” è un’espressione di Giovanni Falcone pronunciata in una dichiarazione subito dopo l’attentato fallito dell’Addaura (1989).
Di quel “menti raffinatissime” Roberto Morrione (morto il 20 maggio di undici anni fa) dava una sintetica interpretazione: gli assassinii che avevano liquidato la classe dirigente non solo siciliana, a partire almeno dagli ultimi anni ’70 non potevano avere la mafia come unica regia. Chiuderà un suo articolo “Mafia e politica” del 23 maggio del 2010 con le parole di Giovanni Falcone in dialogo con Marcelle Padovani nel libro/intervista “Cose di Cosa nostra” 1991: “…Non mi si vorrà far credere che alcuni gruppi politici non si siano alleati a Cosa nostra – per un’evidente convergenza di interessi – nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi. …”
Cara Ilaria, “menti raffinatissime” sono state in azione fin dai primi giorni anche dopo l’uccisione premeditata, tua e di Miran, il 20 marzo 1994 a Mogadiscio: l’omissione di soccorso, la sparizione dei block notes e di alcune cassette video, la sparizione del certificato di morte redatto sulla nave Garibaldi, la non effettuazione dell’autopsia, la violazione dei sigilli dei bagagli, le menzogne, la costruzione “persistente” della tesi della casualità …mentre si sa che è stata un’esecuzione.
Sono ancora in azione con evidenza.
Cara Ilaria, la Procura di Roma ha chiesto per tre volte l’archiviazione dell’inchiesta, le prime due respinte. Importante la prima del dottor Emanuele Cersosimo nel 2007 (”…omicidio su commissione …per impedire che le notizie …in ordine ai traffici di armi e di rifiuti tossici …venissero diffuse…”): disponeva di indagare su 26 punti a partire dalla vicenda Hashi! E dalla macchina, sulla quale presumibilmente viaggiavi insieme a Miran il giorno del vostro assassinio, fatta giungere in Italia il 17 settembre 2005 dalla Commissione d’inchiesta sulla tua morte, presidente l’avv. Carlo Taormina, con la collaborazione di Giancarlo Marocchino e del suo uomo di fiducia Bashir Ali Mohamed, messo sotto protezione con la sua famiglia e secretando per 20 anni le sue dichiarazioni. Grazie ai tuoi genitori, indomabili, alla comunità #NoiNonArchiviamo e a una brava giornalista di “Chi l’ha visto?”, il tribunale di Perugia ha potuto stabilire che Hashi Omar Hassan, in carcere da quasi 17 anni, era innocente e ne ha disposto la scarcerazione immediata nel gennaio 2016. Nelle motivazioni della sentenza, pubblicate un anno dopo, si legge a chiare lettere, che c’è stato depistaggio fin dai primi giorni e forse ancora in atto, come confermato nell’opposizione alla terza richiesta di archiviazione. Dunque Hashi è stato un vero e proprio capro espiatorio attraverso il quale si è costruito un depistaggio prolungato.
La sparizione del tuo certificato di morte e la non effettuazione dell’autopsia hanno consentito di sostenere che non si era trattato di esecuzione: se non si vuole chiamarlo depistaggio come lo vogliamo chiamare? Ora non ci sono più dubbi che tu e Miran siete stati colpiti da un colpo in testa ciascuno a distanza ravvicinata: è comparso dopo anni il certificato di morte e il dottor Armando Rossitto che lo stilò, ha letto dopo 25 anni, con grande emozione, quanto aveva scritto sul suo diario quel 20 marzo: esiste la registrazione audio/video.
Cara Ilaria, la macchina pick up, portata in Italia dopo undici anni, rimane un grande interrogativo: potrebbe essere autentica e anche no. In ogni caso l’uso che ne è stato fatto è quello di confermare quanto il Presidente della commissione e la sua maggioranza avevano già sostenuto sei mesi prima del termine dei lavori (febbraio 2006).
“… in quei giorni, Ilaria Alpi tutto faceva meno che indagini giornalistiche perché stava a Bosaso, insieme al suo cameraman, a prendere un po’ di sole… si è trattato di un tentativo di rapina o di sequestro finito male …”, parole che non meritano nemmeno di essere commentate.
Sarà la polizia scientifica a eseguire le perizie sull’autovettura acquistata dalla Commissione avvalendosi anche di periti come il dottor Vincenzo Pascali (Medicina Legale dell’Università Cattolica). Aveva eseguito la perizia medico legale e balistica, riesumato il tuo corpo per la seconda volta; aveva concluso così:”…esistono schiaccianti, ripeto schiaccianti e variegate linee di evidenza che suggeriscono che il colpo che ha attinto Ilaria Alpi sia un colpo esploso a distanza probabilmente da kalashnikov …e il frammento metallico … è un frammento …proveniente dall’esterno, probabilmente da una parte di autovettura”. È la tesi del proiettile vagante.
Nella relazione della polizia scientifica si legge che a colpire Hrovatin prima di te, Ilaria, è stato un solo sparatore con un AK47 da una distanza di circa 5 metri dalla parte anteriore della macchina. Si descrive, accertata l’autenticità del mezzo, fatti emergere tutti i fori di proiettile, la costruzione di un modello tridimensionale attraverso una modernissima scannerizzazione 3D. Consentirà un’attività sperimentale in un poligono di tiro su una vettura simile a quella dell’agguato sottoponendola a colpi di arma da fuoco esplosi da AK47 … confermando empiricamente le ipotesi cui l’analisi dei reperti portavano.
La macchina è identica a quella mostrata dal giornalista Bonavolontà in compagnia di Marocchino in un servizio andato in onda una ventina di giorni dopo l’agguato: lì si sostiene la tesi del proiettile vagante (contenuta anche in uno dei rapporti di Unosom, l’intelligence della missione internazionale ONU). Vengono mostrati fori del proiettile sul sedile davanti dove è seduto Miran e dietro dopo aver colpito te. Di per sé “proiettile unico vagante” appare piuttosto inverosimile fin dall’inizio ma la cosa diventa falsa (e depistante) quando si confronta col filmato dell’ABC e quello della TV Svizzera subito dopo l’agguato: si vede che sicuramente le foderine sono rosse e non grigie e che su di esse non ci sono fori. E se non si spiega questo fatto la perizia non sta più in piedi!
Gli stessi tecnici della polizia di stato della cui competenza e rigore non ci sono dubbi, (richiesti di un chiarimento sul punto durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati della perizia presso il palazzo di San Macuto) sostengono di avere operato con la documentazione video e foto a loro consegnate per la verifica/confronto. Foderine rosse senza fori e foderine grigie con fori c’è una bella differenza. È possibile quasi certo che il materiale consegnato per la verifica/confronto non sia stato completo.
20 marzo 1994 Mogadiscio il sedile posteriore del pick up dove c’era Ilaria
E nuovi esami sul pick up sono irripetibili perché “… tutti i reperti analizzati sono andati distrutti nel corso delle analisi”. (pag. 34 della relazione a firma dottor Biondo consegnata alla commissione in data 10 novembre 2005).
L’avvocato Carlo Taormina, presidente della Commissione, ha impedito alla Procura di Roma di partecipare agli accertamenti sulla macchina con propri tecnici. C’è stato un contenzioso conclusosi con una sentenza della Corte Costituzionale che “ha ravvisato … … una violazione del principio di leale collaborazione e una ripercussione sulle indagini. Proprio per il suo carattere non ripetibile, il mancato espletamento di quell’ attività di accertamento si è tradotto in una menomazione delle prerogative dell’organo requirente…”. I giudici della Consulta, infatti, ritengono che fosse “doveroso” procedere congiuntamente ai rilievi sulla Toyota al “fine evidente di consentire il più ampio spettro di indagine nella ricerca sulla verità dei fatti”.
La Commissione non ha mai chiarito perché non volle fare la prova del DNA sulle tracce di sangue rinvenute e appartenenti a un soggetto femminile, nonostante l’insistenza di Luciana e Giorgio Alpi.
Tale prova è stata eseguita nel maggio 2008 su richiesta della Procura di Roma.
“Delle nove campionature nuove effettuate soltanto una (delle tracce), riferiscono i tecnici, ha fornito un risultato interpretabile e precisamente la traccia catalogata come 2B (zona posteriore lato guida). La diagnosi non ha però permesso di confermare la natura ematica umana per nessuna delle 9 campionature analizzate. E’ stato estratto comunque il DNA (della traccia 2B) che è stato comparato con quelli estratti dai campioni di saliva dei genitori di Ilaria Alpi: esclusa l’ipotesi di compatibilità con il profilo genetico dei genitori di Ilaria Alpi”. Dubbio il risultato perché dubbia la natura ematica umana.
Cara Ilaria, a questo punto la conclusione triste anche di questo episodio macchina è che sono state fatte carte false, siamo di fronte a un altro depistaggio. Le false perizie sulle vetture sembrano evidentemente una costante nelle manovre di depistaggio. “Anche nel caso di Andrea Rocchelli, le autorità ucraine, per discolpare i propri militari, hanno prodotto nel 2020 un ‘incidente probatorio’ con tanto di perizia balistica su una vettura, si badi, immatricolata nel 2015 cioè un anno dopo l’attacco ai giornalisti, oltretutto una vettura di marca , modello, colore e targa diversa da quella che il 24 maggio 2014 portò in salvo William Roguelon”: sono parole di Elisa e Rino, i genitori di Andrea.
Voglio concludere per questo 24 maggio con la citazione di un regista che ti piaceva molto, cara Ilaria.
“In Italia il corso della giustizia è accidentato, gli assassini e chi li copre possono contare sul fatto che le tracce si dissolveranno, che i reperti scompariranno (…) fino all’accreditamento ufficiale di una falsa versione, a una manipolazione dei fatti reali … ”. Sono parole di Francesco Rosi che riceve il Leone d’oro alla carriera nel 2012: si riferisce a casi affrontati nei suoi film (a partire da Salvatore Giuliano) ma possiamo sostenere che è quello che è accaduto per te e Miran e per tutte le stragi e delitti che hanno insanguinato il nostro paese.
Cara Ilaria, ti sentiamo sempre accanto insieme a Giorgio e a Luciana. Vi abbracciamo con affetto e riconoscenza. E rinnoviamo il nostro impegno perché finalmente arrivi un “gesto” che ripristini ed esalti il senso della verità dello Stato: condizione necessaria per avere giustizia e ricostruire un rapporto di fiducia con le Istituzioni della nostra Repubblica nata dalla Resistenza.
Mariangela Gritta Grainer
#NoiNonArchiviamo
Documenti e fotografie da archivi delle diverse commissioni d’inchiesta (1994-1996; 2004-2006)
e dall’archivio digitale della Camera dei Deputati