Raccontare la verità. Come informare e far crescere una società inclusiva è l’impegno dell’Università di Padova e della Federazione nazionale della stampa promosso con l’avvio della seconda edizione del corso di Alta Formazione, inaugurata giovedì 5 maggio nell’Aula Magna di Palazzo del Bo, sede del Rettorato con la prima lezione dal titolo: “Informazione, educazione e ricerca. Un laboratorio per la democrazia”, aperta al pubblico (erano presenti 170 persone e altre 180 in collegamento da remoto), tenuta dalla lectio magistralis dell’economista Julia Cagé dell’Università Science Po di Parigi, seguita dalla riflessione civile dell’attore e regista Marco Paolini. Unico nel suo genere, il corso è sostenuto dal Sindacato dei giornalisti del Veneto e del Trentino Alto Adige, in collaborazione con l’associazione Articolo21, Ordine Nazionale dei Giornalisti e del Veneto. L’obiettivo è quello di di creare un Laboratorio di giornalismo e ricerca dove al centro c’è il pensiero critico che nasce dallo studio, dalla ricerca, dal confronto interdisciplinare e dal dialogo con professionalità diverse e nel contempo simili. Laura Nota ordinario di Psicologia dell’orientamento e dell’inclusione, e direttrice del corso, ha spiegato nel suo intervento come sia importante investire in pensiero critico per superare il superficialismo che è presente nella società di oggi. Impegno condiviso da tutti i partecipanti che hanno preso la parola per sottolineare l’importanza di contribuire ad una formazione culturale per chi svolge la professione di giornalista.
Quest’anno vede anche l’avvio di un corso parallelo per insegnanti. Un primo appuntamento che ha fatto da prologo alle lezioni che si svolgeranno a cadenza quindicinale in cui si è parlato di argomenti che sono all’ordine del giorno come il conflitto in Ucraina, disuguaglianze, ingiustizie, povertà e informazione. Raffaele Lorusso segretario generale della Federazione nazionale della stampa ha espresso quanto sia grave la condizione di individualità e di solitudine in cui ci ritroviamo e la scomparsa della parola solidarietà, fenomeno causato da tre fattori in combinazione tra di loro: «finanza, globalizzazione, tecnologia. Le uniche politiche di austerità e di quello che ne è derivato e ne deriva con il conseguente indebolimento delle informazioni sociali. È stato distrutto il ruolo del mediatore che è il giornalista ed è passata l’idea di un’informazione troppo costosa, mentre è il contrario con un costo elevato della non informazione, della disinformazione, responsabili del dissolvimento delle istituzioni democratiche che portano al dissolvimento delle istituzioni democratiche, all’imbarbarimento della società e dell’opinione pubblica e si è venuta a creare l’illusione della rete in cui tutti possono produrre informazione e i danni prodotti sono evidenti in cui assistiamo all’aumento delle diseguaglianze.
Riflettere, come si propone di fare l’Università di Padova, sui legami fra informazione, eduzione e ricerca, su come creare nuove reti di solidarietà e nuovo senso di comunità, su come anche grazie all’informazione si possa ricostruire un tessuto sociale lacerato, credo sia un percorso da portare avanti, insieme, anche per riportare al centro temi e diritti che abbiamo drammaticamente espulso dal dibattito politico. Primo fra tutti il tema della centralità del lavoro e dei diritti sociali come motore per la crescita individuale e collettiva e per ridurre le disuguaglianze. Nel settore dell’informazione e nella società in generale. È necessario favorire un’informazione, educazione, e ricerca per creare nuove reti di solidarietà, anche attraverso il ruolo sociale dell’informazione. Le diseguaglianze che si vengono a creare sono in tutti i settori della società».
Giuseppe Giulietti presidente della Federazione nazionale della stampa ha voluto sottolineare l’importanza del protocollo d’intesa tra l’Università di Padova e la Fnsi: «Il corso lega molte discipline e ha come obiettivo primario quello dell’inclusione. Aver cura del vero è aver cura della memoria e questo corso è una scelta di grande civiltà che lega le discipline, i diritti umani, l’università, l’inclusione: il contrario di quello che succede oggi, con il capo che non vuole mediatori nel suo rapporto con la folla. “Aver cura del vero”, titolo del corso e del libro che lo racconta, è un titolo bello perché “aver cura” collega tradizioni lontanissime, religiose, filosofiche, culturali. Investe passione e compassione, aver cura del vero riguarda i giornalisti: il testo senza contesto non è comprensibile, la velocità senza profondità è pericolosa e mette a rischio la democrazia. Allarghiamo questa esperienza alle associazioni, agli educatori, estendiamola ad altre università, ai sindacati e agli Ordini regionali dei giornalisti. L’articolo 21 della Costituzione non è dei giornalisti ma di un complesso di uomini e donne che difendono la libertà d’informazione. È stato messi in discussione il principio di verità in cui vale la regola che tutto può essere contro tutto. L’articolo 3 si lega al 21 in cui si ribadisce l’importanza di avere cura anche del creato e si collega con i lumi e l’umanesimo dell’800 e del ‘900 da cui deriva la cultura della liberazione e della verità delle persone. Allarghiamo questa esperienza alle associazioni, agli educatori, estendiamola ad altre università, ai sindacati e agli Ordini regionali dei giornalisti».
In collegamento da Parigi l’economista Julia Cagè che insegna all’Università Sciences Po di Parigi il cui intervento verteva su un concetto fondamentale: l’informazione come bene comune a difesa di una società democratica che sia in continua evoluzione e sviluppo. «È necessario supportare un’informazione di qualità, di educazione e ricerca che sia finalizzata alla creazione di un laboratorio per la democrazia. Occorre mantenere un’indipendenza del giornalismo rispetto alla proprietà dei media e favorire un’alleanza fra cittadini e chi opera nell’informazione». Dopo gli interventi di Egidio Robusto, direttore del Dipartimento Fisppa, della dirigente dell’istituto comprensivo 2 Bassano, Marika Fiorese e di Carlo Bartoli presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, l’attenzione dei presenti (tra loro molti studenti) è stata catalizzata da Marco Paolini la cui capacità oratoria e narrativa è segno di una passione civile straordinaria per raccontare l’evoluzione e le tante contraddizioni di una società in forte crisi d’identità. Invitando tutti a sedersi per terra per formare un semicerchio, Paolini ha citato tre testi su cui ha basato la sua lezione: Laudato sì, la seconda enciclica di Papa Francesca scritta durante il terzo anno del suo pontificato che deriva dal Cantico delle Creature di San Francesco, che loda il Signore per le sue meravigliose creature, il saggio “Gigacapitalisti” di Riccardo Staglianò dove sulla copertina c’è scritto: “Bezos, Musk, Zuckerberg e il resto del club degli ultra ricchi valgono, da soli, più di molti Stati. Ma le fortune troppo concentrate non fanno bene né al mercato né tanto meno alla società. È il momento di intervenire, prima che sia troppo tardi”, e “I tempi stanno cambiando” di Gianfranco Bettin.
«Viviamo ancora la democrazia che è stata creata dallo sfruttamento del carbone che dava lavoro a molti, mentre con il petrolio si è ridotta a causa del fabbisogno di pochi addetti. Le energie rinnovabili sono in mano agli stessi che possiedono i giacimenti petroliferi», – ha spiegato con efficace sintesi Paolini – dimostrando come sia importante analizzare sempre il contesto con attenzione prima di giungere a facili giudizi. La sua analisi ha richiamato più volte in causa l’intervento di Julia Cagè ricollegandosi al suo pensiero «anche se non sono d’accordo su tutto quello che ha detto», citando il pericolo della concentrazione economica in mano a pochi, di aziende che hanno pochi dipendenti (vedi twitter o wathsapp) che non preoccupano le Borse, citando anche il ruolo dell’Eni:«sponsor del Teatro alla Scala di Milano, del Festival di Sanremo, del Piccolo Teatro di Milano, e anche del concerto del primo maggio a Roma». Il suo è stato un intervento che toccato molti spunti di riflessione su cui il corso avrà modo di approfondire: dal monopolio industriale che detiene il potere su scala mondiale, gli equilibri geoeconomici fino al principio che «in democrazia si devono sopportare le maggioranze. Non puoi mandare via dal gioco quello che ha il pallone», fino a spiegare come non siano più luoghi di aggregazione sociale le chiese che «non servono più a nulla».
E ha concluso come sia di vitale importanza occuparsi di un’emergenza mondiale, quella della guerra dell’acqua che diminuirà sempre più. Le conclusioni sono state affidate poi a Monica Andolfatto segretaria del Sindacato giornalisti del Veneto che ha sottolineato l’importanza di fare autocritica «perché ci siamo sentiti per troppo tempo una élite culturale e dobbiamo impegnarci a capire di più il contesto perché spesso non lo conosciamo. Altrettanto importante è il problema delle proprietà editoriali. Un fattore di crisi della nostra professione è anche l’allontanamento dalle redazioni, della necessità di luoghi di aggregazione, a causa del lavoro in smart working a causa della pandemia. Le redazioni in questo modo sono state falcidiate. Quando condividi i valori insieme ti riconosci e oltre a noi giornalisti anche gli insegnanti usano la parola. Stare a casa a lavorare è la negazione della cultura. Il corso è sostenuto anche dal nostro sindacato perché crede nella dignità del lavoro e del riscatto sociale per cambiare il nostro destino. Non si parla più di lavoro ma solo di profitto».
Rocco Cerone segretario del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige ha ripreso questi concetti ribadendo l’importanza che rappresenta la cultura al fine di combattere la disinformazione «anche i giornalisti fanno politica ma devono essere in grado di raccontare con serietà i fatti. La rete e la sinergia che si è venuta a creare tra sindacati dei giornalisti, l’Università di Padova e la Libera Università di Bolzano è fondamentale per questo percorso che è iniziato e mi auspico possa proseguire anche in futuro. Il nostro compito è quello di difendere i diritti del lavoro e di promuovere cultura». Tra i docenti del corso c’è anche Roberto Reale che ha curato insieme a Monica Andolfatto e Laura Nota il volume “Aver cura del vero. Come informare e far crescere una società inclusiva. Giornalismo e ricerca: storia del Laboratorio Padova”, il cui intervento finale ha tratto le somme di un’esperienza multidisciplinare che riparte con grande entusiasmo e passione, quella passione per la verità che ha risuonato per tutto il tempo nell’Aula Magna dell’Università di Padova che ha ottocento anni di vita.