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28 maggio 1974. Strage Piazza della Loggia. Provato il coinvolgimento di servizi segreti e apparati deviati dello Stato

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28 maggio 1974.
Una bomba in un cestino portarifiuti esplode durante una manifestazione  contro il terrorismo antifascista  in Piazza della Loggia, a Brescia.
L’ attentato provoca la morte di 8 persone e il ferimento di altre 102.”
Nel 2012 i periti balistici della Corte d’Appello di BRESCIA il Generale Romano Schiavi ed il Professor Alberto Brandone accertarono che la bomba era costituita da una miscela di gelignite e dinamite, mentre nel 2010 i periti del processo che portò all’assoluzione in forma dubitativa di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti e Francesco Delfino dichiararono che si trattava  di tritolo.

Le vittime furono:
Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante di francese.
Livia Bottardi in Milani, 32 anni, insegnante di lettere alle medie.
Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica.
Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante.
Euplo Natali, 69 anni, pensionato, ex partigiano.
Luigi Pinto, 25 anni, insegnante.
Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio.
Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.
Il funerale si svolse nella stessa PIAZZA della LOGGIA alla presenza del Capo dello Stato Giovanni Leone e del Presidente del Consiglio dei Ministri Mariano Rumor e vide la partecipazione di circa 500.000 persone.

Il primo processo portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana.

Uno di questi, Ermanno Buzzi, in carcere in attesa d’appello, fu strangolato il 13 aprile 1981 dai neofascisti Pierluigi Concutelli e Mario Tuti.
In appello, nel 1982, tutti furono assolti e nel 1985 la Corte di Cassazione confermò.
Nel 1984 a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, partì una seconda indagine, ma gli imputati di nuovo furono assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, e prosciolti in appello nel 1989 con formula piena, con conferma della Cassazione qualche mese dopo.
Nel 1989 il SISMI trasmise una velina relativa a un’improbabile pista cubana, precisando che agli atti del Servizio “non esistono ulteriori documenti dai quali si possano trarre utili elementi di valutazione”.
Il 19 maggio 2005 la Corte di Cassazione confermò l’arresto per Delfo Zorzi, oggi cittadino giapponese, non estradabile, con il nome di Hagen Roi, per il coinvolgimento nella STRAGE di PIAZZA della LOGGIA.
Il 15 maggio 2008 rinviati a giudizio sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi.
I primi tre erano all’epoca militanti di spicco di Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1969 da Clemente Graziani appartenente al Centro Studi Ordine Nuovo di Pino Rauti.
Ordine Nuovo fu sciolto nel 1973 per disposizione del Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani con l’accusa di ricostituzione del Partito Fascista.
Francesco Delfino,  ex Generale dei Carabinieri, all’epoca responsabile – con il grado di Capitano – del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di BRESCIA, mentre Giovanni Maifredi era consulente del Ministro degli Interni Paolo Emilio Taviani.
Il 21 ottobre 2010 fu chiesta la condanna per tutti gli imputati in concorso nella strage, ad eccezione di Pino Rauti, per il quale i PM avevano chiesto l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”, pur sottolineando una sua responsabilità morale e politica nella strage.
Il 16 novembre 2010 la Corte D’Assise assolse tutti gli imputati con la formula dubitativa dell’insufficienza delle prove, cui all’art. 530 comma 2 c.p.p.
Il 14 aprile 2012 la Corte d’Assise d’Appello confermò l’assoluzione per tutti gli imputati, condannando le parti civili al rimborso delle spese processuali, e dichiarando responsabili tre ordinovisti ormai defunti, Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiati.
Il 21 febbraio 2014 la Corte di Cassazione annullò le assoluzioni di Maggi e Tramonte e confermò quelle di Zorzi e Delfino.
Il nuovo processo d’appello contro Tramonte e Maggi portò il 22 luglio 2015 alla condanna  all’ergastolo.
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici scriveranno:
 “Troppi intrecci che hanno connotato la mala-vita, anche istituzionale, dell’epoca delle bombe” che hanno fatto da contorno allo stragismo neofascista degli anni di piombo, facendo ampio riferimento all'”opera sotterranea” condotta da un “coacervo di forze” che di fatto hanno reso “impossibile la ricostruzione dell’intera rete di responsabilità”.
Ancora oggi è aperto un fascicolo presso la Procura per i Minorenni di BRESCIA a carico del veronese Marco Toffaloni, indagato a seguito delle rivelazioni del collaboratore di giustizia Gian Paolo Stimamiglio, al quale lo stesso Toffaloni, ritenuto dagli inquirenti militante di Ordine Nuovo, avrebbe riferito di “aver avuto un ruolo tutt’altro che marginale nella strage”.
Acquisita una fotografia del giorno della strage che confermerebbe la presenza di Toffaloni, all’epoca diciassettenne, in PIAZZA della LOGGIA la mattina del 28 maggio 1974, pochi istanti dopo l’esplosione.
Toffaloni, interrogato sui fatti per rogatoria perchè residente in SVIZZERA, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il 20 giugno 2017 la Corte di Cassazione confermò in via definitiva la condanna all’ergastolo inflitta a Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.
Dopo la condanna Tramonte fuggì in PORTOGALLO, ma  venne estradato in ITALIA.
Dopo 47 anni di indagini, depistaggi e processi, una verità c’è.
Fu una strage di Ordine Nuovo con i suoi militanti Maurizio Tramonte, la cd. “fonte Tritone” dei Servizi Segreti Italiani, Carlo Digilio che era addetto agli esplosivi e Marcello Soffiati che trasportò l’ordigno.
Come mandante condannato il dirigente Carlo Maria Maggi.
Provato il coinvolgimento dei servizi segreti e di apparati deviati dello Stato.
Tante le circostanze  inquietanti: fu ordinato meno di due ore dopo la strage dal vicequestore  Aniello Damare di  ripulire con le autopompe il luogo dell’esplosione, così spazzando via indizi, reperti e tracce di esplosivo prima che alcun magistrato o perito potesse effettuare alcun sopralluogo o rilievo.
E la misteriosa scomparsa dei reperti prelevati in ospedale dai corpi dei feriti e dei cadaveri, di fondamentale importanza ai fini dell’indagine;
Il giudice istruttore Zorzi dopo la fuga in Argentina di un testimone chiave, denunciò l’esistenza di un meccanismo “che fa letteralmente venire i brividi, soprattutto di rabbia, in quanto è la riprova, se mai ve ne fosse bisogno, dell’esistenza e costante operatività di una #rete pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo
Dal 22 aprile 2014 tutti i fascicoli relativi a questa strage non sono più classificati e sono liberamente consultabili da tutti.

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