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Strage di Bologna, è il giorno della giustizia per i familiari delle vittime

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“Giustizia è fatta”, è stato il commento dell’Associazione famigliari delle vittime della Strage di Bologna, presieduta da Paolo Bolognesi, alla lettura della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Bologna che condanna Paolo Bellini, all’epoca appartenente al gruppo di estrema destra Avanguardia Nazionale, all’ergastolo con un anno di isolamento diurno per essere il quinto esecutore materiale della Strage fascista del 2 agosto 1980 che fece 85 morti e 216 feriti. Bellini, presente in stazione nel momento della Strage, riconosciuto in un filmino amatoriale girato da un turista e dalla testimonianza dell’ex moglie, si unisce a Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini condannati definitivamente, e a Gilberto Cavallini con sentenza di primo grado.                                                                        Sempre i famigliari delle vittime hanno immediatamente ringraziato la Procura Generale di Bologna che, avocando a sé l’inchiesta sui mandanti della Strage, ha consentito il processo. “Hanno fatto una straordinaria inchiesta, un lavoro mastodontico”, sono le parole del presidente Bolognesi. Poi i ringraziamenti al collegio di difesa dell’Associazione, capitanato dall’avvocato Andrea Speranzoni, che, con il tenace lavoro svolto, fondamentale per gli inquirenti, ha contribuito ad impedire l’archiviazione, come alcuni magistrati avrebbero voluto.                                                          L’indagine è arrivata ad identificare i mandanti, organizzatori e finanziatori della Strage, non processabili perché deceduti: il capo della P2 il Venerabile Licio Gelli già condannato a 10 anni per calunnia aggravata dalla finalità di terrorismo per aver tentato di depistare le indagini sulla Strage, il suo braccio destro il banchiere Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato potente direttore generale di pubblica sicurezza, già direttore dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno, e Mario Tedeschi senatore della Repubblica del MSI, per 36 anni direttore del “Borghese”.  Oltre a Bellini, i giudici della Corte D’Assise hanno condannato a 6 anni per depistaggio l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, a 4 anni Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini a Roma in via Gradoli per false informazioni al pm con l’obiettivo di sviare le indagini.  Bellini è stato condannato a pagare da 10 mila euro in favore di ogni parte civile che abbia un parente che ha riportato nella Strage lesioni, fino a 100 mila a favore di chi ha perso un parente di primo grado o il coniuge. Gli imputati, inoltre, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. In questo giorno non deve essere dimenticato che buona parte del merito va l’Associazione famigliari delle vittime che ha inseguito dal giorno della sua costituzione verità e giustizia, chiedendo la desecretazione degli atti, fino a poco tempo fa inaccessibili, la loro digitalizzazione compresa quella degli atti processuali. Gli abbracci dopo la sentenza con i rappresentanti delle due istituzioni che da sempre sono presenti al fianco dei famigliari delle vittime e nel processo si sono costituite parte civile, Comune di Bologna e Regione Emilia-Romagna, non cancellano il dolore per la perdita dei famigliari e quelle immagini della Stazione di Bologna, ore 10,25 del 2 agosto, rimarranno per sempre negli occhi e nel cuore di ogni bolognese e non solo.                                                                                  Con questa condanna, che dovrà essere confermata negli altri due gradi di giudizio, si conclude un lavoro lungo quarant’anni, fatto di lotta contro depistaggi costanti messi in atto da apparati deviati dello Stato, a difesa degli esecutori materiali, dei finanziatori e degli organizzatori della Strage. Da oggi non si potrà più mettere in discussione che la matrice della Strage sia stata fascista, con buona pace di quei politici di destra che insistono sulla inesistente pista palestinese. Da domani un magistrato potrebbe intervenire nei loro confronti per tentativo di depistaggio, che, per chi lo avesse dimenticato, è un reato penale.


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