“La mia battaglia contro la pena di morte” è il titolo scelto da Amnesty International per l’evento organizzato a Roma presso Casetta Rossa alle ore 18,00 di venerdì 8 aprile 2022.
All’incontro moderato dall’attore e testimonial Amnesty International Gianmarco Surino parteciperanno Riccardo Noury portavoce Amnesty Italia e di Vida Merhannia, moglie di Ahmadreza Djalali, l’ex ricercatore dell’Università degli studi del Piemonte Orientale, condannato a morte in Iran nel 2017 con la falsa accusa di spionaggio.
Ad oggi l’Iran dopo la Cina è il secondo paese al mondo per numero di condanne a morte eseguite ogni anno. Tra i prigionieri in attesa di esecuzione c’è Djalali.
Il ricercatore venne arrestato nell’aprile 2016 dai servizi segreti mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz e condannato a morte dalla Corte suprema iraniana in via definitiva il 9 dicembre 2018.
In una lettera trapelata dalla prigione di Evin nell’agosto 2017, Djalali aveva denunciato di essere stato arrestato solo perché aveva rifiutato di utilizzare le sue relazioni accademiche con le istituzioni europee per fare la spia in favore dell’Iran.
Il tribunale si era basato essenzialmente su “confessioni” estorte con la tortura.
Djajali, infatti era stato obbligato dopo forti pressioni, con tortura e altri maltrattamenti a firmare una dichiarazione in cui “confessava” di aver lavorato per conto di un “governo ostile”.
Quando si era rifiutato, aveva ricevuto intimidazioni, con minacce di morte rivolte anche verso i figli che vivono in Svezia e la sua anziana madre che vive in Iran.
Il 17 dicembre 2017, la tv di stato iraniano ha mandato in onda una “confessione” di Djalali con una voce in sottofondo che lo presentava come una “spia”.
Nel novembre 2017 il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie ha chiesto la scarcerazione di Djalali in quanto era stato arrestato senza mandato di cattura, era stato ufficialmente incriminato dopo 10 mesi dall’arresto ed era stato “concretamente privato dell’esercizio di contestare la legalità della sua detenzione”.
La sua esecuzione in Iran è stata più volte rinviata e nell’incontro a Casetta Rossa si cercherà ancora una volta di chiedere a gran voce la sua immediata liberazione e il rientro in Svezia dalla sua famiglia che da anni si batte per l’ingiusta condanna.