Sono trascorsi dieci anni da quando, il 30 dicembre 2012, Rita Levi-Montalcini ci ha detto addio all’età di centotré anni. Dieci anni nel corso dei quali è successo di tutto, quasi tutto è peggiorato e anche l’ambito scientifico ha risentito non poco della crisi economica che si è abbattuta sul Vecchio Continente e sul nostro Paese in particolare.
Se fosse ancora con noi, il 22 aprile sarebbe stato il suo compleanno, una data da celebrare con passione e rispetto, soprattutto considerando il patrimonio straordinario che ci ha lasciato in eredità. Per tutta la vita l’ha animata, infatti, una sincera passione per la scienza e per la scoperta, un desiderio di conoscere e capire, di spingersi al di là del limite, di riscattare la figura femminile e di affrancarla da stereotipi e pregiudizi. Se oggi il ruolo delle scienziate è cresciuto di importanza, è anche merito suo. Come merito suo sono le importantissime innovazioni relative al cervello, caratterizzate da intuizioni geniali, a cominciare dal Nerve Growht Factor (NGF), ossia la proteina coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati, essenziale per provare a trovare cure adeguate per malattie neurodegenerative come la SLA e l’Alzheimer.
Rita Levi Montalcini, per fortuna sua e nostra, non è mai invecchiata. Aveva perfettamente ragione quando sosteneva che il suo cervello, anche in età avanzata, funzionasse come e meglio di quando aveva vent’anni, in quanto suppliva con l’esperienza alla perdita della freschezza tipica della gioventù, arricchendo l’intera società con la sua saggezza e il suo travolgente entusiasmo. Nominata senatrice a vita da Ciampi, ha partecipato con intensità e profonda attenzione alla vita politica del Paese, opponendosi a ogni forma di sopruso e ingiustizia e portando nelle istituzioni il suo proverbiale rigore.
Della Montalcini, costretta a fare i conti con la vergogna delle leggi razziali e ad affrontare tutte le tragedie che esse hanno comportato per gli ebrei, ricordiamo la caparbietà, la tenacia, l’umanità, la squisita gentilezza che l’ha sempre caratterizzata e l’amore per il prossimo che ne ha contraddistinto non solo gli studi ma anche l’approccio alla vita.
Ha attraversato il Novecento e i suoi tormenti, ha conosciuto la prima decade del nuovo secolo e non si è mai arresa, mai rassegnata, mai tirata indietro. Del resto, sarebbe stato impossibile per una donna che da ragazza voleva seguire Schweitzer in Africa per prendersi cura dei lebbrosi e che non ha avuto remore a dedicare l’intera esistenza alla ricerca, scegliendo di non sposarsi e di rivendicare fino all’ultimo giorno la più assoluta libertà e indipendenza.
Di Rita Levi-Montalcini ci mancano soprattutto il coraggio, l’integrità, la coerenza delle idee e delle scelte e il vigore con cui si è sempre battuta per far affermare una certa visione del mondo. Per fortuna, anche se ci manca molto, la sua grandezza è immortale.
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