“Qualunque cosa le sia accaduta, non faccia l’errore che ho fatto io: non si affezioni alla sua infelicità. Ci sembra un contegno eroico, è solo una cosa stupida.”
Con il nuovo romanzo, ‘Rancore’, edito da Einaudi (238pp, 18,50 euro), Gianrico Carofiglio torna a raccontare di Penelope Spada – che ci aveva presentato ne ‘La disciplina di Penelope’ (Mondadori, 2021), ex magistrato e oggi detective senza licenza che deve fare i conti con gli errori del passato. La sua routine di allenamento e passeggiate al parco con la cagnolona Olivia e le belle chiacchierate con Alessandro, un uomo singolare, maestro elementare, vegetariano ‘che ci sa fare con i cani’, viene interrotta dall’arrivo, nel suo ‘studio’ – la stanza sul retro del suo bar di fiducia – di Marina Leonardi, figlia di un potente chirurgo e barone universitario, morto all’improvviso due anni prima. Marina all’epoca si trovava all’estero e con suo padre non aveva rapporti da anni. Lui, Vittorio, qualche anno prima aveva sposato Lisa Sereni, ex modella, di ben 33 anni più giovane di lui. Il corpo di Vittorio era stato ritrovato al mattino dalla donna di servizio; Lisa era fuori Milano in quei giorni. Il medico che aveva constatato il decesso, Loporto, storico amico di suo padre, aveva dichiarato si fosse trattato di infarto fulminante. Marina tuttavia, non convinta della ricostruzione, e credendo che nella morte di suo padre ci sia stato ‘un mandante’, Lisa – che ha peraltro ereditato la fetta più grossa del patrimonio – si è rivolta a Penelope, su suggerimento del suo avvocato.
“Non le domandai chi fosse l’avvocato penalista. Non ero sicura di volerlo sapere e comunque, a quel punto, era solo la vanità a rendermi curiosa. Preferivo non compiacermi dell’ammirazione di uno dei miei vecchi avversari di quando facevo il pubblico ministero. Al compiacimento sarebbe inevitabilmente seguita una fitta di angoscia in ricordo di come avevo buttato via tutto.”
Senza particolare convinzione, Penelope accetta il caso trovandosi presto invischiata in un ‘cold case’ che la riporta a fare i conti con il proprio passato quando, 5 anni prima, durante un’inchiesta sulla loggia massonica Boemia – tanto in odor di loggia Ungheria – era stata costretta a lasciare la magistratura. Il personaggio di Penelope appare in questo volume più maturo, disposto ad affrontare i suoi demoni e a lasciarli andare. In questo ‘secondo capitolo’, Carofiglio ci mostra le paure e le fragilità della protagonista, rendendola più umana e provocando così un’immediata empatia del lettore nei suoi confronti.
Il romanzo si snoda dunque su un doppio binario, con intensità e pathos crescenti. Il risultato è un’investigazione su un delitto e nei meandri della coscienza, un folgorante romanzo sulla colpa e sulla redenzione. Un altro piccolo capolavoro, costruito con maestria da un autore che è diventato ormai un maestro del genere.