Il fenomeno dei bambini soldato nel mondo, il loro massiccio utilizzo nella Repubblica democratica del Congo e nella regione dei Grandi Laghi, l’impegno dell’ambasciatore Luca Attanasio, di cui l’autrice di “Più forte della Paura” – Edizioni Allaround – Antonella Antonella Napoli era amica, sono il cuore di questo libro a cavallo tra il saggio e il romanzo.
Un’opera nel ricordo di un servitore dello Stato, impegnato nella difesa dei più deboli, che ha dato la vita in nome dei suoi ideali.
La questione dei bambini soldato, tema di “Più forte della paura”, è descritta con dati e analisi nella parte saggistica realizzata anche grazie al contributo dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo ucciso in un agguato il 22 febbraio del 2021 nella regione congolese del Nord Kivu, è una drammatica realtà senza fine.
Sin dal processo di indottrinamento, che vede minori inermi spettatori di esecuzioni, decapitazioni e distruzione di cadaveri, i piccoli guerriglieri sono prima obbligati ad assistere poi, quando ritenuti pronti e assuefatti all’orrore, armati e costretti a mettere in pratica ciò che hanno appreso. Pronti a uccidere.
L’ascesa dello Stato islamico in Iraq e in Siria, degli jihadisti nella regione africana del Sahel, la ripresa del conflitto in Afghanistan e, da ultima a livello cronologico, l’invasione russa dell’Ucraina e l’inizio di una guerra nel cuore dell’Europa, hanno riportato d’attualità il fenomeno che in questi ultimi anni è apparso in espansione, in Medio Oriente come in Africa.
L’Isis, come altre organizzazioni terroristiche e milizie paramilitari, non solo hanno reclutato minori, anche sotto i dieci anni, per utilizzarli negli scontri con le forze armate che cercano di arrestarne l’avanzata, ma li hanno addestrati a essere dei kamikaze. In più occasioni nella sua cruenta propaganda il Califfato, dalla sua fondazione nel 2006 alla caduta nel marzo del 2019, ha diffuso in rete video in cui vantava il “martirio” di giovani vite più di quanto non fosse mai avvenuto prima.
L’auto proclamatosi Stato Islamico ha istituito grandi campi di addestramento per i bambini finiti sotto il suo controllo.
Li ha reclutati, indottrinati, per poi addestrarli e mandarli a combattere. Per esperti e analisti che hanno seguito l’evoluzione di Daesh, avrebbero dovuto costituire l’esercito jihadista del futuro.
Tra le prove evidenti dell’ampiezza del fenomeno dell’utilizzo dei minori nelle azioni terroristiche dell’Isis, le immagini di decine di ragazzini riprese nel 2017 nello scenario di Palmira.
In un filmato girato all’interno di un teatro romano del II secolo avanti Cristo i piccoli soldati, a volto scoperto, sfilavano davanti alla folla insieme agli altri combattenti dello Stato Islamico.
Esibiti come in una oscena rappresentazione, schierati in fila gli uni accanto agli adulti. Davanti a loro in ginocchio, lo sguardo fisso a terra,
i prigionieri. Poi l’ordine che li esortava a sparare. Ognuno di lorocon un’arma in mano, ognuno che esplodeva un colpo in testa ai condannati a morte.
A questo episodio ne sono seguiti molti altri, il Califfato ha utilizzato in molte occasioni i minori per giustiziare i nemici. In modo sistematico.
Sono stati pubblicati in rete decine e decine di video in cui “i piccoli leoni dell’Isis”, come li definivano i loro reclutatori, venivano mostrati al mondo mentre compivano delitti atroci per inorridire e scioccare il nemico.
Ma non si è trattato solo di propaganda. I bambini sono stati usati su larga scala come combattenti, cecchini, spie e per compiere attentati.
Il loro numero è cresciuto in modo esponenziale dall’inizio della guerra in Siria nel marzo del 2011.
Nel 2016 le stime erano di almeno 1700 bambini reclutati, come riportato dal rapporto delle Nazioni Unite “Raqqa is beingslaughtered”.
L’analisi realizzata grazie al contributo di organizzazioni presenti sul campo mostra immagini e dati sul- l’impiego delle giovanissime reclute, evidenziando co-
me l’Isis dalla fine del 2015 avesse avviato un’azione di arruolamento di nuove leve aprendo campi di addestramento sia in Iraq che in Siria.
Hanno persuaso i genitori ad affidargli i figli in cambio di cibo e denaro. Quando l’offerta economica non era bastata a ottenere il loro affido, e le famiglie si erano opposte, erano stati portati via con la forza.
Ai bambini di Daesh durante l’indottrinamento non era permesso di andare a scuola: l’educazione tradizionale era considerata blasfema e obbligava a frequentare corsi sul Corano, raccontato dal punto di vista jihadista.
Una volta che i ragazzini assimilano la parte teorica, passavano ai campi militari dove imparano prima la lotta corpo a corpo e poi l’uso delle armi.
Sui social media sono stati pubblicati filmati con intere brigate di bambini in tuta mimetica che smontavano e rimontavano kalashnikov o che partecipavano a esecuzioni di nemici e prigionieri.
Per lo più a essere schierati sulle linee di combattimento erano maschi dai 14 anni in su, gli altri venivano impiegati come spie, per reclutare altri bambini o costretti a fare da attendenti a ‘ufficiali’ alti in grado.
Testimoni diretti hanno riferito agli investigatori delle Nazioni Unite di aver visto vicino a Mosul, in Iraq, ragazzini di soli 10 – 11 anni in uniforme e arma-ti mentre pattugliavano le strade e arrestavano gente del posto.
Secondo Shelly Whitman, direttrice del programma di deradicalizzazione “Romeo Dallaire Child Soldiers Initiative”, molti minori sono stati utilizzati anche come scudi umani.
Ma il fenomeno dei bambini soldato non si limita al Medio Oriente. Massicce presenze di piccoli combattenti sono state registrate in Mali, Nigeria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Uganda e Repubblica Democratica del Congo, area su cui è focalizzato questo lavoro.
Migliaia i minori arruolati in conflitti armati in questi paesi, sia in passato che in periodi recenti. Pratica diffusa tra gli eserciti regolari come tra i gruppi ribelli, in Africa come in Afghanistan, Sri Lanka, Indonesia e molti altri stati asiatici e mediorientali, con cifre spaventose.
Il numero dei minori chiamati (o piegati…) alle armi nel mondo è di oltre 300.000 unità.
La maggior parte di questi bambini sono costretti a combattere in guerre fratricida, alcuni sono usati come schiavi sessuali. Tutti subiscono violenze e abusi senza fine.
Le origini umili, per lo più di famiglie povere o sfollate che li vendono al miglior offerente, li predispongono all’abbandono scolastico.
L’aspetto più atroce di questa realtà è che per tutti loro, che siano stati rapiti dai propri villaggi, costretti a seguire i gruppi armati con la minaccia dell’uccisione dei familiari o attratti da prospettive di guadagni e di gloria, l’unico destino è il susseguirsi di sofferenze e di morte.
Nella prima fase gli addestratori li drogano per portarli alla sottomissione, renderli coraggiosi e pronti a eseguire qualsiasi ordine.
Gli stupefacenti li aiutano anche a superare la paura, a non soffrire la fame e la solitudine.
Prima sono testimoni di atrocità, poi costretti a parteciparvi.
Superato il primo addestramento in alcuni paesi sono sottoposti alla scarnificazione, in particolare sul petto e sulla fronte, affinché siano marchiati a vita. Come animali. Nonostante l’impegno profuso dalle Nazioni unite e da altri organismi internazionali nel contrastare il fenomeno, non si riesce a debellare la piaga dei bambini soldato, anzi continua a espandersi dal continente africano a quello asiatico.