Due anniversari caratterizzano questo mese di aprile. Due storie profondamente comuniste e bellissime, benché diverse per modalità e sviluppo. La prima riguarda Pio La Torre, segretario del PCI negli anni del contrasto alla mafia e degli euromissili a Comiso, assassinato il 30 aprile 1982, insieme all’autista Rosario Di Salvo, per via del suo impegno politico, del suo rigore etico e della sua passione civile. La seconda attiene a Miriam Mafai, giornalista straordinaria, già partigiana, esponente di quell’ebraismo romano che si batté in prima linea contro il nazi-fascismo e per conservare la memoria della Resistenza e i valori della democrazia e della Costituzione. Due vite diverse ma entrambe esemplari, ricche di umanità e impegno, sempre dalla parte degli ultimi, dei deboli, degli sconfitti. Due esistenze nel corso delle quali non si sono mai risparmiati, mai arresi, mai lasciati andare.
Pio La Torre sapeva a cosa sarebbe potuto andare incontro, eppure non arretrò, non indietreggiò di un millimetro, nemmeno dopo l’omicidio del segretario provinciale della DC Michele Reina, nemmeno dopo la tragedia di Piersanti Mattarella, nemmeno nel bel mezzo della seconda guerra di mafia, targata Riina e costata alla città di Palermo una scia di sangue senza precedenti. Cadde sotto i colpi di Cosa Nostra pochi mesi prima del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, in un contesto straziante, in un mondo irriconoscibile, in una realtà parallela che poco aveva a che spartire con lo Stato democratico di cui pure andavamo parlando all’epoca, quando in alcune zone del Paese di democratico e di civile c’era assai poco, tanto era diffusa la barbarie e tanta era la paura della cittadinanza libera e onesta, ovviamente maggioritaria, nei confronti di un morbo che sembrava invincibile. Pio La Torre non ha fatto in tempo ad assistere alla Primavera di Palermo targata Leoluca Orlando, al Maxiprocesso di Falcone e Borsellino, alla rinascita di uno spirito critico appassionato e coerente, alla meraviglia di una lotta che ha accomunato più generazioni, favorendo la nascita di una coscienza anti-mafia che oggi è uno dei valori distintivi delle ragazze e dei ragazzi che si ritrovano ogni anno nel capoluogo siciliano fra maggio e luglio per gridare il loro no all’orrore e alla ferocia disumana che ha segnato i decenni precedenti. Se siamo più liberi, se l’onestà ha avuto un minimo di riconoscimento, se il muro di omertà è stato in parte abbattuto e se si sono affermate nuove forme di ribellione a un cancro che tuttora, ahinoi, infesta quella terra meravigliosa e maledetta, il merito appartiene soprattutto a uomini e politici come Pio La Torre, esponente di quel comunismo di frontiera che animò l’intera stagione berlingueriana e contribuì a rendere l’Italia più giusta e più avanzata nel campo sociale e dei diritti.
Miriam Mafai, a sua volta, ha combattuto sempre in prima linea. Nel giornalismo e nella vita, senza risparmiarsi un giorno: dalla Resistenza alla nascita di Repubblica, dal delitto Moro, quando fu la prima ad arrivare in via Caetani, alla travolgente scrittura con cui ci ha lasciato in eredità la memoria del comunismo italiano e dei giorni più bui del nostro Paese, contribuendo a costruire la coscienza critica della Nazione e approfondendo il discorso femminista senza mai scadere in alcuna forma di stucchevole retorica.
Quarant’anni senza Pio, dieci senza Miriam, troppi senza una sinistra degna di questo nome, senza un giornalismo all’altezza, senza un’idea di società e di futuro per cui valga la pena di impegnarsi e di vivere. Eppure andiamo avanti, nonostante tutto, perché di quell’eredita siamo figli, da quella storia siamo stati generati e a quel mondo dobbiamo tutto ciò che siamo: uomini e donne in grado di pensare con la propria testa e di ribellarsi a violenze e soprusi, fremendo di sdegno nei confronti delle ingiustizie anche quando si verificano a migliaia di chilometri di distanza da noi.
Per Pio, per Miriam e per essere all’altezza delle loro vite esemplari, continueremo a scrivere, a parlare e a compiere quei piccoli, grandi gesti che ogni giorno possono rendere più umano il nostro cammino. Certo, di questi tempi, la solitudine si fa sentire ed è un fardello pesante da portare addosso.
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