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L’inquietante ‘Rete nera’ che ha armato giovani terroristi e fanatici religiosi negli ultimi anni

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AGI – ‘Rete nera. Non ci sono lupi solitari’ di Luca Mariani non è semplicemente un viaggio nello scontro di civiltà che attanaglia il nostro secolo, schiacciato dall’eredità ideologica del Novecento e avvelenato dalla polarizzazione imposta dal web.

‘Rete nera’ è un percorso che porta il lettore alle radici della contrapposizione che ha armato giovani terroristi e fanatici religiosi. Ne indaga e ne mostra le origini comuni, troppo spesso ignorate dai media e dall’opinione pubblica.

Un libro – Futura editrice, 296 pagine, 16 euro – che smaschera l’ipocrisia e la logica dei due pesi e delle due misure nella valutazione degli osservatori.

L’autore ripercorre le strade del terrorismo islamico e di quello suprematista, si sofferma sulla strumentalizzazione della religione in un colloquio con padre Giulio Albanese. Parla delle stragi di Utøya, Christchurch ed El Paso, segue l’itinerario ideologico dei terroristi, analizza l’odio per la Merkel, Erdogan e Khan, sbarca nel melting pot a stelle e strisce, attraversa i retaggi fascisti e nazisti, si sofferma sulla Brexit, sulla Russia di Putin fino a virare sull’americano Bannon e i partiti eurofobi. Poi si volge alla Cina e alla Nord Corea.

Mariani dedica alcune pagine anche a Madonna, Angelina Jolie, Kurt Cobain e Michael Jackson, messi sul banco degli imputati dal norvegese Breivik, che ha ammazzato 77 persone nel 2011, e dall’australiano Tarrant, colpevole della strage in Nuova Zelanda nel 2019 (51 morti).

Ricostruisce i loro attacchi solitari (soltanto in apparenza), i contesti sociali e politici in cui sono cresciuti e mette in guardia dall’errato riflesso condizionato secondo cui il killer suprematista non e’ sano di mente.

Rivela anche il report della Reale Commissione d’inchiesta neozelandese sui fatti di Christchurch in cui per la prima volta si evidenzia che “i metodi usati dall’estrema destra hanno alcune somiglianze con quelli usati dagli estremisti islamici” ma “per molto tempo l’estremismo di destra non è stato visto (e in alcuni Paesi non è ancora visto) come una minaccia alla sicurezza nazionale e internazionale come l’estremismo islamista”.

Perché succede? “In parte – continua il report della Commissione guidata dal giudice della Corte Suprema Sir William Young – questo è dovuto al fatto che le persone che manifestano l’estremismo di destra spesso non sono etnicamente, socialmente o culturalmente distinte dalla maggioranza della popolazione”.

A margine della ricostruzione, l’autore scioglie anche alcuni dubbi che più volte hanno attraversato gli osservatori. Ad esempio, perché sono pochissime le donne protagoniste di assalti ingenerati dall’odio razziale? Mariani segue l’analisi di Jeffrey Simon.

Le donne tendono ad assumere meno rischi degli uomini e, rispetto a loro, danno un maggiore valore all’appartenenza a un gruppo e all’interazione sociale. Insomma, tendono più dei maschi a tutelare la vita.

L’autore riavvolge il nastro e giunge alla conclusione “provvisoria” che era alla base della filosofia di Eraclito. Ossia, tutto scorre.

Ma qualcosa resta. “Nel 2011 – scrive Mariani – Anders Behring Breivik uccise 69 giovani laburisti innocenti nell’isola di Utøya.

Nel suo mondo di alleanze ideali auspicò un consolidamento di forze come Russia Unita di Putin, la Lega di Bossi, i Le Pen, Pvv, Vlaams Belang, gli austriaci di Freiheitliche Partei (Fpoe)”.

Ebbene, quell’anno un osservatore, ricostruendo il pensiero del killer, avrebbe pensato a un disegno folle. “I fatti lo avrebbero spiazzato nel 2015”, ricorda l’autore, “quando la Lega di Salvini, il Front National, Pvv, Vlaams Belang e Fpoe decisero di creare un gruppo unico all’Europarlamento”.

Lo stesso osservatore sarebbe rimasto ancora a bocca aperta “nel prendere coscienza dei solidi rapporti esistenti fra Mosca e i partiti sovranisti europei”.

Il giornalista si sofferma sull’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e sull’asse tra i sovranisti e Putin (il libro è di un’attualità straordinaria).

Non traccia mai un nesso causale, nota che la storia lega fatti diversi che mostrano “un filo nero che lascia tracce evidenti, su cui finora sono stati accesi pochi riflettori”.

L’analisi parte da una domanda: “Perché per i brigatisti rossi e per il terrorismo di estrema sinistra si parlò giustamente del loro ‘brodo di coltura’ e nessuno si pone la stessa domanda per i nazionalisti xenofobi?”.

E arriva a una conclusione: “Nessun uomo è un’isola e non ci sono lupi solitari. Chi lo sostiene mente o è complice. Da Utøya a Christchurch c’è un filo nero che ha insanguinato il pianeta, uccidendo innocenti nel silenzio generale.

Una rete che si nutre sul web, odia il diverso, condivide ideologie suprematiste di estrema destra e gode di appoggi insospettabili”.


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