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Il ‘fenomeno’ Orsini e la deriva della comunicazione

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Ho un cachet piuttosto alto’ questo mi scrisse Alessandro Orsini il ‘fenomeno’ tv degli ultimi tempi quando lo invitai, in qualità di relatore, a un corso di formazione giornalisti dal titolo ‘L’Islam e il terrorismo’ presso il Teatro Quirino di Roma.

‘Non faccio lezioni o interventi gratuiti’ si legge nella sua risposta rivoltami su messenger, ancora  conservata.

Una spocchia, un’arroganza e una maleducazione inenarrabile. Una caduta di stile che mi ha lasciata davvero senza parole. Quel ‘ho un cachet piuttosto alto’ che echeggia come una grande umiliazione per tutti noi giornalisti che non ‘possiamo permetterci di pagare il Sig. Orsini’.

E pensare che la maggior parte dei relatori ai corsi di formazione, veri professionisti e intellettuali, intervengono a titolo gratuito, mettendo a disposizione dei colleghi le proprie conoscenze ed esperienze acquisite nell’arco di anni di carriera.

Oggi non credo esista un sostantivo che possa meglio descrivere la figura di Alessandro Orsini se non ‘fenomeno’.

‘Fenomeno’ nel senso di evento o accadimento suscettibile di osservazione, ma anche ‘fenomeno’ quale persona singolare, fuori del comune, che desta meraviglia per qualità eccezionali, così come ‘fenomeno da baraccone’.

E Orsini, senza offesa s’intende, è un pò tutto questo. Un fenomeno capace di attirare attenzione semplicemente con l’esposizione di logiche scontate, di riferimenti storici volti alla provocazione e deduzioni ovvie.

Come sappiamo il professore, già conosciuto per i suoi articoli sul medioriente, dall’inizio della guerra in Ucraina viene frequentemente chiamato in tv, e spesso i suoi interventi non sono di carattere geopolitico, ma sono soprattutto personali.

Qualche tempo fa aveva sostenuto «Preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in una democrazia. Per quanto sia innamorato della civiltà liberale e abbia sempre promosso i valori del liberalismo, per me la vita umana, la vita dei bambini, è più importante della democrazia e della libertà, anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice, perché un bambino può vivere dell’amore della famiglia».

Ma senza andare troppo lontano, rimaniamo alle ultime dichiarazioni, quando a pochi giorni dalla festa della liberazione dell’Italia dal regime fascista il prossimo 25 aprile Orsini dice: «L’Italia fino al 1945 non è stata mai una democrazia liberale e mio nonno ha avuto un’infanzia felice sotto il fascismo», buon per lui!

Mio nonno invece non era affatto felice durante la dittatura, e credo l’unica felicità l’abbia avuta con la ‘resistenza’ e con la vittoria dei valorosi e coraggiosi partigiani italiani, molti dei quali era riuscito a nascondere nelle cantine sotto alla trattoria che gestiva nella zona Certosa di Roma.

Ma Orsini forse tutto questo non lo sa. Si spinge ancora oltre.

Ci racconta, in una puntata di Cartabianca in onda su Rai3 che nella città ucraina di Mariupol, più volte attaccata dai russi in cui non c’è acqua, luce e connessioni internet, alcune famiglie lo hanno implorato di dire «Voi italiani siete impazziti a dare le armi» aggiungendo che migliaia di mamme, bambini e genitori questa guerra proprio non la vogliono.

Ma la perla di Orsini arriva quando parla del Sultanato di Oman esaltandone il sistema di vita «Ho fatto esperienze sul campo, perché sono un field researcher, in paesi medio orientali. Per esempio in Oman c’è un sultanato, la società omanita è totalmente costruita intorno alla famiglia, si lavora fino alle quattordici».

In un video su youtube del 2019 si vede Orsini all’interno della grande moschea di Muscat la capitale, annunciare un suo articolo su Il messaggero ed elogiare il paese nel quale si trova. «L’Oman è uno dei Paesi più pacifici del mondo – scrive Orsini. Questa sua forte inclinazione alla pace, questo suo operare sempre contro le guerre, questa sua moderazione tra molti estremismi, lo ha sempre reso un Paese bellissimo ai miei occhi».

Ecco giusto, ai suoi occhi, perchè l’Oman non è assolutamente quell’eldorado che Orsini vorrebbe mostrarci. Colei che scrive conosce abbastanza bene il paese, per i lunghi anni trascorsi in medioriente. L’Oman è sicuramente un paese bellissimo, con meravigliosi resort sul mare, distese desertiche e vegetazione lussureggiante.

È una monarchia assoluta in cui come nella maggior parte dei paesi musulmani, vige la Sharia il diritto Islamico. Nonostante il glamour visto dai turisti e probabilmente anche da Orsini, in Oman i diritti civili vengono violati ogni giorno e le comunità migratorie vengono usate e sfruttate per i lavori più umili e pericolosi, spesso con compensi minimi, se non nulli.

Se ci si allontana dalla capitale le donne nelle zone rurali sono ancora coperte con vari tipi di abbigliamento islamico, volti a coprire il corpo femminile (Hijab, Abaya o Niqab nero).

È ancora purtoppo diffuso il problema delle spose bambine e la libertà di espressione viene repressa con l’arresto. In particolare, dopo le rivolte della primavera araba del 2011 alcuni blogger e attivisti sono stati imprigionati per aver criticato le politiche del sultano.

Vorrei che il professor Orsini, prima di convincere l’opinione pubblica di qualcosa che conosce a malapena, si informasse e si accertasse meglio di quello che dice, evitando di venir deriso e sbugiardato da chi quei luoghi li conosce davvero.

Probabilmente tutto questo non è nelle sue corde, pare anzi che si sia adirato perchè puntualmente durante le sue comparsate viene spesso interrotto quando espone le sue teorie. Qualcuno ha addirittura pensato di fargli fare un monologo a teatro sulla vicenda bellica in corso, come se la guerra fosse uno spettacolo teatrale. Parlerà solo lui, senza contraddittorio.

In un momento così fragile della nostra civiltà, tanto incerto per la nostra umanità, credo che tutti dovremmo fare un passo indietro, scendere da un piedistallo immaginario, toglierci quella corazza da sapienti e collaborare per la comunità, gratuitamente quando serve, umilmente quando possibile.

 


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