Con l’uso della luce e della fotografia, posso mostrare un furfante e farlo passare per un mistico in preghiera…Fotogrammi e immagini riprodotte sono mistificabili, ma ad un occhio attento lo danno a intendere. (D. Vertov)
Il riproducibile è anche falsificabile…. (W.Benjamin)
Riflessioni preliminari e dettagliate. A raffica, per orrida contabilità bellica, alla faccia di chi si baloccava -non tanto tempo fa- con “la fine della Storia”” di Francis Fukuyama, l’Altrove delle guerre ‘invisibili’, ‘non percepite’, dallo Yemen a Burkina Faso, da Mali al Mozambico, si fa sempre più ravvicinato e incombente. Nella consapevolezza che il ‘salto di qualità’ dell’escalation bellica in Ucraina può da un momento all’altro inabissarsi in devastazione occidentale. Questa volta a farsi beffe, a smentire ‘giulivi’ di varia estrazione demandati a celebrare i 70\80 anni di pacificazione post Secondo Conflitto, dando poco rilievo all’implicita iniquità del Patto di Varsavia. Il quale, a preludio della “guerra fredda” Usa e Urss (con i paesi satellite a diametrale supporto), aveva già “imposto” – mediante nucleare minaccia e inesorabili poteri economici- un diffusa e soffusa espressione di ‘democrazia incompiuta’ (quindi illusoria, malsana) basata sulla ‘prosecuzione’ in diverse morfologie sociali (censo, cultura, accesso all’istruzione) delle medesime sperequazioni, iniquità, privilegi, rendite di posizione con cui si erano strutturate (e sclerotizzate) le istituzioni del primo ‘900.
Diverso discorso, e peggiori implicazioni, comporterebbe visualizzare gli accadimenti dalla prospettiva, anch’essa arbitraria, brutale e soffocata dal ‘socialismo reale’, dei soviet e dell’egemonia stalinista. Alla quale, oltre alle nostalgie zariste (e di un impero russofonico ispirato alla Gerusalemme biblica), dichiara di ispirarsi Vladimir Putin prima o in costanza dell’invasione in Ucraina. Punto sul quale, ciascuno con le proprie competenze, è bene contribuire: per un dialettico schiarimento di idee, né perentorio, né dogmatico, che l’involuzione del prolungato Assedio (verso il ‘non pronunciabile’ dell’era atomica) reca alla comunità internazionale.
Non oso quindi dissertare di geopolitica e nuovi assetti ipotetici del potere multipolare, appassionandomene da neofita tardivo. Limitandomi quindi a opinare sull’uso disinvolto e tragicamente goffo che –dopo Bucha, Kramatorsk e ieri Makariv, in una raffica che potrebbe accrescersi di altre toponomastiche- continua il suo galoppo di mistificazione tramite l’utilizzo ‘à la carte’ dell’ ”immagine-riprodotta” in fosse comuni o cadaveri sparsi (“con studiata geometria”). A diabolico benefit di un presunto set cinematografico al quale abboccherebbero le anime belle del pacifismo un tanto al kg. Volutamente ignorando il delirio di Carlo Freccero sulla totale inesistenza e consistenza dell’ipotesi di un eccidio concreto, preferisco proseguire integrando alcuni elementi di opinione utili al confronto, alla ‘battaglia’ (solo) di grigia materia.
Iniziando proprio dal primo assunto, nocivo in guerra e in pace, alla ricerca di qualsiasi elemento di verità accertabile. Quindi evitando di percorrere la scorciatoia manichea, che attribuirebbe ogni responsabilità dell’orrore al “buono” o al “cattivo”, al “tutto bianco” di una parte in causa (la Nato) o al “tutto nero” del suo avversario (Putin, oligarchi, nomenclatura, autoreferenzialità dispotica del potere a est).
Ai dubbiosi “illesi e da salotto”, ai tifosi dello spettacolo ideato e poi “rappresentato” dagli ucraini a fini di propaganda, mi limiterò a ribattere che non esistono set cinematografici e fiction televisive, specie se realizzate ‘in esterni’, che si montano e si smontano senza lasciare tracce intorno. Per saperlo basta un minimo di competenza e qualche giovanile frequentazione di Cinecittà, con annessa conoscenza di Sergio Leone negli anni della suo inconsapevole ‘conio’ degli spaghetti western, mentre già ipotizzava un mai realizzato film sulla resistenza di Leningrado ai nazisti, da girarsi senza trasferte in Russia, per contenere i costi di produzione. Mentre alla fantasia dei negazionisti suggerirei, per decongestione, la variante di una immaginaria “istallazione” di body art da proporre, con autentiche carcasse umane, alla prossima Biennale di Venezia
Paradossale ora che l’accusa del medesimo crimine (“di ispirazione ariana”) venga rimpallato da Putin agli ucraini, quasi a giustificare l’ “eterno ritorno” della guerra, e dei proseliti del Divo Marte. Imputazioni che hanno intricate radici nella quasi ignorata occupazione del Donbass, iniziata nel 2014, da parte di sanguinarie truppe nazionaliste (la famigerata falange degli Azov che ammorba le periferie, ma in perniciosa minoranza) “arruolate per debellare” sia la minaccia della guerra civile, sia l’ “anelito” di autonomia delle etnie a sud est nel loro impulso di riavvicinarsi alla Madre Russia, dopo l’ appropriazione indebita della Crimea. Nazismi di riporto ed “esecutori di eccidi” che non hanno però riscontro nel perfettibile assetto repubblicano assunto dall’Ucraina dopo la liquidazione di governanti corrotti e la vittoria elettorale di Zelensky. Che non sarà –nemmeno lui- uno stinco di santo- ma nemmeno il diabolico Mephisto (anche lui un attore!) di una guerra civile di cui non si hanno notizie. E che comporterebbe il coinvolgimento non solo delle regioni del Donbass, ma di tutto il territorio e popolo ucraino. La cui sola “colpa” sembra confermarsi la non festosa accoglienza degli invasori, molti dei quali reclute ignare ma spedite a morte sicura- con inganno ed empietà, di cui qualcuno dovrà rispondere: alla Storia e al Tribunale dell’Aja. Mentre, allo stato di fatto, l’ipotesi della rappresaglia anti-ucraina da parte di giovani disperati (allo sbando e in balìa del panico) resta la più accreditata, in prossimità di quella che –da Mosca- si annuncia la ‘soluzione risolutiva’ della macabra disputa espansionista.