E’ una Pasqua terribile, per chi crede e per chi non crede. La più sanguinosa guerra dal 1945, una guerra che per forme e dimensioni almeno tre generazioni ritenevano ormai impossibile sta invece arrivando vicinissimo a noi e presto sarà in quel cortile di casa dove quasi tutti non abbiamo voluto neppure un pannello solare, una caldaia a vento, un motorino all’idrogeno e fino a poco fa neppure una spina per ricaricare una macchina elettrica. Una guerra che già in 50 giorni ci ha riportato indietro di decenni, al carbone, per fare un esempio facile facile. Una guerra ai confini dell’Europa che l’Europa non ha provato nemmeno per un secondo a fermare sul serio. Sognavo i leader europei davanti alle porte del Cremlino e davanti alla colonna dell’angelo a Kiev a invocare la pace, immaginavo trattative intensissime e delegazioni europee ai massimi livelli ai tavoli con russi e ucraini, manifestazioni per la pace che riempissero le strade di Roma, di Milano, di Parigi, di Madrid, di Bruxelles…e non pensavo che gli Stati Uniti invece volevano “cogliere la palla al balzo”, convinti di far fuori Putin e ristabilire loro un nuovo ordine mondiale. Mentre la Cina, come sempre, aspetta sulla riva i cadaveri dei nemici.
Di Putin in Italia si sono occupati per anni i soli giornalisti democratici, alla politica non faceva comodo. C’erano da fare molti affari. Poche parole sugli oppositori fatti fuori a colpi di pistola o di veleni, mentre molti di noi costruivano l’informazione sulla Politovskaya e gli altri. Questo per rispondere a chi alza sdegnoso il sopracciglio a chiunque oggi parli di pace. Un paese dove si bolla come putiniano il Papa racconta di se tutto il peggio del peggio. Ormai la maggior parte dei nostri colleghi ha messo l’elmetto e ragiona e racconta una voce sola, ad una opinione pubblica che sa molto bene che l’aggressore è Putin e l’aggredita è l’Ucraina. Ma che magari vuole anche ragionare e cercare di arrivare ad una tregua, ad una pace temporanea che salvi migliaia di vite e poi ridiscuta confini, neutralità, assetti, ma non sulla pelle anche dei bambini.
Intanto gli ex stati del patto di Varsavia si fondono in una alleanza di fatto che è apparentemente antirussa ma lo è altrettanto antieuropea, come sappiamo da tre decenni di sofferenza con governi nazionalpopulisti che hanno assorbito ingenti risorse senza dare in nulla in cambio di accoglienza e, se è lecito dirlo, di democrazia.
La notte del venerdi santo Papa Francesco, la cui solitudine apre nel cuore di molti di noi una ferita che non si riesce a guarire, ha voluto e ha faticato per mettere vicine almeno due donne, una russa e una ucraina, a leggere una “stazione” della Via Crucis. Un gesto forte, importante, sofferto, di cui i grandi giornali italiani hanno parlato in poco più che trafiletti e senza commenti importanti.
Quella invocazione terminava con “preghiamo perché l’umanità riprenda il cammino della cooperazione, della solidarietà, della fratellanza che restano le “armi” più potenti a difesa della pace”. Ed era rivolta agli uomini di buona volontà.
Ma se l’umanità ha perduto quella buona volontà e se si continua a vivere questa tragedia come una partita di calcio fra tifosi contrapposti, se non ripartiamo tutti, cominciando dalle nostre case, dai nostri borghi, dai nostri quartieri, a riparlare di PACE, allora davvero non ci sarà più niente da fare.
(Foto Avvenire)