Siamo arrivati al 58 giorno di guerra. La guerra non si è fermata un istante, neppure dopo che il segretario generale Antonio Guterres aveva chiesto quattro giorni di tregua in occasione della Pasqua ortodossa. Anzi la violenza bellica è salita di tono. E’ partita una massiccia offensiva della Russia nel Donbass contrastata da un’esercito sempre più agguerrito per il flusso di rifornimenti ed armi pesanti ricevuto dalla NATO. Avanza la strage di vite innocenti, le città si trasformano in cimiteri mentre sullo sfondo rimane sempre la minaccia della guerra mondiale e la catastrofe atomica. In questa situazione massima è l’impotenza dei popoli che non vedono una via d’uscita da questa follia. Tuttavia la Storia ci insegna che quando tutto sembra perduto, quando la speranza diventa impossibile, allora scatta un moto d’indignazione che viene dal profondo, una chiamata collettiva che unisce persone di fedi e culture diverse in una risposta collettiva, forse è la Provvidenza, forse è la voce di quel Dio ignoto che è dentro ciascuno di noi e parla contemporaneamente in tutte le lingue. La marcia straordinaria per la Pace Perugia-Assisi, quest’anno non è un rituale per le anime belle. E’ l’annuncio di un popolo che si ribella al linguaggio bellico con cui i principali partiti ed i mass media veicolano lo sdoganamento della guerra, introduce un linguaggio realistico, scevro di retorica, che postula una riconversione della politica e l’abbandono delle categorie che hanno costruito il conflitto e insediato l’inimicizia fra i popoli. Questa manifestazione segna quella transizione (invocata da padre Balducci), del movimento per la Pace dall’etica alla politica, di cui abbiamo assolutamente bisogno per immaginare un futuro diverso da quello che ci hanno apparecchiato gli architetti dell’ordine mondiale, di cui questa guerra è il frutto avvelenato. A questo punto riproponiamo l’appello perché siamo convinti che debba essere conosciuto e meditato da tutti.
Ogni giorno che passa, lo scontro s’innalza e la guerra diventa più disumana e cieca distruggendo ogni residuo spazio di pace. Per questo ripetiamo che va fermata subito!!!
Fermare la guerra vuol dire negoziare subito, con determinazione, su tutto: il cessate il fuoco, i corridoi umanitari, la fine della guerra, la sicurezza per tutti, il disarmo, il rispetto dei diritti umani di tutti, comprese le minoranze. Tutte le strade vanno percorse. Bisogna dialogare con tutti.
E’ urgente l’apertura di un negoziato multilaterale serio, strutturato, concreto, onesto e coraggioso, sotto l’autorità delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale dell’Onu, i responsabili dell’Unione Europea e della politica internazionale lo devono fare ora! Guardando al presente ma anche al futuro. Per salvare la povera gente che è rimasta sotto le bombe. Per scongiurare la catastrofe atomica. Per impedire l’esplosione di una nuova devastante crisi sociale e ambientale. Non c’è obiettivo più importante!
Moltiplichiamo le iniziative di pace e domenica 24 aprile, vigilia della Festa della Liberazione, partecipa alla Marcia straordinaria PerugiAssisi della pace e della fraternità.
Nessuno si rassegni alla guerra e alla corsa al riarmo! Nessuno si pieghi alle leggi della violenza. Nessuno ceda alla logica amico-nemico. Risolviamo i problemi che non abbiamo ancora voluto affrontare nel rispetto del diritto internazionale. Basta con la propaganda di guerra! Fermiamo la circolazione dell’odio e dell’inimicizia. Facciamo pace. Prendiamoci cura delle vite degli altri, sempre, comunque e dovunque senza distinzioni di alcun genere.
Siamo solidali con gli ucraini e con tutte le vittime di tutte le guerre dimenticate che continuano a insanguinare il mondo. Con i russi che si oppongono alla guerra, con chi è costretto a farla e con le vittime della persecuzione anti-russa. Con tutti i bambini e le bambine, le donne e gli uomini di ogni età che pagheranno le dure conseguenze della guerra, in Italia e nel resto del mondo.
Chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».