Catherine Spaak, lo splendore mite

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Catherine Spaak è stata il simbolo, e potremmo dire il sogno, dei figli del boom e del benessere. Belga d’origine, di famiglia piuttosto agiata e protagonista in diversi settori, dal cinema alla politica, non ha mai fatto pesare la sua ricchezza, preferendo affidarsi a un fascino unico nel suo genere. Non era solo bellezza, infatti, ma talento allo stato puro, leggerezza d’animo che non sfociava mai nella fatuità, quella dolcezza tipica di una stagione nella quale era ancora possibile sognare e credere in qualcosa e di cui, non a caso, lei è stata non solo protagonista ma icona universale, al pari di Brigitte Bardot e Claudia Cardinale.
Catherine Spaak, forse, oggi non potrebbe esistere. Non potrebbe esistere, e ahinoi non c’è, una ragazza che passa dall’angoscia de “Il sorpasso” alle note scanzonate di “Noi siamo i giovani…”, dai “Dolci inganni” di Lattuada all’impegno politico e civile, caratterizzato da un femminismo nobile e mai stucchevole, profondo senza essere strumentale.
Del resto, Catherine si è sempre distinta per il suo eclettismo e per la sua capacità di rinnovarsi, di frequentare molteplici linguaggi, di passare dal grande al piccolo schermo, di interpretare ruoli di una certa importanza e di raccontare storie di donne nel contesto di un mondo che stava cambiando a ritmi vorticosi. Rubava la scena in maniera naturale, si imponeva senza far nulla per mettersi in evidenza, con le movenze tipiche della diva ma senza alcun atteggiamento spocchioso, senza mai scadere nell’arroganza, senza mancare di rispetto a nessuno, virtù rare in un ambiente nel quale i soldi danno spesso alla testa e la notorietà può giocare brutti scherzi. Lei, al contrario, sapeva convivere alla perfezione con il ruolo di primo piano che il destino le aveva assegnato, accettando lo scorrere del tempo, apprezzando le novità, non rassegnandosi al male e non smarrendo mai originalità e freschezza, nonostante lo scorrere dei decenni mettesse in evidenza il declino di una società nella quale faceva sempre più fatica a riconoscersi.

Ci ha detto addio all’età di settantasette anni, andandosene in punta di piedi e lasciando dietro di sé la malinconia e la meraviglia dei suoi occhi, il suo sguardo intenso, il suo splendore mite e pungente, la sua accuratezza e la gentilezza spontanea che la caratterizzava in ogni circostanza.
Catherine è stata la figlia ideale di un’epoca di sogni e se ne è andata nel momento degli incubi, della violenza e della ferocia sconfinata. In fondo è giusto così, anche se il dolore è enorme, al pari del senso di vuoto che ci rimarrà dentro per sempre.

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