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Putin perde colpi all’estero e in Russia

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Bombardamenti e carri armati. Le truppe russe sono penetrate in profondità nell’Ucraina, hanno seminato distruzione, ma la resistenza dell’esercito di Kiev non è stata spezzata.

Vladimir Putin puntava su una guerra lampo, ma lo “zar” è stato smentito dai fatti. I soldati ucraini, appoggiati dalla popolazione, hanno resistito e rintuzzato l’attacco di uno dei più potenti eserciti del mondo. Volodymyr Zelens’kyj non è fuggito da Kiev flagellata dai bombardamenti. Ha sollecitato gli ucraini a lottare e i russi a negoziare. Anzi, il presidente dell’Ucraina ha indicato la possibilità di «trovare un compromesso»

sulla richiesta del Cremlino di riconoscere la Crimea come russa e il Donbass indipendente. Ha raffreddato anche la richiesta di aderire alla Nato: «Abbiamo capito che la Nato non è pronta ad accettarci».

Il presidente della Federazione Russa perde colpi all’estero e in Russia dopo aver fallito il disegno di una vittoria militare facile.  Stati Uniti, Ue, Regno Unito, Svizzera, Canada e Giappone si sono ricompattati in sostegno di Kiev e hanno deciso dure sanzioni contro Mosca. Anche la maggior parte dei paesi dell’Onu hanno condannato il Cremlino. La Cina, grande alleata dello “zar”, si è astenuta. Xi Jinping, conferma l’alleanza strategica, ma si smarca da Putin chiedendo di mettere fine al conflitto.  Il presidente cinese ha detto a Macron e Scholz di essere «disposto a coordinarsi con loro e con l’Europa sulla situazione in Ucraina». Putin è stato perfino espulso dalla Federazione internazionale di judo della quale era presidente onorario. Un duro colpo per lo “zar” grande appassionato di questo sport.

L’adombrata minaccia di Putin di usare addirittura le armi nucleari contro le sanzioni e le immagini televisive dei bombardamenti ha unito ancora di più l’Occidente nel sostenere l’Ucraina sul piano politico, economico e con l’invio di armi.

La guerra non è stata presa bene nemmeno in Russia. Numerose proteste contro l’invasione e per la pace si sono svolte nelle città della Federazione Russa. Le manifestazioni sono state represse con la forza dalla polizia. Circa 13.000 persone sarebbero state arrestate. Lo scontento e il dissenso popolare contro Putin sono cresciuti per due motivi: molti russi hanno parenti e amici in Ucraina, le sanzioni occidentali hanno causato il crollo del rublo e la corsa ai bancomat per ritirare denaro contante.

Ma anche la classe dirigente ha cominciato a prendere le distanze. Diversi artisti, cantanti, sportivi, intellettuali, oligarchi chiedono la fine del conflitto. Mikahil Fridman è stato il primo imprenditore miliardario a criticare l’invasione. Ha definito «una tragedia» la guerra e ha chiesto la fine del «bagno di sangue». La popstar Valery Meladze ha scritto su Twitter: «Ora voglio chiedervi di smettere le azioni militari e di sedervi a negoziare». Anche Sergej Lavrov criticherebbe l’invasione. Il ministero degli Esteri russo ha sostenuto la necessità di tornare alla «coesistenza pacifica» dei tempi della “guerra fredda”. In tutte le città del mondo si susseguono manifestazioni per la pace.

Putin ha risposto con durezza. Ha intensificato i bombardamenti e ha deciso un nuovo giro di vite sull’informazione. Ha annunciato il blocco di Facebook e di Twitter e una nuova legge che prevede fino a 15 anni di carcere per chi diffonde notizie false sul conflitto.

Domenica 27 febbraio è stata una giornata da dimenticare. Putin ha considerato «ostili» le sanzioni occidentali, ha perfino messo in allerta le forze militari russe di deterrenza nucleare. Ha minacciato «conseguenze come non se ne sono mai viste nella storia».

I negoziati di pace finora sono stati un flop. Lo “zar” ha confermato in tutte le trattative: un accordo sarà possibile solo su «uno status neutrale» dell’Ucraina e sul «riconoscimento della sovranità russa» sulla Crimea (annessa nel 2014).

Il presidente russo teme soprattutto due possibili novità: 1) l’ingresso dell’Ucraina nella Nato (con l’arrivo delle armi nucleari occidentali ai suoi confini); 2) l’adesione di Kiev all’Unione europea. Putin ha ripetuto più volte il no all’ingresso alla Nato per motivi di sicurezza ed è stato meno categorico sull’adesione alla Ue.

Tuttavia teme sommamente anche questa novità perché potrebbe innescare un contagio democratico in Russia, con il rischio anche della sua caduta. Del resto c’è un precedente: le proteste di piazze di dieci anni fa a Kiev per la democrazia e la libertà causarono l’abbattimento del governo filo russo dell’Ucraina.

La Russia è un grande paese euroasiatico di difficile comprensione. Winston Churchill amava ripetere all’epoca dell’Unione Sovietica: «La Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma».


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