80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Non si ferma una guerra vendendo armi

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Questa nuova guerra in Europa, o se preferite ai confini dell’Europa, sta rompendo argini pericolosi. Purtroppo non è la prima volta che i carri armati entrano in città, devastano comunità civili. Dall’altra parte dell’Adriatico negli anni ‘90 c’era una guerra fatta così: con nazionalisti l’un contro l’altro armati; non una guerra civile, come ha detto una cittadina di Sarajevo, ma una guerra contro i civili.

Dunque gli argini che l’invasione di Putin all’Ucraina sta rompendo sono altri: il primo è la capacità di rendere potenzialmente mondiale un conflitto. Perché piaccia o non piaccia il governo russo si sente accerchiato dalla Nato e tradito dai dirigenti di questa alleanza militare. E la sua aggressione potrebbe provocare una reazione di un’intera coalizione di stati.

Il secondo argine è quello – anch’esso fortunatamente finora potenziale – dell’opzione nucleare. Stanley Kubrick, che aveva già capito tutto sessant’anni fa, inventa la figura del dottor Stranamore – uno scienziato ex nazista diventato consulente degli Stati Uniti – per spiegare che “la deterrenza nucleare è l’arte di creare nell’animo dell’eventuale nemico il terrore di attaccare. Ed è proprio a causa dei congegni che determinano la decisione automatica e irreversibile, escludendo ogni indebita interferenza umana, che l’ordigno Fine di Mondo è terrorizzante e di facile comprensione e assolutamente credibile e convincente”.

Il terzo argine che sembra già rotto con l’aggressione russa all’Ucraina è – come ha lapidariamente scritto don Tonio Dell’Olio – “che non si può dire no alla guerra alimentandola”. I governi di Germania e Svezia hanno già annunciato che forniranno armamenti all’esercito ucraino. E il governo italiano autorizzerà l’invio di armi all’esercito di Kiev. Quest’ultimo è, perlomeno finora, l’argine più delicato per i diritti umani. Perché fa crollare un caposaldo: non si può fornire ad uno dei paesi in guerra il materiale per proseguire i combattimenti, ma al contrario, in sintonia con l’articolo 11 della Costituzione, adoperarsi perché prevalga la pace. Il governo italiano fa quindi un gesto incostituzionale? Questa è materia per giuristi. L’autotutela di fronte ad un’aggressione – definizione della Carta delle Nazioni Unite – è il caso dell’Ucraina? Indubbiamente. Ma ci sono altri punti che quel testo non chiarisce: chi garantisce che gli armamenti finiscano precisamente all’esercito regolare per contrastare l’invasione? Come si fa a dosare la quantità di armi che serve per resistere e non per compiere crimini di guerra? Chi ci assicura che i rifornimenti bellici non prolunghino il conflitto vanificando gli sforzi di pace?

Questi sono i tre argini che la guerra di Putin sta facendo saltare. E ci preoccupano per l’oggi e per il futuro, perché costituiscono un precedente. Per il resto va come in tutte le guerre: guardate le foto dei rifugi di Kiev e guardate gli exploit in questi giorni in borsa delle industrie d’armi e di energia.


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