I racconti del soprannaturale di Wilkins Freeman sono popolati di donne sole e indipendenti, sovente di mezz’età o addirittura anziane, sui cui volti la fatica di vivere ha modellato espressioni di durezza, che tuttavia non esprimono gelo interiore o sentimenti di malanimo. Gli sguardi fermi, le rughe, le parole essenziali, le azioni decise rappresentano il carapace necessario alla sopravvivenza.
Pur discendendo dall’humus gotico-puritano di Hawthorne, queste storie nascono con il desiderio di portare al centro del palco – per mezzo di suggestioni e allusioni finalizzate a illuminare dall’interno i piccoli episodi realistici – la quotidianità femminile nella seconda metà dell’Ottocento, e in più di intercettare il punto liminale in cui i retaggi di sofferenze individuali, familiari e sociali appartenenti al passato prossimo o remoto si esprimono, e riescono a persistere, attraverso manifestazioni maligne, o apparizioni delicate e crepuscolari.
Un elemento ustorio dei testi contenuti nella bella e appassionata edizione de Il vento nel cespuglio di rose curata da Black Dog, è la rappresentazione dell’antagonismo distruttivo con il quale le donne, più spesso di quanto si voglia ammettere, cercano di annientare anche fisicamente le incaute che si pongono sul loro cammino o ne insidiano, il più delle volte senza alcuna consapevolezza, il territorio, che coincide quasi sempre con la Casa.
Così, nel racconto che dà il titolo al volume, la sedicenne Agnes – protagonista fuori scena la cui presenza avvertiamo sin dall’inizio – viene fatta morire di stenti dalla prosperosa matrigna e il suo spirito si trasferisce in un cespuglio di rose che esprime con un fruscio intermittente malinconia e rammarico, come a chiedere giustizia o un’altra occasione di vita. Questa opulenta Signora introduce una galleria di vampire poco eteree – assai lontane dalle belles dames sans merci di Coleridge, Keats, Poe e Le Fanu – mosse da ottusità, indifferenza, egoismo; edoniste mononeuronali e conformiste che portano alla morte per consunzione le altre donne che entrano nella loro sfera di potere o che decidono, per bontà d’animo o spirito gregario, di dedicarsi all’accudimento della Luella Miller di turno.
Ma è ne La stanza a sud-ovest che il lettore arriva a smarrire ogni sicurezza; in questa trama dove il passato coincide con l’ostracismo nei confronti di una donna e arriva a corrompere il presente. Qui, nella villa infestata dallo spettro della zia Harriet – fra bibliotecarie, insegnanti e persino un giovane ecclesiastico –, le sorelle Sophia e Amanda Gill e la loro nipote Flora non possono opporre che bontà di cuore e praticità ai sortilegi della parente appena defunta. Si affaccia, con potenza e sottigliezza, anche il tema romantico dello specchio stregato, e della capacità insita nell’oggetto di operare metamorfosi del reale, mutando una spilla formata da un grappolo di perle di onice nero in un nodo di capelli biondi e neri incastonato in un intreccio di fili d’oro. Una cuffia, indumento simbolo di Harriet e di una concezione marginale e domestica della donna, viene utilizzata in modo geniale dall’autrice come spettrale strumento di costrizione e di irrisione nei confronti di una malcapitata pensionante.
I luoghi infestati dalla memoria di una sopraffazione moralistica non sono redimibili, l’unica via di scampo per le sorelle Gill sarà cercare altrove una vita diversa, lontana dai grovigli familiari irrisolti.
Il vento nel cespuglio di rose e altre storie del soprannaturale di Mary Eleanor Wilkins Freeman
Black Dog Edizioni
Collana: Cerbero
Prefazione di Simona Zecchi
Illustrazioni di Valentina Biletta
Pagine: 160
ISBN: 978-88-944151-2-4
15,00€