Liliana Madeo è una scrittrice di ampia esperienza. Giornalista, è stata inviata del quotidiano La Stampa, direttrice del periodico femminista Differenze , consulente di programmi radiotelevisivi, è autrice di numerosi libri di temi diversi, tra cui Donne di mafia (1994), Donne cattive – Cinquant’anni di vita italiana. Storie esemplari di donne contro (1999), Ottavia – La prima moglie di Nerone, (2006). Da poco ha pubblicato “Si regalavano infamie. Antonina e Teodora le potenti di Bisanzio”, Tullio Pironti editore, 2021. “Si regalavano infamie” è la frase significativa con cui lo storico, definito misogeno, Procopio di Cesarea descrive la relazione fra le due donne. Alle sue opere ( Bella, De Aedificiis, Anecdota) ha attinto l’autrice, insieme ai lavori di molti altri autori che cita nella premessa, ma poi , messo da parte tutto questo materiale di studio, dichiara di aver affrontato la sua opera “Non con il sapere dello storico né con la mano estrosa del romanziere, ma da cronista, quale sono stata per anni lavorando per un grande giornale”. Si è presa tuttavia delle libertà rispetto alla scansione temporale di alcuni avvenimenti, l’invenzione di certi personaggi, lo spessore dato a certe figure, ma lasciandosi soprattutto la libertà dello sguardo e della lettura delle figure delle due protagoniste.
In appendice al testo segue una cronologia degli eventi del complesso periodo storico, travagliato da guerre, congiure, dispute politiche e religiose, in cui si svolgono le vicende delle protagoniste. La storia è raccontata da Giovanna, la figlia di Antonina, che, dopo la morte della madre, vuole conoscere fino in fondo e capire questa donna spesso assente e sconosciuta, che aveva amato profondamente, ma di cui aveva intuito presto terribili verità. I capitoli in prima persona di Giovanna si alternano a capitoli in terza persona in cui si dipanano le vicende dell’ Impero di Giustiniano, a cui le due protagoniste prendono parte, determinandone talvolta gli esiti.
Entrambe di origini più che umili, stringono tra loro un patto di ferro e affrontano insieme l’ascesa sociale sostenendosi sempre e anzi traendo forza e solidarietà nel rievocare insieme le avversità e le vittorie che avevano conseguito lottando e imponendosi. Teodora veniva dal mondo dell’Ippodromo, il padre era guardiano degli orsi, la madre una prostituta. Aveva mosso i primi passi sul palcoscenico che era quasi una bambina, insieme alla sorella aveva fatto la mima, la ballerina. Aveva vissuto in un ambiente per cui in seguito era stata bollata come “somma creatrice di spudoratezza, dedita a pratiche sconce e abominevoli, da maschio, contro natura” . A soli quindici anni aveva avuto una figlia, poi era diventata l’amante di Ecebalo, governatore della Pentapoli, che aveva seguito in Africa settentrionale, fino a quando non l’aveva scacciata. Rimasta senza mezzi e senza protezione, aveva attraversato paesi del Mediterraneo, aveva infine trovato aiuto da parte di uomini di Chiesa e allora erano avvenuti la sua conversione e il suo rinnovamento. Ad Antiochia aveva conosciuto Antonina, anch’essa proveniente da Costantinopoli e di umili origini. Figlia di un auriga e di una prostituta, aveva sposato un mercante di Antiochia da cui aveva avuto dei figli, era rimasta vedova, ma era determinata a combattere le avversità della vita. Le due donne trovano un’amica e protettrice in Egeria (nome reale Macedonia), ballerina e cortigiana di Antiochia, informatrice dell’imperatore che con un messaggio a Giustiniano introdurrà Teodora nel Palazzo. Egeria sostiene quindi il progetto delle due donne di tentare la fortuna con il ritorno a Costantinopoli e le due partono.
Antonina sarà di grande aiuto a Teodora quando nell’aprile del 527, dopo alcuni anni di convivenza con Giustiniano, allora delfino dell’imperatore, si insedierà a Palazzo, indosserà la clamide purpurea e verrà incoronata dallo sposo, con grande scandalo nella città. Giustiniano aveva ottenuto di cambiare la legge per sposare una ex concubina e la legge definiva Teodora “la piissima consorte che ci è stata data da Dio”. L’imperatrice riuscì a farsi nominare augusta e ad essere insignita dei massimi poteri appena sposata, mentre solo alcune imperatrici avevano ricevuto tale titolo e dopo molto tempo. La sua ascesa fu straordinaria: “C’erano luoghi … che ricordavano la potenza di Teodora coronata da Dio, la sua inesausta cura dei poveri. C’erano province e città, in Asia e in Africa, che portavano il suo nome … i funzionari dell’ impero giuravano fedeltà ai divini e piissimi sovrani Giustiniano e Teodora sua consorte nel potere. Nel preambolo delle leggi si affermava che quelle disposizioni nascevano da una perfetta identità di vedute tra l’imperatore e la sua sposa”.
Teodora aveva giurato a se stessa che non sarebbe tornata a essere mai più in balia degli altri “Il potere del basileus era la garanzia della sua rinascita, del suo riscatto. Quel potere doveva rimanere integro. Lei non avrebbe avuto pietà per chi lo minacciasse. Sarebbe stata implacabile”.
Sarà Teodora a sostenere l’ascesa sociale di Antonina facendole sposare il più brillante generale dell’impero, Belisario. Egli avrà un ruolo importante durante la rivolta di Nika, quando il potere di Giustiniano vacillerà e Teodora, sempre coadiuvata dai servigi di Antonina, saprà indurre l’imperatore a non cedere, a prendere decisioni risolutive per il mantenimento del potere e riuscirà a guadagnarsi perfino l’ammirazione dei consiglieri dell’imperatore che normalmente mal celavano il disprezzo per l’imperatrice venuta dal bordello. Antonina non era più giovane e nemmeno particolarmente bella, ma sempre accuratissima nel trucco e nell’abbigliamento sapeva soggiogare con il suo fascino. Ne era particolarmente vittima Belisario, abile militare e stratega, ma disarmato di fronte alle infedeltà della moglie, perfino di fronte al tradimento col figlioccio Teodosio, passione sfrenata di Antonina che non esiterà per il giovane a sacrificare il figlio. Riuscirà perfino a mettere il suo amore appassionato per Teodosio sotto la protezione di Teodora, la piissima che non tollerava l’infedeltà nel matrimonio. Ma Antonina sarà la sua longa manus in semplici vendette verso esponenti della nobiltà che volevano umiliare o in intricati complotti come quello contro Giovanni di Cappadocia, Prefetto del Pretorio d’Oriente, trascinato alla rovina attraverso una costruita accusa di tradimento. Antonina sarà anche l’artefice, su incarico di Teodora, della deposizione a Roma del papa San Silverio, misfatto in cui coinvolgerà lo stesso Belisario. Egli eseguirà la deposizione del pontefice in seguito al complotto messo in atto da Antonina attraverso una lettera contraffatta che accusava falsamente Silverio di complicità col re goto Vitige, che assediava Roma. Ma Antonina non sapeva solo ordire complotti, aveva anche grandi capacità pratiche e organizzative: è al fianco di Belisario nelle sue missioni contro i Vandali in Africa, a Roma in occasione della guerra greco – gotica e in più occasioni si rivelerà preziosa nel raccogliere informazioni o risolvere situazioni pratiche. Entrambe le donne avevano un legame speciale di amore e di complicità con i mariti, ai quali riuscivano in parte a nascondere e in parte a far accettare i loro tradimenti.
Se per Antonina si trattava di infedeltà coniugale, Teodora ingannava Giustiniano sul piano della fede religiosa, accordando la sua protezione e il suo favore ai monofisiti che l’imperatore perseguitava come eretici in tutto l’impero. Liliana Madeo non tace le infamie delle due amiche, ma sottolinea la storia di miseria, di violenza, di umiliazioni subite che sta dietro le vite di queste due donne e delle donne del loro tempo. Hanno perseguito l’ascesa al potere sostenendosi reciprocamente, con una forte determinazione a impossessarsene in prima persona e l’hanno esercitato secondo le modalità del tempo, ma anche con atti di coraggiosa lungimiranza. E quando Teodora si mostra scontenta di ciò che non riesce ad ottenere Antonina le ricorda i suoi successi: “Pensa alla legge che ha permesso a te e alle attrici “ pentite” di sposare uomini di alto rango. Pensa alle leggi che hanno riconosciuto il diritto delle donne all’eredità prima riservata solo ai figli maschi, il diritto delle vedove a recuperare la loro dote”, le rammenta le misure prese contro il ratto delle fanciulle, contro l’abbandono dei bambini, il loro impiego come schiavi, la creazione di ospizi per anziani, ospedali e istituti per accogliere stranieri, poveri, orfani.
Una storia che avvince e talvolta stupisce, una narrazione ricca di descrizioni affascinanti di luoghi e contesti, ma soprattutto in questo testo Liliana Madeo ha messo al centro due donne che non si accontentarono di stare al fianco di uomini potenti, ma vollero gestire in prima persona il potere. Un tema, quello del potere delle donne, che interroga ancora oggi la società per gli ostacoli che le donne continuano ad incontrare nel raggiungere posizioni apicali in istituzioni politiche e grandi aziende, ma un tema che interroga anche le donne sulla qualità delle loro scelte e delle loro azioni qualora raggiungano tali posizioni, per poter percorrere strade diverse e non ripetere gli errori degli uomini.