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La censura, anche ai media russi, è repressione

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Il giornalismo dell’Ue
Ciò che va evitato, infatti, è il maccartismo al rovescio che fa capolino. Inoltre, è bene rammentare che proprio l’Unione è provvista – fortunatamente – di regole assai esplicite al riguardo. I due mezzi di comunicazione russi più noti all’estero – la televisione di stato Rt (Russia Today) e il quotidiano on line Sputnik- saranno banditi da tutti gli strumenti di diffusione (dal cavo, al satellite, alla rete). Questa è la decisione della commissione europea, così come annunciata, con enfasi, dalla presidente Ursula von der Leyen e dall’alto
rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Josep Borrell. Le motivazioni addotte riguardano le attività, vere o presunte che siano, di propalazione di fake e, più in generale, di attiva disinformazione. Ovviamente, a favore dell’aggressione voluta da Putin ai danni dell’Ucraina. Vale la pena di ricordare, però, che quando si maneggia il tema delicato della libertà di informazione è doveroso pensare fino a dieci, prima di esibirsi in proclami di dubbia applicabilità. Il diritto in questione, infatti, prescinde totalmente dai contenuti veicolati, salvo che non si tratti di reati ben precisi. In quest’ultimo caso basta la legislazione vigente, senza grida dal sapore solo propagandistico. Ma chi può giudicare il quarto (o quinto) potere, che per sua natura è autonomo o persino confliggente rispetto agli altri? Se passa una simile impostazione, oggi capita a Rt e Sputnik, ma domani? E, poi, come si fa a criticare (giustamente) la Cina o i paesi in cui non è salvaguardata la fondamentale libertà o Internet è fuori legge, decretando un bavaglio vero e proprio? I precedenti ritmano la giurisprudenza. E l’astuzia mercantile di You Tube, Facebook e Twitter ha già seguito la scia. Intendiamoci. La condanna dell’aggressione in corso va ribadita con estrema fermezza e non da oggi si denunciano le odiose repressioni di Mosca contro i giornalisti ( e chi potrebbe mai dimenticare l’eroismo di Anna Politovskaja) o, da ultimo, il bombardamento della torre televisiva di Kiev. Assolutamente chiaro deve essere, però, l’inquadramento del problema. Ciò che va evitato, infatti, è il maccartismo al rovescio che fa capolino. Inoltre, è bene rammentare che proprio l’Unione è provvista – fortunatamente – di regole assai esplicite al riguardo. Per di più, pure volendo, chi chiude una testata? Un simile atto rimane tuttora un’attribuzione degli stati nazionali. Neppure sono eludibili i pericoli delle ritorsioni nei confronti dei giornalisti occidentali che lavorano a Mosca, da parte di chi è a suo agio nell’utilizzo delle leve autoritarie. La parola è sacra, sempre.

 


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