I mercati finanziari fiutano in anticipo le svolte politiche. Le Borse mercoledì 16 marzo sono state euforiche. Credono nella pace come le centinaia di migliaia di manifestanti scesi in piazza in Italia e in tutto il mondo. Le piazze valutarie almeno per ora hanno messo da parte venti giorni di crolli a causa dell’invasione russa dell’Ucraina.
La Borsa di Milano ha guadagnato il 3,34%, Francoforte il 3,76%. New York ha messo a segno un guadagno più modesto: più 1,82%, ma forse perché la Fed (la banca centrale americana) ha aumentato il costo del denaro per fronteggiare la forte impennata dell’inflazione. La salita dei tassi d’interesse, come si sa, non piace per niente alle imprese e ai mercati valutari.
Le voci su un cessate il fuoco tra russi e ucraini si sono moltiplicate, le Borse ci credono. Un accordo per una tregua sarebbe vicino. Secondo il ‘Financial Times’ i negoziati tra ucraini e russi avrebbero messo a punto una bozza d’intesa in 15 punti per un piano di pace. Le scelte centrali sarebbero l’Ucraina fuori della Nato e la sua neutralità (modello Austria e Svezia). L’esercito russo si ritirerebbe dall’Ucraina, ma il Cremlino conserverebbe la sovranità sulla Crimea (acquisita nel 2014) e sulle due repubbliche secessioniste russofone dell’est: di Donetsk e di Lugansk.
Il compromesso è confermato solo in parte da Kiev, ma appare credibile. Zelensky, dopo anni di insistenze ha messo da parte il progetto di entrare nella Nato: «Abbiamo sentito dire che non possiamo entrarci, e dobbiamo riconoscerlo». Il presidente ucraino ha difeso con fierezza le ragioni del suo paese, ma ha fatto un passo decisivo verso la principale richiesta di Putin, il secco no all’allargamento dell’Alleanza atlantica fino alla porta di casa della Federazione Russa. Il presidente ucraino, però, può contare su una vittoria politica e morale: l’esercito e il popolo ucraino hanno fronteggiato con coraggio l’aggressione russa, hanno resistito all’avanzata del potentissimo esercito avversario, non sono fuggiti nemmeno davanti ai violenti bombardamenti delle città (non sono state risparmiate le strutture civili come le case e gli ospedali).
Gli Stati Uniti, l’Europa e i paesi occidentali hanno sostenuto Kiev. Hanno varato pesanti sanzioni contro la Russia duramente criticate da Putin che si è spinto fino ad adombrare l’uso delle armi atomiche. Ma il presidente russo, di fronte alla fiera resistenza ucraina e agli ingenti costi umani ed economici della guerra, ha smorzato i toni trionfali dell’inizio: «Le truppe russe a Kiev non significano che vogliamo invadere l’Ucraina». Nessuna invasione, dunque, anche perché l’esercito russo assedia e bombarda Kiev ma non è ancora riuscito a penetrare nella città.
L’ammorbidimento di Putin sembra sia dovuto anche alle pressioni operate in gran segreto da Pechino. La Cina, da quando sono cominciati i contrasti con gli Stati Uniti (Prima con Trump e poi con Biden), è diventata un alleato strategico della Russia. Ma Xi Jinping è a favore della pace, è contrario alla guerra nemica degli interessi economici cinesi. Hong Kong e le altre Borse valori del Dragone sono per la pace. Il presidente della Repubblica Popolare Cinese si è smarcato dallo “zar”. Il 25 febbraio, il giorno dopo l’invasione dell’Ucraina, ha chiesto la «risoluzione del conflitto attraverso i negoziati». Ha criticato l’espansione della Nato nell’Europa orientale, ma ha sostenuto «il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi». Sono finiti i tempi nei quali definiva Putin «il mio migliore amico».